Anche Marco Melandri è stato intervistato in RiVale, il documentario sugli acerrimi nemici di Valentino Rossi. Il pilota di Ravenna ha raccontato del suo rapporto con il Dottore, soprattutto in pista. Arrivato nel massimo momento di forma di Vale, per lui non è stato affatto semplice battagliare con lui soprattutto per un aspetto in particolare: “Dentro di me credevo di batterlo e l’ho fatto in diverse gare, altre non ci sono riuscito. Però ce la siamo sempre giocata e gli ho reso la vita davvero dura – ha detto - Quello che non ho mai digerito bene è essere sempre messo a confronto con lui. Era una cosa che non cercavo ed era un peso”. Dagli esordi in 250 dove ha preso il suo posto fino alla MotoGP dove il nove volte campione del mondo era inarrestabile, non è stata facile la vita in pista di Melandri: “Quando sono arrivato in Aprilia 250 presi il suo posto nella stessa squadra, avevo necessità molto diverse però ragionavano come se fossi Valentino Rossi. Non aveva la forza mentale e di volontà per impormi e ho fatto tanta fatica – ha continuato - Ho cercato di andare troppo spesso oltre i miei limiti cadendo forte e facendomi male. Nei miei anni migliori in MotoGp lui era quello da battere e non sono riuscito a farlo perché nel 2005 ha vinto il campionato e io arrivai secondo”.
Nonostante la seconda piazza nella classifica mondiale, Marco Melandri si è però tolto una bella soddisfazione. Quella di strappare un record che avrebbe consacrato Valentino come il più grande di sempre: “Le prime due gare che vinsi in Turchia e a Valencia (2005) era le ultime di un anno in cui lui poteva diventare il pilota con più vittorie in una sola stagione – sottolinea – Diciamo che ho fermato quello che poteva essere il più grande di tutti i tempi. Era fermo a 11 e mancavano le ultime due, con 13 avrebbe superato Agostini ma le vinsi io entrambe”.
Tra forza e debolezza altrui, Marco Melandri si è allineato con i RiVali del Dottore sostenendo che la sua più grande qualità era proprio quella mentale: “Per chi correva contro di lui era difficile perché qualsiasi cosa facesse di sbagliato c’era un motivo buono per scusarlo o dargli una motivazione – aggiunge Macio - Chiunque lo sfidasse o facesse qualcosa fuori dalle righe era sempre attaccato e messo in croce. La sua forza è stata quella di attaccare mentalmente gli avversari e quando lo faceva era una dote, mentre quando provavano a farlo gli altri erano aggressivi. Si è creata una diversità di percezione della personalità di piloti”.
E anche se “Due volte si è giocato il Mondiale all’ultima gara (2006 e 2015) e due volte lo ha perso”, Vale resta comunque una leggenda. Ma se un giorno squillasse il telefono per una gara al Ranch? “Sicuramente se mi dovesse chiamare Valentino ci andrei a bere una birra rispetto a farci una gara – scherza Melandri - Ci sarà motivo di ritrovarsi e ripercorrere anche quei momenti dove non siamo andati d’amore e d’accordo”.