Max Verstappen scatta dalla pole position sul rettilineo del Gran Premio del Canada mentre a terra, fissate sull'asfalto, due parole bianche celebrano il passaggio di un mito sopravvissuto al tempo. Salut Gilles, leggono i piloti sulla griglia di partenza che ogni anno ricordano l'eroe di casa, il talento purissimo di un mondo che nessuno di loro ha vissuto, ammirato, pianto.
Gilles Villeneuve appartiene a chi lo ha amato, chi ha visto il segno indelebile di un uomo che ha goduto meno di quanto avrebbe meritato, vinto poco, sofferto tanto. Ma Gilles Villeneuve è anche e forse soprattutto un insegnamento eterno per chi sogna la Formula 1 e per chi, da dentro, vive la pressione di una vita consegnata nelle mani della velocità. I numeri contano per quello che sono, ci dice da qualche parte della memoria collettiva: cifre, cose senz'anima.
In una carriera fatta di tempi, millesimi di secondo, classifiche e punti - dove tutto si conta e tutto si può contare - il ricordo di un pilota fatto di nervi e passione ci rimette con i piedi per terra, ristabilendo la gerarchia della passione. Perché se si dovessero contare solo i numeri, i successi nei Gran Premi e i mondiali vinti, di Gilles Villeneuve ci resterebbe pochissimo. E invece quel Salut Gilles e quel casco celebrativo portato in pista - tra le polemiche - nel weekend del Canada da Charles Leclerc, ci dicono esattamente il contrario.
E chissà se ci pensa, Max Verstappen, ai numeri che ha, a quelli che vorrebbe e a quelli a cui ancora deve arrivare, mentre prende posizione sulla griglia di partenza del Gran Premio del Canada. Ancora una volta saldamente al primo posto, con quell'uno sulla monoposto che oggi lo rappresenta meglio di qualsiasi altra parola, l'olandese avrà lo stesso sguardo di sempre? È un weekend importante per chi, come lui, alla storia del motorsport ha sempre fatto attenzione. Proprio a Montréal potrebbe raggiungere le 41 vittorie in carriera, eguagliare il mito di Ayrton Senna in quello che per tutti i piloti che da lì sono passati è il segno definitivo di chi entra nel mito.
Ma l'emozione è un abito che va stretto al bambino prodigio olandese, cresciuto senza troppe carezze e tempo per le cose del cuore, e immaginare la sua reazione davanti al raggiungimento dei numeri di Senna è difficile, quasi impossibile. Che arrivi in Canada, o in Austria nel prossimo weekend, o ancora avanti nel campionato poco importa, perché Max è lanciato verso i numeri dei grandi, di quelli che in questo sport stanno ai piani alti.
Quando le 41 vittorie le raggiunse Michael Schumacher, a Monza nel 2000, le cose andarono in modo inaspettato. Nessuno avrebbe potuto immaginare, da quel ragazzone tedesco che di sé aveva sempre voluto mostrare gli spigoli di un carattere serio e concentrato, lo sfogo e le lacrime che andarono in scena nella conferenza stampa post gara. Una carezza dall'alto per un pilota che stava riportando grande la Ferrari tra le difficoltà di anni di grande cambiamento, ma anche la consapevolezza di aver raggiunto un mito che - al contrario di Verstappen - Schumacher ha vissuto, dentro e fuori la pista, e ha visto scomparire.
Appartengono al tempo di questo sport, le lacrime del Kaiser, che dopo quelle 41 vittorie ha continuato a dominare, distruggendo ogni record fino all'arrivo di un altro ragazzo tutto spigoli, un altro che a modo suo ha cambiato per sempre la storia della Formula 1. E che anche lui, sulla griglia di partenza del Gran Premio del Canada, non può che pensare a quello che nella sua carriera è riuscito a mettere in fila. Proprio in Canada Lewis Hamilton, giovanissimo rookie nella sua stagione di esordio in F1, ha vinto la sua prima gara, proprio in Canada Lewis Hamilton ha eguagliato le 65 pole position del suo mito Ayrton Senna, mostrando una faccia diversa della stessa emozione che diciassette anni prima rivelò Michael Schumacher, proprio in Canada ci consegna la sua verità: "Max potrebbe battere i miei record", dice alzando le spalle durante un'intervista. Sa che potrebbe, sa che ne le ha capacità e (ad oggi) i mezzi, e soprattutto sa che i numeri valgono per quelli che sono: solo numeri.
Sono quelli che non ha avuto Gilles Villeneuve, quelli interrotti di Ayrton Senna, quelli grandi - immensi - di Michael Schumacher e Lewis Hamilton, quelli che velocemente sta raggiungendo Max Verstappen. E nel mezzo, memorabili o dimenticati nel tempo, quelli di tutti gli altri. Che di numeri vivono ogni giorno, ogni giro, ogni centesimo di secondo, ma che di numeri non sono fatti.