Ci sono gol come quello di Maradona contro l’Inghilterra che ce li ricordiamo per l’estro con cui vengono segnati. Rovesciate, colpi di tacco, otto avversari saltati e punizioni. Belli, bellissimi per carità. Poi però ci sono quelli che ti insegnano e ti scoraggiano, che dici vabbè lo faccio pure io, lo riguardi e ci ripensi. Come quello di Marco Van Basten. Puliti, dolci, delicati, candidi. Aggiungete qualsiasi parola vi ricordi un qualcosa di soffice e va bene. Boh, cuscino, marshmallow, quello che vi pare. Trentatrè anni dalla rete del Cigno di Utrecht contro l’URSS. Come gli anni di Cristo. Un cross lungo e a tratti sbilenco diventato un assist storico, la palla che attraversa tutta l’area di rigore e arriva troppo esterna per gli umani. Peccato che quel nove si chiami Marco Van Basten. La guarda, la studia, sa già cosa fare. Piccoli passi, uno, due, tre. I passi accelerano, la palla cade e tac. Quello non era un tiro al volo, era una carezza. E il pallone quando sa che gli vuoi bene ti segue, va dove vuoi. E infatti si incrociò dalla parte opposta con una parabola disegnata da Dio. Boh, cioè cosa devi dire? Gli pseudo-attaccanti di adesso dovrebbero vederlo tutti i giorni per tre volte. Colazione, pranzo e cena. Tipo una pasticca. Trentatré anni fa un gol di Cristo segnato da Dio reincarnato in un Cigno. Che bella coincidenza. Quello fu il giorno dove il Cigno cantò davvero. Segna, sorride e alza le braccia, o meglio spiega le ali. Perché Marco Van Basten a calcio non ci giocava.
Marco Van Basten, 33 anni fa: adesso possiamo chiamarlo il gol di Cristo
Il Cigno di Utrecht sapeva render facili le cose difficili. Come questa rete contro l'URSS agli Europei del 1988. La rete di Marco Van Basten è una lezione gratuita per gli pseudo attaccanti di adesso. Una carezza al pallone che si infila all'incrocio dei pali opposto. La traiettoria che sembrava telecomandata da Dio e le braccia spiegate come ali nell'esultare. Ma pur sempre si parla di un Cigno che quel giorno cantò davvero
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