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La Mercedes può davvero perdere.
Ma non in pista

  • di Diletta Colombo Diletta Colombo

10 agosto 2020

La Mercedes può davvero perdere. Ma non in pista
La Mercedes è la grande sconfitta dal Gran Premio del 70° Anniversario a Silverstone. Ma la corazzata tedesca, più che in pista, rischia di uscire perdente dalle lotte politiche che animano il dietro le quinte della F1

di Diletta Colombo Diletta Colombo

Delle gomme completamente sconquassate, con un blistering terrificante: bolle che affiorano sulla superficie delle coperture, tarpando le ali alla Regina Mercedes, che nel GP del 70° Anniversario è rimasta nuda. La fotografia di fine gara delle monoposto di Lewis Hamilton e Valtteri Bottas mostra apertamente il tallone d’Achille della corazzata delle Frecce nere, la gestione degli pneumatici. Gonfiati come dei palloni – definizione di Mister Hamilton, non nostra – per evitare i collassi di sette giorni fa, sono stati fagocitati dall’ingorda W11, troppo famelica per permettere ai piloti di tritare la concorrenza come al solito.

Così Max Verstappen si è involato verso una vittoria difficile da pronosticare alla vigilia. E per una volta è la Mercedes a doversi accontentare delle briciole. Perché qualsiasi risultato che non sia una doppietta è sotto le aspettative dello schiacciasassi Mercedes, bestia non paga che quest’anno avrebbe voluto vincerle tutte. E le espressioni funeree dei due piloti, ma anche del luciferino boss Toto Wolff, fanno capire quanto questa sconfitta bruci. Inaccettabile, per chi è abituato a veleggiare verso la vittoria con il minimo sforzo possibile. Ma il blistering delle gomme non è l’unica tensione che sta affiorando in superficie in questa Formula 1 inquieta.

Già, perché la Mercedes, trionfatrice assoluta dell’era dell’ibrido, sta per essere messa con le spalle al muro dagli intrighi di palazzo, che rischiano di diventare molto più avvincenti della lotta in pista. Lo strano caso della Racing Point RP20, uguale alla Mercedes W10 del 2019, comincia a mettere pressione a Wolff e agli altri papaveri della scuderia. La sentenza della FIA, che ha dato uno schiaffetto sulla mano al team della panterona rosa, con una multa e una decurtazione di punti irrisorie, ha finito per agitare gli animi dei rivali della Mercedes nel paddock. Perché la Stella a tre punte non è stata nemmeno toccata dalla decisione della Federazione.

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Ed era inevitabile che diversi team decidessero di presentare appello contro una sentenza che grazia la Mercedes nonostante sia stato effettivamente provato che la Racing Point non detiene la proprietà intellettuale dei condotti dei freni su cui la Renault ha furbescamente incentrato il suo reclamo. E nonostante sia stato comprovato il passaggio di un set di condotti dei freni dalla Mercedes alla Racing Point a gennaio, quando il componente era di fatto una parte elencata. Non solo: la Racing Point ha approfittato scientemente di una zona grigia, impiegando per la RP20 i progetti legittimamente ricevuti dalla Mercedes a fine 2018, quando i brake ducts non erano tra le parti elencate.

Solo la punta dell’iceberg, chiaramente: e il copiato è coinvolto tanto quanto chi copia. Per questo delle realtà storiche della Formula 1 - Ferrari, Renault, Williams e McLaren - hanno deciso di schierarsi apertamente contro la Racing Point, e indirettamente anche contrapporsi alla Mercedes, la cui ombra si allunga su quello che a tutti gli effetti appare come un vero e proprio team satellite.  L’oggetto del contendere in questa guerra dei cloni non è solo il concetto stesso di scuderia cliente, ma anche il futuro della F1. Perché oltre al giochino del copia e incolla sospetto sul tavolo c’è qualcosa di ancora più succoso: il nuovo Patto della Concordia, che deciderà il volto della F1 di domani.

La Mercedes è l’unico team a non voler firmare la bozza, e i ben informati parlano di un motivo preciso. Economico, naturalmente. La dominatrice degli ultimi sei anni in F1 non gradisce affatto il lauto bonus che la Ferrari percepisce ogni anno in quanto team storico. Ma anche il diritto di veto della Rossa è un nodo assai spinoso. E la Mercedes, da brava diva capricciosa, minaccia l’uscita dalle scene, convinta di essere indispensabile per la Formula 1. Peccato che gli altri team, inaciditi da anni di superiorità insolente da parte della Mercedes, stiano facendo fronte comune contro l’ape regina della F1.

Nel paddock si intensifica il chiacchiericcio tra i capoccia dei vari team, con nemici che si uniscono per fronteggiare il comune rivale supremo. Un odio condiviso che avvicina anche soggetti che non potevano nemmeno stare nella stessa stanza, come il boss della Renault, Cyril Abiteboul, e quello della Red Bull, Chris Horner. Le vecchie acredini sopiscono, lasciando lo spazio al fiele nei confronti della Mercedes, vista come un veleno che sta corrodendo le fondamenta della F1. Un clima esplosivo, fatto di dichiarazioni di intenti e di rivali che si prendono vicendevolmente le misure come dei serpenti pronti ad inghiottire la preda in un colpo solo. E questa sì che è una lotta da cui la Mercedes può uscire sconfitta.

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