“È chiaramente visibile anche dall'on board della partenza che per Vinales non è stato un problema di moto, lì è mancata aggressività. Sembra avere paura quando è in mezzo agli altri, non riuscire ad esprimersi. Deve riuscire a migliorare ma questo è un qualcosa su cui non è che ci puoi lavorare sopra, perché non è ripetibile al di fuori delle gare. Deve riuscire a fare quel clic mentale che lo porti ad attaccare e non a difendersi quando si trova in mezzo al gruppo". È questo quello che ha detto ieri, al termine del GP di Catalunya, Marco Melandri, uno che adesso fa il commentatore in tv, ma che di esperienza in pista ne ha maturata un bel po’ nella sua carriera. Una carriera che, soprattutto nel finale, lo ha visto spesso battagliare proprio nel mucchio. Ossia non tra i primissimi. Abbiamo riportato la dichiarazione, abbiamo detto di chi è la paternità di queste parole, ma abbiamo omesso di dire, invece, a chi si riferiva Marco Melandri. Ma è facile e chiunque segue la MotoGP avrà certamente già capito che l’argomento è Maverick Vinales.
Primo senza appello a Misano, nel Gran Premio dell’Emilia Romagna, e desaparecido al Montmelò, nel Gran Premio di Catalunya. Una prestazione, la sua, che ancora una volta ha risvegliato la sensazione che Maverick Vinales sia condannato alla non costanza. Quasi un dato di fatto, ormai, che rischia pure di costargli un mondiale che comunque lo vede ancora tra i favoriti. Ma il punto, almeno a sentire in giro, è un altro: quello che Vinales dice. Ieri, dopo la gara, le sue parole sono state molto pesanti verso Yamaha e appare molto strano che l’azienda incassi in questo modo le affermazioni del pilota. “Potevo anche non esserci oggi – ha detto – quando non riesco a portarmi avanti mi ritrovo a lottare dietro e con questa moto è impossibile pensare di sorpassare. L’unica possibilità che ho di fare bene con questa moto è partire davanti e restarci”. Ora, di piloti che si lamentano del mezzo ce ne sono stati parecchi e ce ne saranno sempre, soprattutto in casa Yamaha, ma la situazione di Vinales sta diventando decisamente paradossale. Anche perché l’azienda di Iwata ha fortemente investito su di lui, esponendosi anche nell’operazione che ha portato Valentino Rossi in Petronas con evidenti pericoli in termini di marketing (al di là dei risultati sportivi). In KTM, quando un certo Joahnn Zarco disse cose molto simili riferendosi alla moto, l’evoluzione non fu delle migliori.
A questo si aggiunge che recentemente un mostro sacro del motociclismo, come Ramon Forcada, non ha esitato a far notare che Maverick Vinales mancasse di umiltà. Non lo ha detto esplicitamente, ma lo ha fatto ponendo piuttosto l’accento su quanto siano capaci di umiltà gli altri piloti e, in particolare, Franco Morbidelli con cui ora lavora. Forcada e Vinales, è noto, non si erano separati nel migliore dei modi e viene da chiedersi a questo punto, se tra il pilota spagnolo e l’intero ambiente Yamaha non si sia creato un clima poco produttivo. Non è un segreto, infatti, che gli ingegneri di Iwata sono piuttosto scettici sulle sensazioni dei piloti e che talvolta si sono mostrati chiusi ad eventuali modifiche da loro suggerite perché magari non erano supportate da riscontri oggettivi di numeri e dati. Non sappiamo, effettivamente, se Vinales manchi di umiltà, ma dopo le parole di ieri (per carità, dettate dalla delusione) ci è venuto il serio sospetto che a mancargli sia quantomeno la diplomazia. Un sospetto che si era fatto già più fitto la scorsa settimana, quando Vinales, ospite ad una trasmissione televisiva, ha dichiarato di essere terrorizzato dall’andare in moto in strada e, quindi, dal non volerne neanche sapere di salire in sella fuori dai circuiti sin da quando aveva 14 anni. Insomma, non una gran dichiarazione per uno che in qualche modo ha anche il ruolo di chi, vincendo, dovrebbe farle vendere le moto. Se ora, come sembra sostenere Melandri, la paura non è più solo ad andarci in strada, ma anche a ritrovarcisi nel mezzo del mucchio in pista, la faccenda comincia farsi decisamente complessa.