Ad essere razionali, vincere al Sachsenring dopo Marc Marquez non significava prendere il suo posto come mattatore di categoria. Eppure, su quel trono di lamiera e valvole che Dorna ha proiettato in un’orribile rendering prima della gara, c’era appoggiato anche lo scettro della MotoGP moderna. Questo, manco a dirlo, è vero soltanto perché a vincere è stato Fabio Quartararo, uno che si fa chiamare el Diablo ma che a parlarci è l’esatto opposto e che, in Germania, ha messo le mani sul secondo titolo consecutivo.
L’ultimo pilota a vincerne due di seguito è stato Marc Marquez, quello prima Valentino Rossi: due nomi che, da soli, hanno rappresentato il riferimento assoluto negli ultimi vent’anni di motomondiale. Adesso, mentre l’avversario più credibile per il francese è un Aleix Espargarò a 34 punti di distanza, a bussare in quell’olimpo fatto di bestie strane, diverse e irraggiungibili c’è un ragazzo di 23 anni che non ha niente a che spartire con chi, suo malgrado, gli ha lasciato quel posto.
Fabio, a differenza degli altri due, finisce per risultare quasi fastidioso da quanto è bravo. Fabio è schifosamente bravo. È come andare a conoscere il fidanzato di tua figlia con tutta l’intenzione di trovargli un difetto, prenderlo un po’ in giro e congedarlo con l’intima certezza di essere migliore di lui, finendo poi per arrendersi all’evidenza. Trovaglielo, un difetto. Fabio è velocissimo, gentile, perfetto, inattaccabile. Non se la tira, dedica tempo e attenzioni ai fan, sorride sempre. In un ambiente chiuso come quello della MotoGP - almeno per certi versi - non si è vergognato di parlare delle proprie debolezze, a partire dalle lunghe sedute dallo psicologo che lo hanno portato dov’è ora. E finisce che non si lamenta più, anche se a ben vedere avrebbe tutte le motivazioni per farlo: in Germania ha corso con l’influenza, gli si è staccata la visiera e, più di ogni altra cosa, pur guidando la sua Yamaha come un dio ha un mezzo probabilmente inferiore sia a Ducati che ad Aprilia. Lui sta zitto e vince, poi corre a piedi con la tuta slacciata a lanciare gli stivali.
Prende il meglio da ogni situazione, dice “ho spinto come un maiale” dopo un secondo posto in qualifica che profuma di miracolo e poi vince la gara. Fabio, non è la prima volta, dà tutto solo quando serve. Come in partenza, nel momento che per lui e la Yamaha è un tutto o niente, quando riesce a scattare meglio di tutti gli altri per poi andarsene. Sbaglia pochissimo, l’unico zero dell’anno scorso l’ha incassato a Portimaõ dopo aver vinto il mondiale a Misano.
Fabio Quartararo lo puoi odiare perché è francese. Perché ha preso il posto di Valentino Rossi, perché ha firmato per la moto ufficiale al posto di Franco Morbidelli al momento giusto, forse inquinando irrimediabilmente la carriera del vecchio compagno di squadra, perché è una macchina. Vedere un fuoriclasse nella polvere, inginocchiato davanti ad un ammasso di metallo e carbonio tra le pietre, ci fa empatizzare con lui. La perfezione no, quella fa venire la nausea. Di motivi validi davvero per farselo stare antipatico però non ce ne sono. Di Fabio Quartararo dicono già che sia il nuovo Jorge Lorenzo, ma non è vero: Fabio è più umano, più rilassato, e anche se è ossessionato dalla vittoria - come tutti i vincenti - per certi versi è migliore di loro. Le sue buone maniere segnano la distanza che c’è tra lui e piloti come Valentino Rossi e Marc Marquez, da sempre spietati tanto nelle dichiarazioni quanto con gli avversari in pista. In comune, tutti e tre, hanno un’attitudine al divertimento, si godono le gare e soprattutto quello che c’è intorno. Fabio in Germania non si è seduto sul trono del Sachsenring, si è preso proprio tutta la MotoGP. E adesso è lui, come lo sono stati altri in passato, l’uomo con le chiavi di casa.