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I piloti non sono scatole

  • di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

28 maggio 2022

I piloti non sono scatole
I piloti non li prendi, li sposti, li ripeschi dove li hai lasciati. Non li apri come scatole e dentro ci trovi esattamente ciò che ti aspetti o quello a cui avevi dato un nome, scrivendolo sul davanti con un pennarello nero. Sono veloci, dentro e fuori dai cordoli, giovani, soggetti a pesi, pressioni, paure. Mutevoli e fragili a seconda delle condizioni, come le loro monoposto. Ed è quella la loro magia

di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

Noi vogliamo il film. Uno di quelli dove ci si spara, possibilmente. Quelli pieni di colpi di scena ma che alla fine poi, sai sempre come vanno a finire. Dove il capo non muore mai: lo colpiscono ma si nasconde sempre dietro un palazzo, un sasso, una macchina in fiamme o un cattivo redento proprio all'ultimo secondo. Vogliamo il buono, il perfido, il personaggio simpatico ma sacrificabile e quello a cui ci affezioniamo ma non abbastanza per reputarlo indispensabile. Vogliamo la storia d'amore come sottofondo, presente ma non protagonista, meglio ancora se malinconica da morire ma a lieto fine. 

Vogliamo semplicemente poter riconoscere in qualsiasi momento, e in ogni cosa facciamo, guardiamo o ascoltiamo, i personaggi a cui siamo abituati. Con le loro caratteristiche ben chiuse dentro i quattro lati di una scatola, con i loro argomenti verticali, dritti come pali della luce lungo la nostra strada piena di stimoli, possibilità, canali. Vogliamo che l'influencer che ci parla di skincare non ci annoi con problemi del catasto, che il politico non sia interessato allo sport, che chi abbiamo schedato come buono non diventi improvvisamente cattivo e, ancora più ossessivamente, vogliamo che un cattivo non diventi mai e poi mai un buono. 

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Chiediamo chiarezza narrativa davanti a uomini fatti di compromessi e cambiamenti come di carne e ossa, esattamente come lo chiederemmo a personaggi di un film. E ci è ancora più facile pretenderlo quando questi sono lontani, ricchi, famosi e soddisfatti. Come i piloti. Scatole in cui guardi la domenica, prendendole dal piano più alto di una credenza, e che pretendi di ritrovare uguali. Dentro e fuori, invariate e riconoscibili come la definizione di ciò che contengono, scritta a caratteri cubitali, con un pennarello nero, sul davanti. 

Charles Leclerc è il principe triste, quello degli eccessi di cuore, di foga e di piede. Carlos Sainz è il ragazzo con meno guizzi di talento, più costanza e pochi errori. Lewis Hamilton è il re, quello che non sbaglia, il fortunato a cui girano tutte giuste. Max Verstappen è il matto, il jolly della griglia, il personaggio da cui non puoi aspettarti la mossa successiva. C'è una definizione per ognuno di loro, scritta in grande sopra la scatola. E loro non possono, non hanno il diritto, di cambiare quella parola. Non possono mescolare gli ingredienti, muoversi veloci anche nei sentimenti, oltre che dentro le loro monoposto. Non possono perché, altrimenti, non riusciremmo a riconoscerli. 

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Così un Sebastian Vettel incerto, depresso e perdente in Ferrari, non può essere lo stesso dei quattro titoli vinti in Red Bull. O uno o l'altro, un ricordo è da cancellare e rimuovere dalla scatola. E che succede a Lewis Hamilton? Un mondiale perso all'ultimo giro, una sconfitta indimenticabile fatta di sfortuna (a lui sconosciuta) e rimpianto. Un nuovo anno iniziato all'insegna delle difficoltà, con un compagno di squadra subito più competitivo. Impossibile, terrificante anche solo da provare a descrivere. Completamente fuori dal suo personaggio. E Carlos Sainz? Perché sbaglia? Carlos Sainz è il pilota concreto, forse un po' meno talentuoso ma molto, molto più sicuro di Charles Leclerc. È a Charles che si perdona la foga, il piede che segue il cuore più che la testa, non a Carlos. 

Li guardiamo confusi come se avessimo sbagliato scatola, come se fosse la parola a non tornare, a non quadrarci più, e non il concetto stesso di provare a dargliene una. Sono scostanti, giovanissimi, carichi di ansie e difficoltà. Vivono sul filo dell'adrenalina, dell'errore dietro l'angolo, della possibilità di perdere il posto, il sedile e il lavoro per cui hanno lavorato una vinta intera. Corrono nell'incertezza del loro stesso domani, come se qualsiasi cosa, in qualsiasi momento, potesse spezzare un percorso iniziato quando avevano quattro, al massimo cinque, anni. 

E mentre loro traballano, sbagliano e aggiustano, noi vogliamo che stiano dritti come pali. Verticali come chi seguiamo sui social, riconoscibili. Charles sbaglia pure, da te ce lo aspettiamo. Carlos non ti azzardare a sbagliare più, tu sei quello concreto. Lewis fai pace con la fortuna, Max: a quando la prossima follia? 

Scatole da impilare e aprire, convinti come siamo che ci sia il buono, il cattivo, il capo che si nasconde, non muore mai, e nessuno che straccia il copione. Altrimenti il film finisce, no? 

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