Come ghiaccio nei tubi. Il grido di Charles Leclerc al Paul Ricard è un dolore in espansione così forte da non riuscire a stare dentro lo spazio che gli viene concesso. Esce, anche quando lui non vuole. Esce mentre la sua radio è aperta e la sua Ferrari ferma, parcheggiata senza vita contro le barriere del circuito francese. Esce e, quella delusione così grande, la sentiamo tutti sgorgare fuori senza freni come riflesso incontrollato di un'adrenalina finita a muro senza controllo.
"Pensavo di avere la radio chiusa, volevo tenerlo per me" dirà poi il monegasco nel ring delle interviste, alzando le spalle come chi sa di non avere più potere per decidere niente, o per cambiare quello che è stato. Svuotato, desolato, ma lucido come pochi piloti riescono ad essere a pochi minuti da un incidente che rappresenta una crepa gigantesca dentro il sogno mondiale della Ferrari in Formula 1 in questa stagione.
Una crepa che aveva lasciato i primi segni sopra quel sogno, così lucido all'inizio del campionato, con gli errori del muretto, i problemi di affidabilità, le strategie discutibili. Segni di una Ferrari rinata sì, ma con ancora tanto lavoro da fare. Una squadra spinta all'eccesso dal desiderio di riportare un titolo a Maranello ma consapevole del tempo ancora necessario per tornare al massimo e dell'avversaria mastodontica, una Red Bull più matura, da battere gara dopo gara. Così mentre a Maranello si lavora per tappare buchi e aggiustare dettagli, Charles Leclerc sogna, sfida, e ottiene una pole position dietro l'altra. Combatte al via con Max Verstappen al Paul Ricard, lo tiene dietro senza sbavature. Non sente la pressione della sfida quando il leone alle sue spalle attacca ma, proprio quando lui rientra per cambiare le gomme e lo lascia solo in pista, tutto crolla.
Un errore da niente che vale tutto per il morale di un ragazzo da sempre abituato a mettere in discussione prima se stesso e poi gli altri. Si prende le colpe, si scusa, e con i modi fermi di chi riesce a raccogliere dal fondo di sé una lucidità estrema ammette: "Se perderemo il mondiale per questi punti saprò di chi è la colpa".
Gelido, fermo immobile dentro e fuori. Rigido come chi sa perfettamente che, concesso lo spazio ad un sentimento, anche solo uno tra i mille provati, l'esplosione di tutto sarebbe istantanea. Vorrebbe piangere, vorremmo tutti piangere davanti a un dolore così. Chi per tifoseria ha puntato su di lui, chi avrebbe voluto un mondiale più aperto nella seconda parte della stagione, chi semplicemente non avrebbe mai voluto vedere un errore in mezzo a così tanto talento, divertimento, rispetto tra avversari dentro e fuori la pista.
Sceglie la freddezza di chi può controllare ogni cosa, Leclerc. Che i sentimenti se ne devono stare al loro posto, lontani dalle telecamere, dalla lotta per il titolo, dal suo modo di guidare. Sceglie la freddezza ma quel grido terribile, fatto quando non pensava di essere ascoltato dal mondo intero, lo frega nel suo momento peggiore. Avrebbe voluto tenerselo per sé ma è diventato di tutti e forse va bene così. Perché c'è il cuore di ogni appassionato, in quel grido non contenuto. Come ghiaccio nei tubi che si espande ed esplode quando la pressione diventa insostenibile. Così il sogno di un ragazzo chiamato a rialzarsi, e rimettere insieme i pezzi, più in fretta che mai. Partendo da quel grido che nessuno doveva sentire.