Su Max Verstappen c'è sempre troppo poco da dire. Da quando non è più il ragazzino fuori dagli schemi appena arrivato in Formula 1, o il giovanissimo alla caccia del suo primo titolo, di lui si è smesso troppo spesso - semplicemente - di parlare. Del suo talento fuori dal comune, della capacità di massimizzare ogni risultato, della maturità in pista conquistata dopo il primo mondiale vinto su Lewis Hamilton in una stagione di incessante lotta psicologica. Di tante cose, che Max ha e che nessun altro oggi sembra avere come lui, non si parla più.
Perché è il campione, e questo è il destino di chi vive davanti a tutti gli altri. Verstappen che parte dalla pole, che gira subito più forte, che crea il vuoto e che va dritto verso la bandiera a scacchi. Ecco, di questo Verstappen non si parla mai. Così come negli anni d'oro di ogni campione, nei tanti periodi in cui la Formula 1 ha avuto un solo eroe a fare da dominatore per tutto il campionato, il silenzio fa parte del gioco.
L'olandese della Red Bull che parte davanti, dopo un weekend di grande concretezza con ottimi sabati in qualifica, e che alle sue spalle crea il vuoto. Max che supera e che rimonta, anche quando le cose per lui non sono andate nel migliore dei modi. Verstappen che, vada in un verso oppure nell'altro, riesce sempre a rimettersi davanti agli altri. Di lui si parla quando si arrabbia, innervosito con un team che gli sta regalando il sogno della vetta, o quando con quella grinta che non ha mai perso ci regala prestazioni ancora più alte, più belle, più grandiose.
E così, in un mondo dove un 25enne olandese ha già ottenuto due titoli mondiali e si sta andando velocemente a conquistare il terzo, finiamo per dare per scontata la sua presenta in pista. Come quella dell'epoca d'oro di Michael Schumacher in Ferrari, o quella di un giovane Sebastian Vettel sul tetto del mondo con la sua Red Bull, o la storia incredibile di Lewis Hamilton e della sua Mercedes. Li guardiamo, oggi come allora, scappare via dalle telecamere, preferendo lo spettacolo di piccoli colpi di scena alle loro spalle, godendo quando - di tanto in tanto - le carte in tavola cambiano.
Eppure la pole position di sabato a Montecarlo, fulcro assoluto del weekend nel Principato, ci ha ricordato ancora una volta perché Max Verstappen è il fenomeno di questa Formula 1. Perché è arrivato nella massima serie a 17 anni, perché ha sconvolto tutti, dai tifosi agli addetti ai lavori, perché anche se ci continua a sembrare un ragazzino appena entrato nel circus è oggi alla sua ottava stagione, perché - forte della sua posizione - non ha paura di schierarsi, di dire la sua, di prendere posizioni che sono spesso controcorrente, contro la FIA, contro la stessa Liberty Media.
E perché Max Verstappen è semplicemente un pilota straordinario. Sabato a Monaco è riuscito a strappare dalle mani di Fernando Alonso una pole position che sembrava già sua, ha toccato il muro più volte nel corso dell'ultimo giro, dando tutto e rischiando di buttare via ogni risultato, ed è stato perfetto. Troppo facile dire che anche in questo caso a supportarlo c'è stata una monoposto senza rivali, perché così non è. Le prestazioni del sabato nel Principato ci hanno dimostrato che almeno quattro scuderie potevano giocarsi la pole, ma che il talento del pilota - qui molto più che altrove - ha fatto la differenza.
Giù il cappello per Max Verstappen quindi, che di questa Formula 1 non è solo un protagonista silenzioso. Che c'è, c'è con il cuore e con la testa, e che quando si fa vedere non possiamo continuare a non parlare di lui.