Ma ancora, non vi siete stancati di romperci le scatole ad ogni nostra vittoria? Americani o inglesi, non c’è alcuna differenza. Se non vincono c’è un complotto internazionale nei loro confronti oppure l’atleta che sale sul gradino più alto del podio è dopato. Ed è proprio sulla seconda opzione che un giornalista del Washington Post si è svegliato una mattina e ha deciso che Marcell Jacobs era un imbroglione col doping. “Non è colpa sua se la storia dell'atletica leggera fa sospettare per i miglioramenti così improvvisi e così enormi” si legge nel loro articolo con il nostro campione olimpico che è stato definito “figlio del Texas” … della serie… ci siamo anche noi nel mezzo alla vostro vittoria. Chiaramente l’orgoglio patriottico è troppo forte e a fare il pieno delle s*******e ci si è messo anche il responsabile dello sport del Times Matt Lawton con un post su Twitter: “È sceso sotto i 10" a maggio, è venuto qui e ha corso 9"84 e 9"80. Ah bene"
Sarà il caso di darsi una calmata. Anche perché, ci mancherebbe altro, nessuno vuole rubare in casa dei ladri. È vero Alex Schwazer ha creato un brutto precedente nel nostro paese, ma evidentemente qualcuno si dimentica di Ben Johnson, vincitore dei 100mt ai Giochi Olimpici di Seul nel 1988 con il tempo record di 9’’79. Peccato che durante il test antidoping nelle sue urine trovarano tracce di stanozolo, derivato sintetico del testosterone e sostanza anabolizzante. Dopo che il record e la medaglia gli vennero tolti, si presentò positivo al doping anche nel 1993, venendo così squalificato a vita. E intanto ecco il primo. Poi c’è stato, in ordine sparso, Dennis Mitchell che si è giustificato che l’eccesso di testosterone sia stato causato da “un’ammucchiata ad alto tasso alcoolico”. Non vogliamo sapere altro.
E ancora Justin Gatlin, positivo prima alle anfetamine, per questo stette un anno fermo, e nel 2006 poi al testosterone. Squalificato otto anni perché recidivo, anche se qualcuno gridava a gran voce la squalifica a vita. E ancora, nell'agosto 2019 il velocista Cristian Coleman ha saltato i controlli antidoping per 3 volte di fila (aprile 2018, gennaio 2019, aprile 2019). A dicembre 2019 non si presenta ancora, così come a ottobre 2020. Risultato? Fino al 2022 starà fermo. E visto che ci avete fatto arrabbiare di brutto, sempre nel mondo dell’atletica leggera, gli Stati Uniti possono vantare uno dei primi casi di doping nella storia delle Olimpiadi. Il maratoneta statunitense Thomas Hicks si mise al collo la medaglia d’oro a St.Louis nel 1904. Bravo, bravissimo. Soprattutto il suo allenatore che per ben due volte durante la gara gli somministrò tramite iniezioni del solfato di stricnina, stimolante che adesso viene usato come veleno per topi. Sicuramente ci saranno tantissimi italiani che fanno uso, purtroppo, di steroidi, anabolizzanti o comunque sostanze proibite. Resta il fatto che però nessuno ha mai detto una parola sugli atleti delle altre nazioni. E noi i nostri panni ce li laviamo in casa, a differenza di altri. E soprattutto i paladini della giustizia, non ci sono mai piaciuti. Figuriamoci ora che siamo sul tetto del mondo.