Negli scorsi giorni la fidanzata di Jack Aitken, pilota rimasto coinvolto in uno spaventoso incidente durante la 24 Ore di Spa, ha scritto su Instagram un pensiero degno di riflessione. Con il proprio fidanzato in ospedale, ricoverato a causa di una vertebra rotta e una clavicola spezzata, la ragazza ha avuto la prontezza per ragionare sulla pericolosità degli sport motoristici, e ha scritto: “Questo è il motorsport, e proprio per questo motivo io ne ho così tanto rispetto”.
Si gioca. Si vince, si perde. Ci si arrabbia da morire e si fa polemica sul niente. È il suo bello, è la competitività. Però c’è un limite e il limite è il rispetto che tutti dovremmo provare per questo sport e per chi sceglie di rischiare la vita per farlo. Un rispetto che dovrebbe trovare le sue radici proprio nella storia della Formula 1.
E invece no. Perché un singolo incidente può portare - oltre alla normale rabbia iniziale - a una serie di insulti, minacce e diffamazioni fuori controllo. I social hanno dato libero sfogo all'odio represso delle persone e, proprio sui social, questa settimana è toccato a Lance Stroll. Il pilota canadese ha avuto l'ardire di colpire involontariamente il ferrarista Charles Leclerc, in un gesto kamikaze che ha messo KO entrambi. Un errore di cui si è subito preso le proprie responsabilità e che gli è anche costato una penalizzazione da scontare nel prossimo Gran Premio di Spa.
Nella testa dei più accaniti fan della Rossa però questo non è bastato, e la soluzione giusta a quanto pare è stata quella di prendersela con lui, andandolo a insultare nell'ultimo post pubblicato sul suo profilo Instagram. La maggior parte dei commenti è in italiano (ad un pilota canadese, tra l'altro) e i toni non sono esattamente rispettosi.
Tra chi gli augura di morire o di collassare e chi invece lo invita a smettere definitivamente di correre, molti commenti sono rivolti al padre - proprietario del team Aston Martin - senza il quale, a detta loro, Lance non sarebbe mai diventato un pilota.
Questi insulti serviranno a recuperare i punti, e la power unit, di Charles Leclerc? Ovviamente no. Serviranno invece a dare un'idea della poca sportività dei tifosi italiani? Purtroppo sì.