Nel caos di una stagione che continua a moltiplicare le domande, e dividere le risposte, in Ungheria emerge ancora una volta la sola certezza di questo 2023, terra di mezzo di una Formula 1 in grande cambiamento: il dominio assoluto di sua maestà Max Verstappen. Arrivato nella massima serie poco più che bambino, a 17 anni tra i dubbi di chi non lo reputava pronto al grande passo, l'olandesino d'oro di papà Jos ha subito dimostrato il talento, la dedizione, e un carattere che forse mai abbiamo visto prima nel mondo dello sport e in quello del motorsport.
Max Verstappen che non si emoziona, Max Verstappen che sfida un sette volte campione del mondo alla ricerca del suo primo titolo iridato e non sbaglia, non arretra, non si fa mangiare dall'ansia di chi sa di poter dimostrare tutto. Max Verstappen che per diventare pilota, campione, è nato, e così è stato cresciuto. Dalle poche carezze di un padre che lo ha tirato su con l'obiettivo di vederlo arrivare lì dove lui, pilota di Formula 1 mediocre spesso dimenticato, non è riuscito ad arrivare.
Non sorprende quindi vederlo, al netto di chi la sua storia l'ha seguita, a 25 anni camminare senza rivali verso il terzo titolo mondiale. A rendere facile il suo successo è sicuramente l'accoppiata con una monoposto senza rivali, nel più classico dei connubi uomo-macchina che da sempre decreta le vittorie nel motorsport. Perché è facile dire "Max vince perché ha la macchina più forte", ma è più difficile pensare a chi non ha vinto con l'aiuto di una vettura competitiva in uno sport che di questo è fatto. E mentre il suo compagno di squadra Sergio Perez arranca, e su di lui si fanno sempre più vicine le voci di una sostituzione in perfetto stile Red Bull, Max concretizza tutto quello che ha.
Sbuffa, in conferenza stampa post qualifiche in Ungheria, per un secondo posto a tre millesimi da Lewis Hamilton che avrebbe fatto sorridere chiunque altro. Incrocia le braccia e si lamenta della stabilità della monoposto, dell'assetto, del nuovo format e delle gomme. Non va bene niente, per lui, quando lui non sta davanti a tutti gli altri. E allora la domenica sulla griglia di partenza tutti sperano che questa beffa del suo grande rivale lo abbia innervosito, che al via non sia perfetto così per cercare - almeno - di godere e goderci una domenica di azione. Ma, neanche a dirlo, Verstappen non ha paura. Non si preoccupa delle lamentele sulla noia, non guarda alle spalle i due talenti della McLaren che arrivano, non sente la tensione di un Lewis Hamilton che il giorno prima l'aveva avvisato: "Non lo lascerò passare, se potrò farò di tutto".
E va. Prende la prima posizione senza troppe difficoltà, gestisce, vince senza essere inquadrato mai. Seduto su 50 gradi di asfalto fa il lavoro di una domenica che assomiglia, per noi come per lui, a tutte le altre di questo 2023. Così lo guardi e pensi "che noia", invece di "che storia, che cosa incredibile a cui stiamo assistendo". Che noia perché tutti i domini sono stati odiati nel momento in cui sono stati vissuti, acclamati e rimpianti quando ricordati. Quello Ferrari di Michael Schumacher, quello di Sebastian Vettel in Red Bull, quello di Lewis Hamilton in Mercedes, solo per citare gli ultimi di una storia che di cicli è sempre stata fatta.
Così anche mentre guardiamo questo ragazzino assurdo andare a prendersi record e domini, pensiamo a una Formula 1 che ha perso qualcosa, ma forse quel qualcosa lo stiamo solo trovando. Finirà anche il suo, di ciclo di successi senza avversari. Finirà e lì capiremo di chi è Max Verstappen, l'olandese senza lacrime e senza paura. Il ragazzo nato e cresciuto per essere chi è diventato. Ma per ora non possiamo che lamentarci, di lui e di tutte le domeniche che si assomigliano in una terra di mezzo senza nemici.