Nelle ultime ore si parla solo di questo: Lewis Hamilton che infligge l'ultima umiliazione alla Ferrari. Perché un conto è batterla in pista, da quasi un decennio, e un altro è ripudiarla fuori.
A Maranello di una cosa sono certi: che la Ferrari vinca o perda, tutti ne vorranno sempre guidare una. Perché quando si vede il rosso, in Formula 1, si vede la storia. L'icona, il modello, il mito. E non sta ne in cielo ne in terra che una persona, un pilota, dica di non voler guidare una Ferrari.
Soprattutto se quel pilota i tifosi italiani lo amano e lo odiano insieme, grande ed eterno nemico di una Formula 1 che a causa sua della sua egemonia è diventata prevedibile. Ma, allo stesso tempo, toccato da un talento purissimo, innegabile, invidiato.
E chi non ci ha pensato, almeno una volta, a come gli sarebbe stata bene quella tuta rossa? Lui che un po' italiano nel carattere lo è, sanguigno, sentimentale, altalenante nei modi e negli ideali.
Ma oggi - con l'uscita della sua intervista da copertina sull'ultimo numero di GQ UK - Hamilton alla Ferrari ha detto l'ultimo, definitivo, no.
Ha parlato di dedizione alla Mercedes, con cui vorrebbe continuare un percorso anche dopo il proprio ritiro: "quando smetterò desidero aiutare la Mercedes a migliorare nel mondo là fuori. Produrranno sempre macchine bellissime, ma come possiamo diventare un settore con maggiore diversità?".
Non basta però questa spiegazione al britannico, che così lancia la stoccata alla rossa: "Penso che sia un team, oltre che un brand, incredibilmente iconico. Ma, negli anni in cui ho corso, ho visto delle cose che non ritengo rispecchino i miei valori e il mio approccio".
E qui, apriti cielo.
Hamilton non spiega, Lewis umilia. Il grande rifiuto alla Rossa di Maranello non passa attraverso la dedizione a un altro team, o a un elegante e sincero "resto in Mercedes perché qui posso vincere" ma il rifiuto prende la via morale.
Velato, senza andare a fondo nella spiegazione, Hamilton infligge il colpo finale a una scuderia che da anni viene umiliata dal suo talento e dalla sua egemonia.
Ma di quali valori parla l'inglese?
Vengono in mente le lotte sociali, la sua monoposto dipinta di nero, la stizza di Lewis al vedere i meccanici della rossa non inginocchiati per il minuto di silenzio in onore del BLM. Ma può essere solo questo? Hamilton dice no alla Ferrari perché la rossa mai e poi mai diventerebbe nera?
Negli anni il mancato accordo tra le due parti è sempre stato imputato a una questione di soldi: il contratto stellare del britannico è infatti di 47 milioni di euro a stagione, una cifra ben oltre gli standard recentemente imposti dalla scuderia italiana.
O forse la critica è più sottile, da cercare nel trattamento riservato al suo grande amico Sebastian Vettel, che lascia la Ferrari umiliato da una chiusura del contratto ben poco degna di un quattro volte campione del mondo come lui.
Forse non lo sapremo mai, ma di una cosa siamo sicuri: Lewis Hamilton ha di nuovo battuto la Rossa, e questa volta l'ha fatto usando le parole. Un sette volte campione del mondo di Formula 1 che guarda con ammirazione il mito ma dice: no, grazie. Vado per la mia strada, e mi tengo i miei valori (di qualsiasi cosa stia parlando).
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