Stavamo aspettando lo scontro, il dramma, e siamo stati accontentati. Lewis Hamilton e Max Verstappen, in lotta per il mondiale, hanno avuto il primo vero incidente della stagione e ad avere la peggio è stato l'olandese. Da lì accuse, tragedie, messaggi lanciati sui social, insulti razzisti, chieste di revisione dell'incidente, comunicati stampa e frecciatine tra team principal.
Da quasi due settimane il mondo della Formula 1 si è concentrato solo sullo scontro di Silverstone, sui punti di frenata dei due piloti, sulle conseguenze economiche riportate da Red Bull, sulle colpe di Hamilton e sulla mancanza di delicatezza mostrata da Mercedes.
Una soap opera che sembrava doversi chiudere con l'inizio di questo weekend in Ungheria, nuova tappa del mondiale prima della pausa estiva e nuovo inizio di questa seconda parte della stagione, i cui toni saranno sicuramente meno rilassati rispetto a quanto visto fino ad oggi.
E invece no, lo psicodramma non si è concluso affatto. Il giovedì di conferenze stampa è iniziato con il botta e risposta (separati, ovviamente) di Hamilton e Verstappen, con l'olandese che ha rinnovato le accuse nei confronti del collega britannico. E' poi proseguita con la revisione dell'incidente di Silverstone, conclusa con un pugno di mosche per il team austriaco le cui nuove prove presentate non hanno convinto i commissari FIA, che hanno così archiviato il caso. Da lì un nuovo comunicato stampa di Mercedes, uscito nella serata di ieri, che accusava la Red Bull di voler "ledere l'immagine di Lewis Hamilton" al fine di distruggerlo pubblicamente.
Sembra tutto un tantino eccessivo, no? Anche perché diciamocelo: per questi due la guerra è appena iniziata. Lo scontro in Inghilterra è solo il primo di una serie di attacchi che vedremo da qui in poi, e la stagione davanti a loro è ancora molto lunga. Se i due team hanno veramente intenzione di continuare a scontrarsi in questo modo, mettendo in mezzo anche i rispettivi boss Chris Horner e Toto Wolff, il modo in cui ne usciranno entrambi non sarà certo dei migliori.
Divertente vedere tutto questo dramma, per carità, ma i toni si sono fatti eccessivamente alti. Soprattutto parlando di un incidente che, anche se spaventoso, non ha portato grandi conseguenze. Il mondiale è ancora nelle mani di Verstappen, che in Ungheria si è presentato come leader seppur con un risicato vantaggio rispetto a quello di Silverstone, la power unit della Red Bull sembrerebbe intatta (la proveranno questo weekend) e la stagione è completamente aperta.
Quindi ok, mettetevi in tasca ciò che è successo in Inghilterra e andiamo tutti avanti. Perché se ad ogni incidente o scontro tra i due le parti in causa reagiranno così alla fine del 2021 nessuno arriverà integro.
E poi basta con questi comunicati stampa, queste accuse lanciate sui social, questi team principal che litigano tra di loro prendendo le parti dei rispettivi piloti. Risolviamola nel paddock, come si faceva una volta, come Schumacher contro Coulthard a Spa 1998 che in una rissa sfiorata si dissero quello che c'era da dirsi. Come quando i piloti non parlavano attraverso uffici stampa ma camminavano in giro per i box e andavano a cercare l'avversario, il nemico, e a risolvere lì. A dirsene quattro, a rischiare ogni volta di finire a scazzottate, ma anche a chiudere la questione prima di uscire dal circuito.
Per una volta concedeteci il "si stava meglio quando si stava peggio" perché l'universo della comunicazione di oggi ha ucciso l'immediatezza della Formula 1, l'aggressività di uno sport in cui ti giochi tutto, anche la vita, e che proprio per questo a volte ti restituisce aggressività, rabbia da sfogare, confronto diretto. Ce la si gioca in pista e poi se ne parla fuori, si urla magari, si insulta e si va avanti. Nei box, non su Instagram. Non davanti ai microfoni della TV di casa o in due conferenze stampa divise, in cui ognuno può dire solo la sua versione.
Come Schumacher e Coulthard, non come Hamilton e Verstappen dietro le spalle di papà Wolff e Horner. Dentro il paddock, non fuori.