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La gogna mediatica contro Bobbi e Valsecchi è l'ennesima prova che non abbiamo capito niente

  • di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

7 giugno 2023

La gogna mediatica contro Bobbi e Valsecchi è l'ennesima prova che non abbiamo capito niente
Non abbiamo capito niente del sessismo, del motorsport e del sessismo nel motorsport. Non abbiamo capito quali siano i veri problemi su cui soffermarci e perché l'ennesima shitstorm online non servirà, ancora una volta, proprio a niente. Questa è l'unica cosa che ci insegna il caso Bobbi-Valsecchi

di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

Partiamo dall'inizio. Domenica di gara, Barcellona. Circuito di Montmeló. Sky Sport F1 Italia è live con il tradizionale dopo gara: Davide Valsecchi e Federica Masolin sono nel paddock, inviati sul posto, mentre Matteo Bobbi è collegato da Milano in quello che ormai è il suo famoso "stanzino" del commento tecnico. La squadra è consolidata, lavora insieme da una decina d'anni. Piace, non piace, sicuramente funziona: le dinamiche sono chiare, i personaggi scelti da Sky per vivere questa Formula 1 - così sulla cresta dell'onda in questo periodo di grande successo - sono rodati. 

Matteo Bobbi è il tecnico: ex pilota con un occhio che vede lunghissimo su errori di piloti, novità portate in pista, scelte strategiche e dinamiche da box. È un gioiello per il team al commento, anche grazie al suo fare disinvolto, perfetto per la televisione. Negli anni ha conquistato il ruolo del festaiolo del gruppo, quello sempre al centro delle battute del paddock: "Ho sentito che Matteo è il king di Milano", ha detto recentemente scherzando in diretta il team principal della Mercedes Toto Wolff, chiedendo a Bobbi un invito per fare festa insieme. Riesce a dividere i ruoli, a divertirsi e far divertire ma a mantenere un livello di competenza tecnica sempre alto. 

Nel post gara di Barcellona, al centro di una discussione che da tutto il weekend di basa sugli aggiornamenti portati in pista da tutte le scuderie in gara, si lascia scappare una battuta: "Volevo dire a Davide che dietro di lui c'è un bel pacchetto di aggiornamenti, se ci gira". Alle spalle di Valsecchi due ragazze, inquadrate di schiena, entrano nell'inquadratura dal paddock e catturano l'attenzione degli spettatori. Davide Valsecchi, da sempre il più pronto alla battuta all'interno del team di Sky, risponde al volo: "Gli aggiornamenti già li conosco, purtroppo mi hanno detto che non si può testarli, io alzo le mani!".  

Presente, nel paddock accanto a Valsecchi, anche Federica Masolin, che alza gli occhi al cielo e prova ad alleggerire i toni: "Io chiedo asilo politico", dice. E' abituata, Federica, alle battute dei colleghi. Sui social sono centinaia, forse migliaia, i video che li ritraggono insieme negli anni nei momenti migliori di un duo che il pubblico adora proprio per la dinamica che sta alla base di questo rapporto: lui che esagera, che fa show e che spesso si pone davanti alla telecamere in un modo poco televisivo, lei che schiaccia sul freno, che lo sgrida, lo limita.

La battuta dura pochi secondi ma sono sufficienti a creare il caso. Il video diventa virale, iniziano a essere pubblicati i primi post polemici sui social, arrivano i primi articoli. Diventa trend e scoppia il caso: è la shitstorm del giorno, seguendo una logica a cui siamo ormai più che abituati. Migliaia di condivisioni, repliche, articoli e riprese. Si parla di sessismo, di doppi sensi volgari, di immoralità. Inizia a trapelare la notizia secondo cui Sky starebbe prendendo in considerazione l'idea di una sospensione, ad oggi non confermata o smentita, e d'obbligo sui social compaiono anche le scuse dei due diretti interessati: "Battuta riuscita malissimo" dicono, scusandosi con le donne, con Sky, con tutti quelli che si sono sentiti offesi.

Ma si può davvero parlare di sessismo? Ci si può davvero indignare così tanto, così velocemente, in dimensioni così grandi (ne hanno parlato tutti, dai giornali generalisti a La Zanzara) per una battuta del genere? Sì può, certo. Perché così è stato. Ma la verità è che questa è l'ennesima prova di una dinamica malata, insensata, che si concluderà tra pochi giorni grazie all'arrivo di un'altra polemica, nella nebbia delle migliaia di altre cose per cui sui social ci siamo indignati in passato e ancora ci indigneremo.

È il gioco della caccia al colpevole e questa volta è toccato a loro. Non è toccato a Toto Wolff quando, sempre in diretta, lo scorso anno guardò Federica Masolin - lì nel ruolo di giornalista, non certo di ombrellina chiamata a far bella presenza - e le disse sornione "Federica, sei spettacolare oggi". O non è toccato alla stessa Masolin e a tutto il team di Sky quando in più occasioni negli anni hanno preso in giro Valsecchi in diretta per il suo peso, il suo comportamento, il suo essere sempre un po' fuori fuoco. Non è la stessa cosa, certo, ma tutti questi atteggiamenti se decontestualizzati come fatto con il caso Bobbi-Valsecchi potrebbero essere criticati fino all'indignazione. Immaginiamo che una battuta sul peso fosse stata rivolta a una ragazza che cosa sarebbe successo.

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E se si vuole parlare di sessismo, soprattutto di sessismo nel mondo del motorsport, forse l'interesse dovrebbe essere posto un po' più in là. Non certo in un contesto come quello di Sky Sport che ha sempre premiato le donne, che le ha messe in risalto partendo dalle competenze e la passione, con due ottime inviate che da quasi un decennio fanno un lavoro di grande qualità come Federica Masolin e Mara Sangiorgio.

Se vogliamo parlare di sessismo nel motorsport parliamo allora delle tante ragazze che in pista, nel paddock e nelle squadre continuano a dover lottare più duramente degli uomini per arrivare al successo. Pilote che si sentono dire di dover sfruttare il "lato sexy" per avere più possibilità di sbarcare in Formula 1, ingegneri donne che devono dimostrare il doppio per avere la metà, che si sentono definire "mamme" o "mogli" prima di professioniste. Un mondo in cui fino a pochi anni fa vedeva il paddock pieno di ombrelline, letteralmente ragazze immagine pagate per mostrarsi, per riempiere gli sfondi, per essere fotografate. Ombrelline che ancora oggi sono protagoniste di altre categorie del motorsport e che sì, scelgono di fare questo lavoro, vengono pagate e si costruiscono un futuro partendo da questo, ma che allo stesso tempo danno all'ambiente un'immagine sicuramente antiquata e sì, anche sessista se vogliamo, dello sport.

Il battuta di Davide Valsecchi e Matteo Bobbi sarebbe quindi potuta essere l'occasione per un discorso serio sul ruolo delle donne nel mondo del motorsport, su un dialogo costruttivo su quanto ancora si possa fare, su quale sia il contesto giusto per fare un certo tipo di battute (Sky non è il luogo adatto? Ma allora perché i personaggi costruiti negli anni ne hanno tutte le caratteristiche?) o su come svecchiare un determinato tipo di narrazione che in questi anni ha comunque fatto, soprattutto in Formula 1, decine e decine di passi avanti. E invece no. È più facile puntare sull'attacco gratuito, sulla shitstorm di 24, massimo 48 ore. Sui commenti non certo edificanti di chi gioisce, spera in una sospensione, gode nel vedere gli altri scivolare, farsi male.

Non si vuole il confronto, non si vuole migliorare, si vuole solo attaccare. Prendere a calci l'ennesimo protagonista della giornata sbagliata, accusandolo di ogni male terreno. Senza farsi domande, senza sperare in qualcosa di meglio per tutti. L'ennesima prova che non abbiamo capito niente, degli errori degli altri e dei nostri, e di cosa fare per cercare di andare avanti partendo dagli sbagli, da cosa manca e da cosa ancora c'è da fare. 

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