La notizia è che Cristian Totti ha deciso di smettere di giocare a calcio, a 19 anni. Nel pieno della sua vita di uomo e calciatore, al momento di fare il salto con i “grandi” dopo anni di settore giovanile nella Roma e una breve esperienza nel Rayo Vallecano. Un percorso veloce, sotto gli occhi di tutti e sempre accompagnato dall’ombra di un papà che in campo è stato troppo forte per provare a emularlo.
Probabilmente è stata questa la scintilla che poi, nel tempo, ha prodotto la decisione di riporre il pallone e le scarpe con i tacchetti nell’armadio. Cristian non era così bravo come l’opinione pubblica voleva che fosse e tentava di raccontare. Necessario ammetterlo.
Fin da bambino per ogni passaggio o tiro in porta giusto, si sperava ricominciasse una seconda storia del Pupone. Si narrava che quella numero 10 giallorossa potesse passare come un testimone, di padre in figlio. Ma la realtà, con lo scorrere del tempo, si è mostrata diversa, in tutta la sua (a volte) anche feroce sincerità: Cristian era un ragazzo come tanti altri che iniziano a giocare a calcio, qualche buon colpo, ma evidentemente senza quel talento che gli avrebbe potuto permettere di raggiungere i massimi livelli di questo sport.

C’è da analizzarlo e spiegarlo bene, perché non è un peccato mortale non essere fuoriclasse come il padre. Ed è quasi sempre così, se escludiamo qualche esempio. Di figli d’arte ce ne sono pochi, potremmo citare i fratelli Thuram primo e secondo genito di Lilian, ex campione del mondo con la Francia, Federico Chiesa, i due Simeone, Daniel Maldini, addirittura nipote di Cesare e figlio di Paolo, Haaland. E poi? Tanti ragazzi che ci provano e poi si perdono per strada, scegliendo un futuro lontano dai campi di calcio. Spesso perché non si è all’altezza di diventare professionisti. Si è semplicemente scarsi. Intorno a Cristian però c’è un immaginario diverso e non si può dire, un errore mortale. Ci si gira intorno nell’ambiguità, ma così i riflettori puntati alimentano dicerie e gossip che poi finiscono per armare i peggiori haters del web come quando un anno fa, quando in campo con la maglia dell’Olbia in serie D, pur avendo un fisico normale di un ragazzo della sua età che pratica sport, il brusio della gente sui social andò a colpirlo sulla linea, dicendo anche con aggettivi poco educati, che era grasso. Giudizi che fecero perdere la pazienza anche a papà Francesco e che definì “vergognosì” chiedendo di lasciar vivere i sogni a un ragazzo appena maggiorenne. Ma non sarà stato questo a farlo smettere
L’ultimo allenatore di Cristian, l’ex portiere della nazionale di calcio campione del mondo del 2006, Marco Amelia è dispiaciuto della sua decisione di mollare: “Ho sempre creduto in lui – ha dichiarato in una recente intervista -. L’ho voluto ad Olbia perché lo consideravo un giocatore dalle grandi capacità in quella categoria, la serie D. Un centrocampista capace di impostare il gioco, leggere tra le linee difensive, creare, ma allo stesso tempo anche bravo nel recupero in fase di non possesso. Per me avrebbe avuto davanti una buonissima carriera da giocatore di Serie C e serie B”.
Serie C e B che, se sei il figlio di Totti e la gente si aspetta di il nuovo Pupone con la 10 sulle spalle, è troppo poco. Poco per un ragazzo che dopo le giovanili della Roma ha sempre fatto fatica a mettersi in mostra. Allora meglio uscire dal campo e dedicarsi ancora al calcio, ma da una nuova prospettiva. Cristian è infatti entrato a far parte della Totti Soccer School, accademia fondata dal padre e gestita dallo zio Riccardo dove si formano nuovi talenti. Qui probabilmente potrà lavorare senza che nessuno gli chieda di diventare il numero uno.
