Suona il telefono, nello studio di Enzo Ferrari. Sulla parete la fotografia incorniciata del figlio Dino, amatissimo, morto nel 1956 a soli 24 anni. Sul tavolo un libro sulla sua Ferrari, l'amore più grande, il più difficile della sua vita. Gli occhiali neri, sempre presenti, caratteristica intrinseca di un personaggio che con gli anni ha perso i tratti definiti dell'uomo e ha acquisito quelli del mito. Parla chiaro, il Drake. Usa frasi brevi, sincere, va dritto lungo la linea di una vita vissuta sempre intensamente. Quando squilla il telefono non si ferma e continua ad ascoltare la domanda di Gianni Minà, seduto davanti a lui per l'intervista. È Minà a fermarsi: "Risponda pure". Ferrari alza il telefono e in un attimo liquida chi sta dall'altra parte: "Pronto? Mi lasci stare per un momento perché sono occupato". E poi si volta: "Dica pure" dice guardando Minà.
Il giornalista prosegue: "Qual è la cosa che l'ha mortificata di più in questa sua lotta per pensare sempre che cosa le rimaneva da fare? Quale miseria umana non ha sopportato?". È una domanda perfetta dentro a un'intervista perfetta. Il ritratto di un Drake che emerge in tutta la sua sincerità, in quei tratti ruvidi, veri, impossibili da smussare anche con l'età.
Non ci sono domande sulle "vittorie più belle", sulla storia della nascita e del successo della Ferrari, sui tema trattati e ritrattati, visti e rivisti. In quindici minuti di intervista Minà sceglie di dedicare grande spazio al tema dell'amicizia: quella personale, quella in pista, quella con i piloti e quella tra i suoi, di piloti. Pironi e Villeneuve? "Credo ci fossero anche dei sentimenti che sono quasi scomparsi il giorno che, affamato di affermazione, Pironi superò Villeneuve nel Gran Premio di Imola".
Una brutale sincerità scambiata tante volte per astuzia, quella di Enzo Ferrari. Quella che lui stesso definisce così, cercando di spiegare - più che giustificare - un carattere descritto negli anni come terribile, difficile da gestire e anche solo comprendere. "Ma è stata una scelta di vita o è dovuta diventare brutale sincerità la sua?" chiede Minà. "Non sono mai stato diplomatico, prima di tutto perché non ho studiato. Faccio più fatica a scrivere una paginetta in corretto italiano che a concepire come dovrebbe essere un motore vincente. La brutalità nell'espressione è una questione unicamente di carattere. Certo, io ho commesso molti errori e soprattutto errori di forma".
E c'è tanto, tutto, di Enzo Ferrari in questa risposta e in questa intervista. Ma c'è anche tanto, tutto di Gianni Minà. Scomparso ieri all'età di 84 anni dopo una brillante carriera giornalistica, capace di leggere la persona dietro il personaggio e di andare oltre la visione comune, l'interesse del pubblico, il più semplice giornalismo.