I piloti possono contare sull’adrenalina della gara e, poi, sulla gara stessa che è l’unico modo per scaricare realmente le energie accumulate. Chi sta a casa, invece, soffre. E’ una battuta, sia inteso, ma il Covid19 ha cambiato radicalmente anche la vita dei fanclub che gravitano intorno ai piloti. Ne abbiamo parlato con Marco, che è uno dei fondatori del fanclub di Franco Morbidelli, tra i più attivi - in questo momento di eventi fisici negati - in rete e sui social, tanto da aver vertiginosamente visto crescere i propri tesserati. Tutto è cominciato da un gruppo di amici dell’italobrasiliano che nel 2019 s’è fatto “official” per tingere di verdemorbidelli i circuiti di mezzo mondo, accompagnando il sogno del 21.
Dopo i test del Qatar avrete parlato con Franco, che sensazioni ci sono per i due GP del 28 marzo e del 4 aprile, e per la stagione che sta per prendere il via?
La regola non scritta, che è venuta da sola, per noi è parlare di tutto tranne che di corse in moto. S’è limitato a dirci che c’è una bella atmosfera e che è ottimista. Siamo tutti ragazzi cresciuti con lui ed evitiamo di starlo a stressare chiedendogli le stesse cose che gli chiederebbe un giornalista. Magari scambiamo qualche battuta. Oppure prima, quando ci si poteva incontrare, si faceva una partita a qualcosa, dalle carte al ping pong, ed ecco, in quel caso si capisce che è un pilota: vuole solo vincere. Si impegna come se si stesse giocando un mondiale
Però questa cosa si dice un po’ sempre dei piloti…
Ma che!? Sembra davvero uno di noi, quasi te lo dimentichi che è uno che corre in MotoGP e che è pure vicecampione del mondo. Il profilo basso è una sua caratteristica sempre. Pensa che va in giro con un’auto che, per carità, è una bella macchina, ma di quelle che possono permettersi in tanti. Non è che ha collezioni di supercar o cose del genere. E’ brillante, ma allo stesso tempo sempre pacato. E probabilmente è per questo che la gente gli vuole così bene
Il bambino Franco Morbidelli invece?
Era così anche da ragazzino. Ha condiviso il percorso scolastico con molti di noi e questa cosa che lui corresse in moto e che in qualche modo fosse più figo di tutti noi non l’ha mai vissuta come una differenza. Poi, crescendo, il suo sogno si è fatto concreto, ma è rimasto il Franco di sempre. Certo, quando poi capitava di prendersi a sportellate con le biciclette o con i cinquantini la differenza te la faceva notare, perché era siderale. Andava più forte con qualunque cosa avesse sotto il sedere
E c’è una caratteristica di Franco Morbidelli che è nota a chi lo conosce bene e che invece risulterebbe una sorpresa per chi conosce solo il campione e il profilo che emerge dal personaggio sportivo?
In molti anche qua lo identificano come “quello che ti saluta per primo”. Lui è così, se ti vede ha subito quegli slanci di affetto e magari non fai neanche in tempo a dirgli “ciao” per primo perché lo ha già fatto lui. Non è uno che si tira dietro un’aurea da campione. Evidentemente i campioni che crescono a Tavullia hanno questo DNA qua: restare rustici. Magari è la dimensione di provincia, che nel caso di Valentino prima, e di Franco o Pecco o gli altri dell’Academy adesso, sembra quasi un marchio di fabbrica. Corri in moto, sei stato campione del mondo e sei attualmente vicecampione del mondo della MotoGP, eppure ti comporti come un normalissimo ragazzo della tua età. Questo è bellissimo ed è la sua forza. Dovrebbe essere la normalità, invece basta scorrere un po’ i social di molti altri piloti per rendersi conto che non sono affatto tutti così.
Quando è arrivato da Roma con la sua famiglia ha dovuto ricominciare da capo nei rapporti e nelle amicizie. E’ stato subito accolto o magri all’inizio era trattato come “l’ultimo arrivato”?
Era esattamente come è adesso. Magari trasferirsi a tanti chilometri di distanza quando si è piccoli non è stato uno scherzo neanche per lui, ma poi da bambini ci si integra subito, soprattutto in un posto relativamente piccolo come Tavullia o, nello specifico, come la frazione di Babbucce. Nel giro di poco era del gruppo a tutti gli effetti.
C’eravate anche quando nella sua vita è arrivato il terremoto emotivo della perdita del babbo Livio…
Su certi argomenti c’è un valore che deve venire prima di tutto: il rispetto. Però una cosa mi viene da dirla: quando succedono certe cose e sei un ragazzo nell’età più critica rischi di inciampare e cadere. Franco, invece, ha saputo trarre da quella sofferenza ulteriore determinazione verso il suo sogno.
Tu e gli altri del nucleo originario del fanclub avete vissuto tuta la sua carriera, c’è stato un momento in cui vi è sembrato che potesse mollare?
Ci ha sempre creduto. Ha avuto anche brutte cadute, ma mai ha dato l’impressione che potesse valutare l’ipotesi di non voler più fare il pilota
Invece voi quando è che avete cominciato a fare sul serio?
E’ iniziato per gioco, il suo gruppo di amici lo seguiva nelle corse. Poi è diventata una cosa seria dal 2019
La reazione alla notizia che avreste aperto un fanclub con il suo nome e con tanto di atti burocratici e sigilli di ufficialità?
C’è quasi rimasto male. Non che non gli abbia fatto piacere, ma lui è un timido e all’inizio si è quasi imbarazzato. Poi ci ha dato una mano. Il suo furgone, quello con cui trasporta le moto con cui si allena, è stato il nostro mezzo di trasporto spesso e volentieri.
E adesso?
Questo maledetto Covid ci sta scombinando un sacco di piani. Sin da quando siamo partiti abbiamo avuto subito una significativa risposta dalla gente, pensa che riceviamo continui messaggi anche dall’Indonesia, dove ha un sacco di fan. Abbiamo aperto una sede a Babbucce, fatto tribune in vari circuiti tra cui Misano e portato un po’ di “verde Morbidelli” in giro per l’Europa e il mondo. Poi è arrivata la pandemia e come tutti ha disorientato anche noi. Le idee non mancano, ma le circostanze adesso non sono favorevoli e neanche lui approverebbe se forzassimo la mano per organizzare iniziative in questo momento. Ci sono delle regole da rispettare e va bene così.
Vederlo vincere a Misano l’anno scorso, nel gran premio di casa, senza poter essere tutti lì, però, dev’essere stata dura…
E’ stata durissima. Ma è stato allo stesso tempo bellissimo. Per noi il circuito di Misano fa parte dell’aria di casa, il sound delle moto o delle auto che girano è la colonna sonora della nostra vita, sapere che ha vinto lì senza avere vicino tutta la sua gente è stato triste, ma c’eravamo comunque. E l’ha sentito. Però, certo, il proposito di riempire nuovamente di verde la sua tribuna c’è sempre, non solo per Misano, ma anche per altri gran premi magari in Europa e non troppo difficili da raggiungere da un punto di vista logistico.
Altre iniziative in cantiere?
Dalla semplice spaghettata con lui ad iniziative più impegnative, come ad esempio un raduno o una festa simile a quella fatta per i suoi cento gran premi. Abbiamo in mente di realizzare anche qualche contenuto magari da diffondere sui social per promuovere un po’ questi posti, lui è molto legato a Babbucce e quindi fare qualcosa anche nell’ottica di una promozione turistica è nei nostri programmi.
Se Tavullia è Valentinoland, Babbucce sarà Morbidelliland. Sempre tutto nel giro di pochi chilometri e nel segno di due che adesso sono pure compagni di squadra…
Eh sì, è un incrocio continuo con Valentino. Rossi è stato l’idolo di tutti, Franco compreso. Da piccoli, quando simulavamo gran premi con le biciclette, quasi si litigava per “fare il Valentino Rossi”. Per lui dividerci il box dev’essere davvero qualcosa di immenso che completa un sogno che era immenso già di suo. Di sicuro cercheranno di battersi, ma chi pensa che i rapporti tra di loro potranno incrinarsi per effetto della competizione interna al team sbaglia di grosso. Si percepisce proprio che si vogliono un gran bene.
A proposito di biciclette e motorini, era spericolato?
Neanche un po’. Si vedeva semplicemente che ne aveva di più. Avevamo fatto una pistina in stile cross su un terreno che era di mio nonno e che mi passava sempre dei gran cazziatoni. Si girava lì con i cinquantini, ma arrivava davanti senza avere bisogno di fare cose che risultassero pericolose. Correva già da bambino, era spesso in giro e quando stava qua magari preferiva la partitella a calcetto o cose più tranquille.
Prossime attività del fanclub?
E’ difficile programmare qualcosa, quando non sappiamo che colore siamo o che colore saremo. Al momento tutti i nostri sforzi sono concentrati sui social, sperando di poter tornare a vivere le persone da vicino e, magari, ad abbracciarci per qualche altra gioia che ci avrà regalato Franco.
Morbidelli, come era prevedibile, ha un sacco di tifosi anche in Brasile, un Paese che ama visceralmente i motori ma che è rimasto senza riferimenti dai tempi di Barros per quanto riguarda le corse in moto. C’è la possibilità di un Fanclub Brasile da affiancare al Fanclub Babbucce?
Noi siamo aperti a tutto. E poi con il Brasile avremmo la mamma di Franco, Cristina, che potrebbe darci una mano con la logistica. Ma dai messaggi che riceviamo, che arrivano davvero da ogni dove, l’impressione è che questo ragazzo di Babbucce sia stato capace di farsi volere un gran bene in tutti gli angoli di questo mondo.