Ogni tanto Max Verstappen si fa vedere umano. Seduto al simulatore, in diretta mentre corre per divertimento, non per lavoro, in un angolo di casa sua durante la lunga pausa dalla Formula 1 di questo mese. Da fuori campo si sente una voce, la cadenza di una bambina che cerca attenzioni: "Maaaax", chiama allungando la vocale, lamentandosi.
Poi arriva come un uragano, un uragano bianco e rosa che il prossimo luglio compierà quattro anni: Penelope, la figlia avuta dalla sua compagna Kelly Piquet e dall'ex Daniil Kvyat, non sente ragioni. "Arrivo P." prova dirle un paio di volte Verstappen, ma poi cede. Finisce la gara e saluta tutti: deve andare. Penelope per un po' diventa la protagonista della diretta, tirando i capelli al due volte campione del mondo, baciandolo sulla testa, portandogli un cuscino con disegnata sopra la sua faccia e salutando le persone collegate in streaming.
E ripreso da una webcam di bassa qualità, lui che da tutta la vita è circondato da telecamere, microfoni e televisioni, Max Verstappen ha un aspetto normale. Non è un bambino prodigio, non è un pilota duro, mai emotivo, non è "il cattivo" che tanto vogliamo disegnare in questa generazione di nuovi piloti. È un ragazzo giovane, di 25 anni, alle prese con una bambina che lo adora, che prova a giostrarsi tra le sue attenzioni e la voglia di svagarsi, giocare, correre.
Così quando arriva a Baku, a quasi un mese dall'ultima gara in Australia, lui: leader di un mondiale senza veri rivali, campione del mondo in carica, bellezza e disgrazia di questa Formula 1; non sorprende così tanto sentirlo parlare così.
“Mi piace correre, mi piace davvero. Mi piace vincere. So che, ovviamente, c'è un grande stipendio e tutto il resto e so di avere una bella vita. Ma è davvero una bella vita?". È una domanda senza risposta, a cui Max risponde ponendo un'altra domanda, quella che forse già da tempo sta ponendo a sé stesso: la mia è una bella vita?
Continua, spiegandosi: "Penso che a volte si arrivi a un punto della carriera in cui forse vorresti altre cose. Ho un contratto valido fino al 2028 ma se a un certo punto avrò la sensazione che stia diventando troppo, allora sarà tempo di cambiare. Posso capire che il mio discorso possa sembrare strano per le persone all'esterno, perché pensano che ho la fortuna di vincere in Formula 1. Ma una volta che ci sei dentro, la realtà non è sempre come sembra o come la gente possa pensare che sia la tua vita".
Sa di non essere capito, sa che in tanti traviseranno queste parole: Come si permette? Facciamo cambio se non gli piace più. Che vada a fare un lavoro vero. Lui non sa cosa sono i problemi, e via dicendo. Ma non è questo, il punto. Max spiega a modo suo, in poche parole con quel fare schivo a cui ci ha abituati, la più antica delle verità: non è oro tutto quello che luccica. Fare il pilota di Formula 1, come essere in tutti i cambi un atleta al massimo del livello, richiede una vita di sforzi, sacrifici e compromessi che solo pochi - pochissimi - sono disposti a fare. Non sarà "un lavoro vero", ma è un lavoro che iniziano a fare quando gli altri bambini giocano, vanno a scuola, e di pressione e competizione non sanno niente.
Se poi l'infanzia, l'adolescenza, e tutta la scalata verso la Formula 1 assomiglia alla sua - a quella che Verstappen ha vissuto accompagnato da un padre come Jos che lo tirato su senza troppe carezze e pacche sulle spalle, programmandolo per essere un campione, la fatica è doppia e il divertimento è la metà. Così mentre ad altri piloti in Formula 1 in faccia si legge l'ombra del sogno da realizzare, della passione smisurata e della consapevolezza del duro lavoro che li ha portati lì, in Max già si intravede l'ombra di chi ha fatto tanto, e immagina un mondo fuori dalle regole serrate della massima serie.
Che è giovane, è vero. Ma è in Formula 1 da quando aveva solo 17 anni, da ben otto stagioni, ed è alla rincorsa di qualcosa da quando ne ha ricordo. Forse continuerà per sempre, cresciuto nel segno dell'adrenalina e della competizione, due delle droghe peggiori. O forse no. Forse sceglierà di sperimentare altrove, magari nel WEC, tenendosi una porta aperta sulla velocità ma abbandonando quell'ossessione per la Formula 1 che da sempre gli riempie le ossa e i pensieri. Non giudichiamolo quindi, quando si chiede se questa vita, la sua vita, è davvero una bella vita. Perché sa quello che ha, Max Verstappen. Ma non sa quello che non ha avuto. E quando deciderà di andare a prenderselo sarà lui a sceglierlo. Lui e basta, forse per la prima volta.