Domenica a Phillip Island abbiamo visto una delle gare più belle della stagione. Dicono in telecronaca: pista bella, gare belle. Hanno ragione, neanche aerodinamica ed abbassatori hanno limitato la raffica di sorpassi che si sono consumati per i 27 giri della corsa.
È vero che il nuovo asfalto ha decisamente aumentato il degrado delle gomme - quindi il passo gara non è stato velocissimo, anche per via della pioggia nel warm up - ma gare così fanno bene allo sport e probabilmente anche ai piloti. Perché tra quei curvoni serve coraggio, manetta e anche un po’ di follia per buttarsi dentro percorrendo quella linea che altrimenti non faresti. Serve, insomma, ricordarsi di come si correva da bambini, senza telemetria e ingegneri a fianco, divertendosi. Per il resto le corse cambiano: c’è più tecnologia sulle moto e i distacchi sono minimi, motivo per cui per superare servono grande convinzione e pochissimi riguardi rispetto agli altri. Questo è sempre stato l’approccio di Marc Marquez alle corse, tutto o niente. Nei sorpassi, certo, ma anche nella maniera di affrontare il weekend, rischi e intuizioni comprese. Solo che adesso i piloti più giovani, quelli che hanno cominciato a correre in Moto3 quando lui vinceva i mondiali in MotoGP, l’hanno preso da esempio e di timore reverenziale non ne hanno neanche un po’.
Vent’anni fa era diverso, chi arrivava in 500 ci trovava “gli adulti” e doveva comportarsi in una certa maniera, con rispetto. Oggi invece, l’unica cosa che devi fare è convincere il mondo di essere più veloce degli altri prima che qualcuno ti sostituisca con un ragazzino pieno di talento. Domenica, quando Marc Marquez ha obliterato un paio di sorpassi alla sua maniera, si è trovato a fare i conti con una sorpresa: gli sono tornati indietro con gli interessi, specialmente da Jorge Martín che ha prodotto la stessa manovra (ti affianco, ti mando largo, tu chiudi il gas e io no) a cui è difficile rispondere.
Se vent’anni di Valentino Rossi in MotoGP hanno prodotto fenomeni come Marc Marquez, a sua volta Marc ha spostato l’asticella un po’ più in alto quando si tratta di aggressività in pista. E ora che pare sia tornato a riprendersi il trono abbandonato nel 2019 ci deve fare i conti. Non trova soltanto piloti come Quartararo e Bagnaia, velocissimi. Ci sono anche Martín, Bezzecchi, Bastianini, Binder, gente così. Piloti, insomma, a cui importa pochissimo del nome che hai scritto sulla tuta. Se possono passare, ci provano. Anche se ti chiami Marc Marquez.