È proprio vero che a certe cose non credi fin quando non le vedi. Marc Marquez due mesi fa a Valencia era già salito su una Ducati, sì, ma l'aveva fatto adoperando i suoi colori, i suoi simboli, la sua formica atomica stilizzata, e il colpo d'occhio era stato graduale, dolce, per certi versi ordinario. Adesso sui social circolano video di lui che - operato quattro volte all'omero, diverse volte alla spalla e una volta di sindrome compartimentale - si diverte come un matto durante un padel con amici. Girano foto di un Marc in formissima, con quel vecchio sorriso da conquistador, con quel ghigno diabolico che si posa prima sui cimeli intrisi di amore e di passione del museo Gresini Racing, poi sui reperti di lusso del museo Ducati. Fa impressione imbattersi nell'immagine di Marquez in sella alla Desmosedici numero 65 che fu di Loris Capirossi, vedere un avversario che abbiamo sempre immaginato appartenere a mondi lontanissimi così liberamente padrone della nostra terra, delle nostre tradizioni, della nostra storia. L'altro ieri era a Faenza, ieri a Borgo Panigale, stasera punterà dritto verso la Riviera. L'obiettivo è la piramide del Cocoricò, per concludere con la dovuta filosofia l'avanzata nella nostra Motorvalley. Perché poi, sfondare dalle parti di Cattolica, Tavullia, Pesaro, sarà molto più difficile.
Il fatto è che, oltre ad impressionare, vedere un otto volte campione del mondo talmente coinvolto e a suo agio tra i corridoi di casa nostra, genera anche una buona dose di orgoglio. Per questo il mondo della MotoGP, i giornalisti, le televisioni, gli appassionati, gli scettici, i convinti, restano a guardare incuriositi, ansiosi di scoprire quale sarà il prossimo passo. Con il Team Gresini Racing, oggi, comincia il valzer delle presentazioni ufficiali per il 2024: il paddock è ancora avvolto nella bambagia, si coccola nella sensazione strisciante e sempre più netta che qualcosa di grande - di epocale - stia per colpire e stravolgere il motociclismo e lo sport in generale. Si sta aprendo una nuova era e, siccome da marzo il fracasso delle gare e il turbinio degli eventi saranno di difficile gestione, ora ci si vuole gustare ogni attimo di un'ascesa, di un climax, di un'avanscoperta, che può ancora essere assaporata senza freni. In modo sfrenato, è saltata la copertura di Marc Marquez e Ducati: il 93 a Borgo Panigale sembra tutto fuorché un pilota di un team clienti disinteressato alle selle di Pecco Bagnaia ed Enea Bastianini. Ultimamente si parla solo dello spagnolo e della Ducati, che non si discosta, che per fortuna non prende posizioni formali, burocratiche e irreprensibili. Anzi, lascia spazio all'immaginazione e libertà d'azione a Marquez. Borgo Panigale resta, come tutti, ad osservare reazioni ed effetti scaturiti dalle mosse del 93.
Marc che, specchio della sua potenza, sa aizzare tumulti anche quando non si muove. Alla festa Ducati di Casalecchio del Reno, prima di Natale, il pubblico rosso lo ha pesantemente fischiato. È bastato che il presentatore dell'evento pronunciasse il suo nome. Fischi di paura? In parte sì. Come se parte dell'Italia delle corse temesse di vedersi costretta a cambiare opinione su Marquez. È chiaro che la sfida di Marc, oltre a tornare a divertirsi e a vincere dopo le sofferenze degli ultimi anni in Honda, è quella di provare a conquistare lentamente un pubblico che altrimenti avrebbe continuato a fischiarlo fino al ritiro. Un pubblico che adesso deve porsi il beneficio del dubbio: "Sarò davvero pronto a fischiare Marquez quando vincerà in maniera seriale, con Gresini, con i colori Ducati addosso, dopo tutto quello che ha passato?". E chissà che Marc, invecchiando, ammorbidendo certi lati della sua personalità con un tocco di autoironia, non diventi più simpatico anche ai suoi detrattori più austeri e antichi, come accade ai campioni divisivi nelle fasi finali della carriera. Perché Marquez ha detto che, se non dovesse essere competitivo con la Desmosedici del Team Gresini, potrebbe anche decidere di smettere. Nel caso vincesse, invece, si prenderebbe la Ducati. E, forse, anche quell'Italia delle corse che si era promessa di non perdonarlo.