A Termas de Rio Hondo ci si aspettava un venerdì complicato, insidioso, con asfalto bagnato e sporco. Invece, nonostante i nuvoloni grigi, il meteo ha sempre retto, regalando ai team della MotoGP l’opportunità di sfruttare in pieno due sessioni di prove libere su pista asciutta. “Libere” è un aggettivo coraggioso nella compressa MotoGP moderna, con il nuovo format che impone ai piloti di trovare soluzioni e prestazioni competitive (almeno per entrare in top 10) a cominciare dai primissimi giri cronometrati. Con la costante paura di vedere sventolare da un momento all’altro le bandiere con la croce di Sant’Andrea (che indicano gocce di pioggia) – quindi – le squadre hanno lavorato prevalentemente sul time attack, spendendo un tentativo nella mattinata argentina e due gomme fresche medie (a Termas le gomme più morbide a disposizione coincidono con la specifica media di Portimao) al pomeriggio.
La pioggia, alla fine, è stata quella dei caschi rossi, che hanno illuminato il monitor dei tempi come i fuochi nella notte di Capodanno. A spuntarla su tutti è stata l’Aprilia, prima con Aleix Espargaró e seconda con Maverick Vinales, entrambi abbondantemente sotto il muro dell’1’39”. Il dato numerico, se confrontato coi tempi fatti registrare nei venerdì degli anni precedenti in Argentina, è confortante: l’anno scorso Aleix nelle FP2 aveva girato solamente due decimi più veloce di oggi, sintomo che l’asfalto argentino non sia in condizioni così terribili. Il tracciato che sorge ad un centinaio di chilometri da Santiago del Estero viene utilizzato poco durante l’anno, e la MotoGP, quando ci arriva, deve sempre “pulire” la traiettoria ideale, che raccoglie gomma e incamera grip giro dopo giro, minuto dopo minuto. Di certo l’Aprilia è la moto che si adatta meglio in queste condizioni. La RS-GP a Termas, come si è già visto nel 2022, sembra avere più trazione delle avversarie in uscita dai lunghi curvoni in appoggio di Termas. Il gioiellino di Noale, soprattutto, pare assorbire avvallamenti e irregolarità con una naturalezza al momento impensabile per le concorrenti. Insomma: in Argentina l’Aprilia ha monopolizzato le prime posizioni con apparente facilità, un ruolo che fino alla settimana scorsa era stato interpretato solo dalla Ducati. “È solo venerdì ma siamo estremamente felici” - confessa con un sorriso l’ingegnere veneto Paolo Bonora ai microfoni di Sky, mentre il leader di giornata Aleix Espargaró smonta la tesi secondo cui l’Aprilia sia l’oggetto perfetto per andare forte a Termas de Rio Hondo: “In realtà la moto qui è difficilissima da guidare, continua a muoversi, scuote, balla. Sembra di guidare con l’asfalto umido e pieno di chiazze, c’è pochissimo grip. Evidentemente l’Aprilia riesce ad ‘arrabbiarsi’ meno delle altre, si esprime meglio in queste condizioni”.
Alla guida sporca e maschia di Termas si sono adattati subito bene i due piloti del Team Mooney VR46. Marco Bezzecchi e Luca Marini, rispettivamente terzo e quarto, hanno tranquillizzato il boss Valentino Rossi, che guarda da casa. I due “pilotini” dell’Academy hanno costantemente girato su tempi competitivi, confermandosi esplosivi quando si tratta di scendere in pista con gomme da tempo e poca benzina. Uccio, team manager, non ha nascosto un cauto ottimismo : “Sono contento, soprattutto per Luca dopo le cadute e gli acciacchi del Portogallo. Il Bez continua ad essere il solito Bez, ma stiamo calmi che il weekend è lungo. Sono anche molto soddisfatto del lavoro che stiamo facendo a livello di passo perché entrambi i piloti sono andati molto forte con la media e con la dura posteriore, facendo segnare dei bei ’39. Mi sembra che la Ducati di adesso vada bene un po' dappertutto sinceramente. L’Aprilia invece fa paura, complimenti a Massimo Rivola che sta facendo un lavoro pazzesco”. A confermare la solidità della Desmosedici c’è un altro pilota di Valentino Rossi. Ha il numero uno sul cupolino e, visti i tempi, se si classifica sesto a quattro decimi di distacco da Aleix Espargarò viene subito da pensare ci sia qualcosa fuori posto. Tutto ciò è sintomatico dell’attuale forza di Pecco Bagnaia che, come spiegato dal Direttore Sportivo di Borgo Panigale Paolo Ciabatti, ha solamente bisogno di trovare la messa a punto ideale: “Siamo soddisfatti del lavoro, era importante essere nei primi dieci con Pecco. È un circuito su cui Ducati non è mai riuscita a vincere, ma per adesso abbiamo cinque moto molto competitive. Bravissimi i ragazzi della VR46 e anche quelli di Pramac. Pecco non era particolarmente soddisfatto; la moto è un po' nervosa sugli avvallamenti, ma contiamo tra oggi e domani di trovare una soluzione per renderla più docile”.
Se Aprilia e Ducati competitive non destano sorpresa, allora si può serenamente dire che la scoperta del venerdì di Termas De Rio Hondo coincide con un Franco Morbidelli efficace come non lo si vedeva da troppo tempo a questa parte. Il numero 21 è rimasto stabilmente tra i primi dieci sia al mattino che al pomeriggio, quando con un 1’39”080 ha staccato il nono tempo e la partecipazione certa alla Q2. Franco è parso visibilmente a suo agio sulla M1, soprattutto in fase di frenata. Ciò che fa ben sperare è la competitività dimostrata sia in configurazione gara, sia in occasione del time attack, dove Franco ha fatto la differenza rispetto al compagno di squadra Fabio Quartararo, fuori dai dieci ed estremamente nervoso al rientro ai box. Viene ormai da pensare che Morbidelli possa risorgere ogniqualvolta (ormai raramente) la Michelin decide di portare uno “step” di gomme più dure per il weekend di gara. L’azienda francese, in genere, opera questa scelta sui circuiti che presentano asfalti caldi (Sepang) e abrasivi (Termas de Rio Hondo). In Malesia, lo scorso anno, Franco aveva firmato il miglior weekend di una stagione complicatissima; oggi in Argentina Morbidelli ha rispolverato un talento che probabilmente ha bisogno di una specifica mescola per illuminare gli occhi degli appassionati. Una questione speculare a quella degli ultimi anni di carriera di Valentino Rossi, che anche nella stagione del ritiro riemergeva dalle difficoltà nelle poche occasioni in cui la gomma dura, cerchiata di giallo, era scelta obbligata. Il nodo di Franco Morbidelli potrebbe coincidere con uno stile di guida ancora troppo classico, oppure con una Yamaha capricciosa, pretenziosa. Una M1 che, per andare forte, richiede un unico, preciso, stile di guida. La risposta, forse, la conosceremo in Texas tra due settimane, se non addirittura a Jerez. Intanto, però, l’Argentina può rappresentare un importante iniezione di fiducia per Franco Morbidelli. E la fiducia, su due ruote, spesso significa tutto.