Le Nike ai piedi, il calzino bianco che spunta dai jeans, il sorriso rilassato riservato alla famiglia, agli amici, quasi sempre nascosto nei weekend di gara nel carrozzone della Formula 1. L’aria seria, austera, negli anni è valsa a quel ragazzo la fama del “Kaiser”, il tedesco programmato per la vittoria, per il lavoro, per il successo a qualunque costo.
Quanto fosse diverso dall’apparenza, dall’agonismo e la foga mostrata in pista, lo sapeva bene chi con lui ha avuto l’occasione di avere a che fare. Dagli uomini dei box, di cui conosceva compleanni, nomi dei figli, gusti e stranezze, alle persone lontane dai flash della Formula 1, quelle della vita vera, mai raggiunta da fotografi e giornalisti.
La vita fatta di Nike ai piedi e pomeriggi passati a giocare con bambini biondissimi, come in una fotografia di fine anni 90. Il tedesco al centro, due bambini biondissimi in braccio. Potrebbero essere i suoi figli, Gina e Mick, ma uno dei due, quello che ribelle non guarda la macchina fotografica, all’obbiettivo restituisce un broncio inconfondibile.
Uno sguardo mai cambiato negli anni, figlio di un atteggiamento, un’indole dell’essere, che forse già possedeva su quell’amaca, in quel pomeriggio di fine anni 90. Tra le braccia di quello che ancora non era un sette volte campione del mondo di Formula 1, c’è un bambino che nell’anno in cui Lewis Hamilton avrebbe potuto battere il record del Kaiser dei sette titoli mondiali, ha strappato la vittoria all’ultimo giro dell’ultima gara del campionato, vincendo il suo primo mondiale: Max Verstappen.
Se le fotografie fossero fatte di emozioni questa probabilmente sarebbe fatta quasi completamente di malinconia, il sentimento che da otto anni inghiotte ogni cosa sia appartenuta al Michael Schumacher che ricordiamo, e non a quello che da qualche parte - protetto e nascosto dalla sua famiglia - vive ancora oggi.
E la malinconia è più forte che mai nel giorno del suo 53esimo compleanno, mentre il mondo fuori dalla finestra della sua stanza festeggia il pilota, il talento, il lavoro e la dedizione di un uomo che non assomiglia più, al Kaiser che ricordiamo.