Appena qualche giorno fa, un caro amico motociclista raccontava che nell’officina di un vecchio meccanico Ducati in cui portava a sistemare la sua rossa c’era un cartello all’ingresso con una foto di Valentino Rossi e una scritta inequivocabile: “Se lo tifi, non entrare”. Già, perché è inutile starsi a negare che, dopo la burrascosa esperienza del 46 in sella alla Desmosedici, o eri ducatista o eri valentiniano. Sicuramente in maniera ingiusta, ma è stato così per tanti anni.
Chi conosce un po’ la storia recente delle corse in moto, quindi, è ben consapevole che in questo 2021 abbiamo assistito anche ad un altro mezzo miracolo sportivo: il riavvicinamento tra due simboli, Valentino Rossi e la Ducati, e due fazioni che mai avrebbero pensato di diventare quasi la stessa cosa. Un mezzo miracolo sportivo che ieri a Misano è culminato con una Desmosedici tutta gialla in cui campeggiava a caratteri cubitali la scritta “Grazie Vale” e che è stata portata in pista da Luca Marini, fratello proprio di Valentino Rossi e pilota del team che lo stesso Valentino Rossi farà proprio con Ducati dall’anno prossimo.
Viene da chiedersi cosa avrebbe pensato quel meccanico se avesse potuto assistere ad una scena così e se avesse potuto vedere il video, quello sì quasi da lacrime, in cui un fiume di uomini in rosso, con Dall’Igna, Ciabatti e Tardozzi in testa ha atteso ieri l’arrivo ai box del nove volte campione del mondo, per rendergli i giusti onori alla fine della sua ultima gara su asfalto italiano. Sta per accadere l’impensabile e ormai è anche piuttosto evidente perché, dopo esserci chiesti per anni chi avrebbe ereditato i tifosi di Valentino Rossi, stiamo per scoprire che non sarà un pilota a ereditarli, ma una moto. E quella moto è proprio l’odiata Ducati. S’è visto anche ieri in tribuna a Misano Adriatico, non solo grazie a Pecco Bagnaia che comunque è uno degli allievi diletti di Vale, ma anche con gli altri piloti della Rossa: l’urlo dispiaciuto quando è caduto Jack Miller e gli applausi e la gioia per il garone portato a termine da Enea Bastianini.
Per qualcuno sarà ancora una eresia il solo pensarlo, ma tutto il giallo che ha colorato il motomondiale in questi anni sta virando sul rosso e, ormai, è ben più che solo un’impressione. E, a pensarci bene, è anche la più logica delle evoluzioni, perché è vero che il motociclismo italiano sta esprimendo ottimi piloti, ma è altrettanto vero che nessuno di quelli oggi in griglia (non solo gli italiani) ha il carisma del 46 e, per ora, nemmeno il modo di essere in pista. Chi quel carisma ce l’ha è un marchio, che è italiano, che è relativamente piccolo al confronto dei colossi con cui si confronta e che puntualmente si presenta con spunti di creatività (anche se nel caso specifico si tratta di vere e proprie innovazioni tecniche) che hanno lo stesso sapore delle innovazioni portate in pista da Vale nel corso della sua lunghissima carriera: quella zampata diversa che, trascorsi a parte e vecchi rancori accantonati, che stanno per trasformare in sinonimi due contrari: Valentiniani e Ducatisti. Se poi dovesse accadere davvero che il 46 giallo tornerà sul cupolino di una Desmosedici, magari per un paio di wildcard come ha recentemente ipotizzato Alessio Salucci, allora ci sarebbe pure da impazzire!