Ci troviamo all'alba della seconda gara di Misano con 19 punti a dividere il primo posto in classifica di Andrea Dovizioso (a quota 76!) dal settimo di Franco Morbidelli, senza considerare che tutti i piloti nel mezzo hanno una possibilità di portarsi a casa il titolo. Può riuscirci Joan Mir, che non ha meno chances di Fabio Quartararo, ma possono farlo anche Valentino Rossi e Jack Miller. Ed è una battaglia a chi sbaglia di meno, non a chi vince di più.
È come una gara, perdonate il volo pindarico, a chi beve più acqua senza pisciarsi addosso. Noi scommetteremmo su quello che ne ha bevuta di meno.
L'unica certezza allo spegnersi del semaforo è che, una volta passati sotto la bandiera a scacchi, più di un pilota tornerà al box con un unico grande nemico: la Michelin. Chi correva negli anni Ottanta, chiedetelo a Lucchinelli, vi dirà che le gomme sono tonde e nere e che a lamentarsi del gommista è sempre chi arriva dietro.
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Ma nella MotoGP di oggi, in questo 2020 orfano del suo primo rappresentante, le gomme non sono più tonde e nere. Sono strumenti delicati come la corda per un funambulo, pronte a decretare la differenza, citando alla lettera Valentino Rossi, tra un eroe ed un coglione.
Chiariamo subito una cosa: è possibile che in un campionato in cui le case costruttrici spendono milioni di euro a stagione le gare vengano decise dal gommista? Non lo è. Altrimenti i veri stupidi sarebbero i costruttori, truffati in maniera ben più sordida rispetto a chi paga un mensile per vedere le gare.
Un conto sono le centraline uniche ed i fin troppo goffi “errori” della Race Direction per aiutare questo o quell'altro pilota, tutt'altro discorso sarebbe se Carmelo Ezpeleta mandasse un messaggino a Piero Taramasso ogni domenica mattina con l'ordine di arrivo dei piloti.
Per citare l'indimenticabile Stanis la Rochelle, “questo atteggiamento mi sembra un po' troppo italiano”: Troppo italiano partire con la convinzione che ci sia sempre qualcuno pronto a toglierti la sedia da sotto al sedere o che sia sempre tutto già deciso in una stanza dei bottoni. Per quanto la MotoGP di oggi sia pettinata, filtrata e messa in posa come un'influencer ben più sportiva in foto che dal vivo, lo spettacolo in pista rimane autentico. La componente umana è fortissima, la testa è tutto. Le Michelin sono gomme delicate come un aereoplano siglillato col Bostik, ma se lavori nella maniera giusta puoi farle volare. Quando i team avranno sviluppato la dovuta esperienza in materia, casualità e fortuna avranno un ruolo sempre più marginale.
Tuttavia si sente ancora invocare a gran voce l'abolizione del monogomma, perchè “quando c'era anche la Bridgestone queste cose non succedevano” anche se la realtà dei fatti ci ricorda che queste cose succedevano eccome, se non peggio.
Il celebre muro all'interno del box Yamaha venne issato principalmente per questo motivo. Quando a fine 2007 Rossi chiese le Bridgestone per essere più competitivo dopo l'exploit di Stoner con Ducati - a ragione, infondo vinse il mondiale nei due anni successivi - l'allora responsabile Bridgestone Hiroshi Yamada non la prese bene.
Con un pilota Michelin dall'altro lato del box (uno Jorge Lorenzo al debutto nella massima serie) i giapponesi temevano che la comunicazione interna al Team ufficiale Yamaha avrebbe messo in luce tutti i segreti di progettazione su cui il marchio aveva investito negli anni. Fu un caso mediatico che portò, nel 2009, all'introduzione del monogomma, scelta che a suo tempo fece (quasi) tutti contenti: piloti, ingegneri e giornalisti compresi. L'argomento gomme, fatta esclusione per la scelta della mescola adatta, era finito nel dimenticatoio. E lì rimase fino al 2015, quando Michelin tornò nel circus prendendo il posto di Bridgestone come nuovo fornitore unico per la MotoGP.
Un cambiamento destabilizzante per i piloti, a cominciare da Marc Marquez che perse il mondiale per i troppi zeri rimediati durante la stagione. Ironia della sorte, Marquez il mondiale lo ha perso anche quest'anno che le Michelin sono cambiate ancora. Se c'è qualcuno che è rimasto più fregato degli altri quindi non può che essere lui, l'otto volte campione del mondo ridotto ad una corsetta nel parco con il magone di non poter più guidare la sua Honda.
Michelin con il suo primo tentativo aveva sviluppato pneumatici che portavano a delle gare di endurance, ma ad oggi il giro veloce lo puoi fare all'ultimo passaggio. La verità è che il monogomma, una volta digerito da tutti, è la migliore delle opzioni. Perché nessuno vuole sapere chi aveva le gomme migliori, forse neanche i piloti. Vogliamo tutti sapere chi è il più bravo, il più scaltro, il più veloce. Il fornitore unico è una soluzione brillante per lo spettacolo, nonché un modo per vedere delle belle gare anche da parte di chi non ha una moto ufficiale. Siamo un po' troppo italiani anche per della meritocrazia? a noi Franco Morbidelli e Pecco Bagnaia sul tetto del mondo sono piaciuti da matti.
Quindi lasciateci il monogomma e lasciateci la Michelin. In fin dei conti stiamo parlando dei piloti più veloci al mondo, troveranno il modo per andare più forte già da stasera.