I ragazzi del Team di Lucio Cecchinello sono tutti appesi al muretto box di Le Mans e guardano con gli occhi sbarrati l'uscita dell'ultima curva, pregando che da quel rampino a destra appaia intatta la sagoma di Johann Zarco. Nel box, incollati ad un paio di seggioline e con lo sguardo appiccicato al televisore, restano solo la mamma e il papà. Françoise ha le mani giunte e l'espressione pietrificata, Alain Zarco è sudato e, a intervalli regolari, rilascia nell'aria umida del Bugatti sospironi lunghi una vita. Hanno tutti una paura incommensurrabile che l'asfalto bagnaticcio ed infido possa sgretolare sul più bello un sogno paradisiaco, che pare cadere improvvisamente dal cielo.
Sì perché Johann in Francia, a casa sua, sfiorò la vittoria negli anni in cui fu campione del mondo Moto2 e poi, un altro paio di volte, ci andò vicinissimo in MotoGP. Sembra impossibile possa riuscirci adesso, a quasi 35 primavere, con una Honda clienti che non vince dal 2023 e che ha ingaggiato il pilota più anziano sulla griglia di partenza per accantonare la smania di risultati in favore di un graduale progetto di resurrezione tecnica. Invece è tutto vero; Johann al Raccordement stacca il braccio sinistro dal semimanubrio per salutare i centomila sulle tribune, esce dall'ultima curva a trenta all'ora e quasi si ferma sul traguardo. Ha venti secondi di vantaggio su Marc Marquez, ha vinto a Le Mans, davanti alla sua gente, nel tempio delle corse. Ancora non si rende conto di essere entrato in un lasso di tempo che gli resterà scolpito nell'anima, di aver varcato le soglie un pomeriggio che si inzuppa di una gioia incredula e che sarà il più indimenticabile della sua carriera sportiva, da molti già relegata sul fatidico viale del tramonto.

Comincia ad acquisire una minima consapevolezza di quello che ha fatto quando nel giro d'onore vede sui maxischermi il volto di papà Alain che si deforma in una risata enorme e paradossale, perché contiene un pianto che non esplode mai e al tempo stesso viene ingigantita dalla mancanza cinematografica di un dente: "Normalmente ha i denti mio padre - racconta Johann in conferenza stampa - ma proprio tre giorni prima del Gran Premio gli è caduto un dente che resisteva da ben 52 anni. Così mi ha detto 'cercherò di non sorridere troppo', ma oggi evidentemente non era possibile ". E poi viene inquadrata Françoise, già appoggiata alle transenne del parco chiuso, che aspetta il figlio stravolta nel viso, quasi frenata dal contraccolpo emotivo: "In 17 anni di gare non ho mai chiesto a mia mamma di venire, perché so che sta meglio a casa. Però questa volta le ho suggerito di esserci, perché pensavo sarebbe stato carino per lei vedere tutto questo pubblico, che cresce di anno in anno. I miei soffrono molto lo stress che si respira ai box, ma li ho convinti a venire. Sono così felice che abbiano visto tutto questo, la mia vittoria è solo la ciliegina sulla torta". Johann arriva, la abbraccia per prima, viene sommerso dalle mani dei meccanici che gli schiaffeggiano il casco. Se lo leva, lo appoggia sul serbatoio della Honda, poi scavalca il recinto del parc fermé e attraversa il rettilineo principale: la folla lo incita mentre lui si arrampica su una balaustra e si prepara a capovolgersi all'indietro, per riatterrare in perfetto equilibrio. È il backflip, firma d'autore di tutte le sue vittorie. Johann si ricorda ancora come si fa: "Ho tolto il casco apposta, perché quando in Moto2 lo eseguivo col casco addosso non sempre capivo dove stessi andando mentre ero in aria".
Forse era scritto da qualche parte che Johann, nell'unica volta in cui ha forzato sua madre ad abbandonare i rituali del salotto di casa per venire in pista, dovesse vincere. Lui che suona il pianoforte negli hotel delle gare intercontinentali, lui che si porta addosso quella scia affascinante del bohemien, del poeta tardo ottocentesco, artista benedetto dal talento e da un pubblico che gli ha sempre riconosciuto coerenza ed onestà intellettuale. Johann dice ciò che pensa, si comporta come vuole, e al diavolo le etichette. Mentre i piloti della MotoGP vengono accolti al giovedì da un tappeto rosso all'ingresso in circuito e da un contesto che richiede indirettamente di agghindarsi come per una sfilata di moda, Zarco smarmella davanti alle telecamere con il solito outfit: maglietta del Team LCR, pantaloncini corti, scarpe sportive.

Non vuole distinguersi dalla massa, non è succube di chissà quali vezzi anticonformistici o eccentrici: Johann quello che si sente, fa. Così la vittoria a Le Mans rispecchia pari pari la sua personalità, con la scelta di vestire gomme da bagnato mentre tutti sfilavano in corsia box a montare le slick, decisione che ha portato avanti con determinazione anche quando la pista si asciugava e la perturbazione che Lucio Cecchinello gli aveva mostrato sul radar prima della partenza sembrava non arrivare mai. Poi finalmente è tornata la pioggia e Zarco, dalle retrovie, dopo aver remato nel ghiaione per un contatto con Mir al via, si è ritrovato primo. Tanti pensavano che Marquez lo avrebbe rimontato, invece Johann gli rifilava un secondo al giro. Tanti pensavano che le sue gomme si sarebbero deteriorate fino alle tele, invece Johann più si avvicinava al traguardo e più batteva sul cronometro. Tanti pensavano che alle porte dei 35 anni non si sarebbe più rimesso a fare il backflip - una vecchia ragazzata - invece si è ribaltato come un circense consumato davanti al mondo intero. Ma la verità è che nella domenica di Le Mans, in cui le consuetudini di una corsa canonica sono state ribaltate come un calzino, non poteva che emergere il pilota abituato a nuotare controcorrente. Alla fine la Francia ha guardato suo figlio salire sul gradino più alto del podio e, insieme a lui, con tutta la forza residua, si è sfogata nell'ultimo verso della Marsigliese: "Abreuve nos sillons!". Annaffia i nostri campi. Le lacrime sgorgano, formano solchi sui volti, irrigano le terre. Johann Zarco ha fatto piangere tutti.
