Era maggio, il sole batteva su Jerez e Franco Morbidelli festeggiava un terzo posto. Quella domenica andalusa appare oggi come un lontano ricordo, eppure è passato solo un anno. Morbidelli, due settimane fa, è tornato sul luogo del suo ultimo podio tagliando il traguardo in quindicesima posizione. Non solo; tempi alla mano la sua gara è stata complessivamente venti secondi più lenta del 2021, quando non guidava una Yamaha ufficiale bensì una M1 da antiquariato in livrea Petronas. La temperatura dell’asfalto spagnolo differiva di appena tre gradi rispetto ad allora e Bagnaia, velocissimo, ha completato i 25 giri di gara migliorando di cinque secondi la prestazione di Jack Miller del 2021.
Liberiamoci dai numeri: le condizioni a Jerez erano praticamente identiche ma Franco, con una moto in teoria più veloce, sembrava un altro pilota. Nonostante abbia ammesso di aver superato le problematiche fisiche arranca nelle retrovie, mentre il compagno di squadra Quartararo comanda la classifica del Mondiale: a Le Mans, in qualifica, ha preso quasi un secondo. Qualcosa non va, è lampante; tuttavia attribuire tutte le colpe al pilota sarebbe semplicistico.
Un pilota non diventa improvvisamente lento. A maggior ragione Franco, che ha dimostrato di poter restare ai vertici con la costanza dei migliori e rischiato di vincere il mondiale 2020 senza la moto ufficiale. L’ha dimostrato fin quando non si è fatto male in uno sciagurato fine settimana piovoso a Le Mans, dove il ginocchio destro lo ha abbandonato. Poi si è dovuto operare, ha intrapreso la riabilitazione ed è rimontato in sella cambiando moto, colori, squadra. Neanche il tempo di abituarsi che moto e capotecnico sono cambiati ancora. Per un pilota metodico, abituato a progredire gradualmente per raggiungere il limite, questa mancanza di continuità deve aver influito in maniera decisiva. È evidente che Franco sia ancora alla disperata ricerca di un setting di base che gli consenta di affrontare il weekend di gara con un minimo di certezze.
Ad Austin e Portimao, addirittura, è partito per la gara “alla cieca”, con modifiche sulla moto mai sperimentate prima. E ha speso i test di Jerez per trovare una messa a punto di base, non a provare nuove componenti. I fatti parlano, si esprimono e, combinandosi coi numeri, costruiscono un’oggettività: quando Morbidelli guidava la Yamaha 2019 saliva sul podio e ora, con un mezzo di tre stagioni più moderno, fatica ad entrare nei primi dieci.
La M1 del 2019, che Franco ha avuto in dotazione per due stagioni abbondanti, era stata plasmata da Ramon Forcada ad immagine e somiglianza del pilota italobrasiliano. Con quella specifica Morbidelli si è laureato vicecampione del mondo nel 2020, ha trionfato al termine di gare che hanno tenuto il pubblico incollato al televisore. E sempre con quella moto, a Jerez, Franco era quasi un secondo al giro più veloce rispetto ad oggi.
Tutto ciò rende l’idea della misura in cui la Yamaha, negli ultimi tempi, abbia seguito la direzione tecnica privilegiata da Quartararo e quanto Ramon Forcada fosse un tassello fondamentale per la prestazione di Morbidelli. La buona notizia, in un momento sportivamente così complicato per lui, è la sua stabilità contrattuale: a Franco serve tempo e, con Iwata, ha il contratto garantito anche per la prossima stagione. Dall’altro lato, però, Lin Jarvis comincia ad arricciare il naso; dopo la gara di Jerez non ha evitato di esprimere la sua delusione per i risultati del pilota e Toprak Razgatlioglu è già stato invitato a provare la M1.
Domani si corre a Le Mans, dove tutto si è incrinato. Lui è sempre pacato, lucido, professionale. Cade ma si rialza, ci riprova, non molla mai. Con grande maturità spiega le sue difficoltà davanti alle telecamere, senza scoraggiarsi. Ha una qualità che solo i più grandi manifestano: sa sorridere a prescindere da tutto. Ed è il primo passo per risolvere i problemi.