Palalido di Milano, ore 19:03, ingresso di via Cremosano. Va in scena la Milano Boxing Night di DAZN, Matchroom e OPI. Assisterò al mio primo evento sportivo live da più di un anno a questa parte. La pandemia ha fatto saltare tutti gli schemi.
“Sei un pugile?”
Eh?
Il tipo della security mi guarda. È una branda cattiva che mi fissa con occhi da assassino.
“Sei un pugile o no?”
“No, sono un giornalista, magari fossi un pugile”.
“Oh, io chiedo e basta, è il mio lavoro!” mi fa scontroso.
Me ne vado sorridendo da sotto la mascherina.
L’Allianz Cloud-Palalido è tutto illuminato a festa. Misurazione temperatura, rilascio accrediti, pinguini della security che mi indicano dove scendere.
L’impatto iniziale è da togliere il fiato. Il ring che troneggia al centro del parterre, luci come fossimo agli Oscar di Hollywood, tende nere eleganti, maxischermo che proietta i nomi dei pugili. Mi sento come quando entrai all’Old Trafford per la prima volta, nel 2016, per la storica partita Manchester United vs Leicester City, che consegnò la Premier ai boys di Ranieri. Sento la stessa potenza dell’ambiente.
Mi accoglie Alessandro Cherchi, uno dei boss di OPI since ’82.
“Guarda che posto c’avete stasera!” e mi fa sedere praticamente a bordo ring.
La Milano Boxing Night è l’evento più importante di boxe che abbiamo in Italia. C’è la diretta di DAZN, ci sono pugili di livello, titoli internazionali in palio. Il clou sarà Scardina contro Nunez per il titolo europeo dei supermedi, una cintura di prestigio, ma ogni match sarà uno show.
Seduto nella zona dello staff operativo c’è David Diamante, l’iconico presentatore delle migliori serate del pugilato contemporaneo. Diamante ha dei rasta enormi, è di Brooklyn, ha una parlata pesa come solo quella newyorkese sa esserlo. Mi guardo intorno. L’adrenalina dei pugili negli spogliatoi arriva fin qui al settore della stampa. Incrocio Niccolò Pavesi, ormai la voce della boxe italiana insieme ad Alessandro Duran. Nicco è un grande, le sue analisi son sempre precise e quando lo ascolto in diretta DAZN si percepisce la sua eccitazione per questo sport.
“Spiace che a una serata così non ci sia il pubblico, perché davvero è una bella riunione, ma speriamo che sia di buon auspicio per il futuro...” mi fa Niccolò.
Gli chiedo se vedremo qualche bel kappaò da antologia.
“Natalizi è una garanzia, parla poco e picchia tanto, ma secondo me da tenere d’occhio c’è Esposito contro Loriga. Non hanno la mano pesante, ma sono entrambi due guerrieri!”.
Vado a sedermi. Davanti a me una platea di addetti ai lavori DOC: giudici della FPI (Federazione Pugilistica Italiana), degli enti come l’EBU e l’IBF. Si respira aria di internazionalità.
Tre gong. Ci siamo!
“Signore e signore, buonasera e benvenuti a Milano, Lombardia, Italia…” esordisce Diamante con la sua voce profonda “from the four corners of the ring, to the four corners of the world, let’s get ready for the show!”.
Entrano i primi due pugili, La Femina e Pablo Navarez. Vincenzo La Femina, from Pagani, ha delle treccine in stile Snoop Dogg, è scanzonato, irride Navarez invitandolo alla battaglia, ma schiva e rientra. Riesco a vedere persino le gocce di sudore che scorrono sui volti dei pugili. È molto divertente stare a bordo ring, riesci a sentire tutte le sfumature discorsive, le bestemmie, gli incitamenti.
“Va’, va’!” dicono dall’angolo di La Femina “mitt’ a man’ ‘nnanz! È inutile ca faje ‘o girotuond!”
“Ma digli di mettere ‘sto cazzo di destro!” dice qualcuno alle mie spalle.
Vince La Femina per decisione unanime, dopo 6 round di dominio.
Tra un match e l’altro si socializza, distanziati e tutto. Si parla, si ipotizza, si sognano dream match internazionali. I giudici sono dei cyborg, immobili e glaciali.
“Scardina deve rilanciarsi, questa è la serata buona e l’avversario buono, deve metterlo KO” è uno dei pareri più concreti. Staremo a vedere.
Intanto, è Natalizi che segna un KO alla quarta ripresa contro Teffahi, belga ex campione internazionale silver WBC. Fa paura vedere gli occhi di un uomo che si spengono davanti a te. Natalizi è entrato con un gancio destro alla distanza, che scuote la mandibola di Teffahi. Sto proprio all’angolo dove il belga va a terra. È una sensazione allucinante, ti fa percepire la potenza che può avere un uomo.
Dopo Mirko Natalizi iniziano i match titolati. Nicholas Esposito “GoodBoy” contro Tobia Loriga. Titolo italiano pesi welter. Penso che essere, o diventare, campioni della propria nazione, sia sempre un motivo di orgoglio. Sei il miglior uomo nella tua categoria di peso. In tutto lo stivale.
Esposito entra con 90min di applausi di Salmo in sottofondo. Fende l’aria come una tigre. Loriga è in vestaglia rossoblù crotonese. David Diamante declama il cv dei due fighter. Annuncerebbe con enfasi anche una televendita di scatole in polistirolo, ti fa venire la pelle d’oca.
Sono dieci riprese di battaglia dura. Durissima. Dal primo round giocano a carte scoperte. Le prime riprese Loriga riesce anche a prendere il tempo, a colpire ed uscire dal piano d’azione di Esposito, ma col passare dei minuti Esposito cresce, incrocia bene il jab e soprattutto atterra con dei colpi potenti e puliti. Piccola parentesi: Loriga è campione in carica, ha 43 anni, non accenna ad avere mancanze di fiato. Incassa, si chiude, colpisce. Un highlander. Sembra una macelleria messicana il loro incontro. Petto a petto, corpo a corpo. Vince Esposito ai punti. Verdetto onesto. È il nuovo campione italiano dei pesi welter, ha un bel futuro davanti a sé.
Ogni tanto, quando le urla si placano e gli angoli dei fighter osservano senza commentare l’azione, riesco a sentire la voce esaltata di Duran e Pavesi assiepati in tribuna. È straniante, perché dovrebbero esserci 3mila persone qui dentro a coprire ogni suono. Invece, i colpi dei pugili sono secchi. Il suono di un diretto destro al volto è come quello di un’ascia che spacca un tronco di legno. Potenza e paura.
Le facce iniziano a contrarsi, specie per lo staff di OPI. Manca un match al main event, al ritorno di Daniele Scardina sul ring. Tanto è stato investito su di lui, ci sono aspettative alte.
Ma prima c’è Prodan vs Cristofori, e si arriva alla 10 ripresa anche qui. Cristofori stava dominando il match, teneva bene alla distanza Prodan. Sì, c’è stato un atterramento nel quarto round da parte di Prodan, ma non basterebbe a dargli il match vinto. Il condizionale è d’obbligo, perché a centoventi secondi dalla fine dell’ultimo round, Prodan entra con un sinistro potente e Cristofori resta fermo sulle gambe. Non si capisce bene che cosa succeda. Va alle corde, Cristofori, e prende un altro paio di ganci al volto, guardia abbassata. L’arbitro interrompe l’incontro per TKO. L’angolo di Cristofori reagisce malissimo. Non accettano l’interruzione dell’arbitro. Dicono che Cristofori era reattivo. Comunque sia, quel che è fatto è fatto: Prodan mantiene la sua cintura IBF. E a dirla tutta, Cristofori era bello annebbiato, quindi meglio così.
Vado alla ricerca di un bagno. Non so come ma mi ritrovo in una stanza attigua a quella dell’angolo di Cristofori. Sento le urla indemoniate del suo maestro.
“Ma perché hai fatto quella cazzata! Ti ammazzerei guarda, ti ammazzerei! Hai gettato nel cesso una cintura per una puttanata!”
“Che ci fai qua? Chi sei?” mi fanno due armadi bodyguard.
Metto le mani avanti, cincischio qualcosa, me ne scappo nel mio reame in tribuna stampa.
Ripenso alla faccia di Cristofori quando l’arbitro ha alzato le braccia di Prodan. Era completamente abbattuto. Nella boxe la sconfitta è terrificante. Gli occhi di chi ha perso sono devastanti. Anche perché nella boxe sei tu che sali sul ring, non puoi incolpare la tifoseria o un compagno di squadra per il fallimento. Grava tutto sulle tue spalle.
L’ingresso di Daniele è salutato dai presenti con un sonoro ruggito. Scardina in un certo senso è il volto del pugilato italiano, al momento. Ha notorietà, ha avuto i titoli, è glamour. Oggi, con la vittoria del titolo europeo, potrebbe fare un altro step verso il sogno proibito: un titolo mondiale.
Cesar Nunez, detto BAM BAM, non è un journeyman, un mestierante della boxe. Ha combattuto contro Feigenbutz e recentemente contro Edgar Berlanga, un prospect mostruoso, uno da 16 incontri, 16 KO, tutti al primo round. Insomma, Nunez vuole il titolo tanto quanto Scardina.
“Vai Daniele!”
“Daje Bro!”
“TORETTO TORETTO!”
Le prime riprese sono strane. Daniele sembra contratto. Incassa colpi che normalmente schiverebbe, non riesce ad essere incisivo. Noi della stampa ci guardiamo, facce cupe. Ad un certo punto, al quarto round, King Toretto prende due colpi tosti, li sente. Se continua così, sarà difficile battere Nunez ai punti. Daniele sembra cercare conforto nel pubblico, si guarda intorno, gli applausi crescono per incoraggiarlo. Dal quinto gong Scardina cresce. Lavora bene col jab, inchioda Nunez diverse volte.
“Dai cazzo Dani!” si sente la voce di Alessandro Cherchi.
Il coach di Daniele, l’italoamericano Dino Spencer di Corleone, gli dice di lavorare al corpo.
“wooork the booody!”.
E poi la botta.
Dieci secondi alla fine dell’ottava ripresa, Daniele scarica quattro diretti destri di fila. Nunez crolla. Il ragazzo di Rozzano lo inchioda e scarica colpi a ripetizione. Nunez cade al tappeto. L’arbitro agita le braccia. È TKO!
Tutti scattiamo in piedi, esultiamo, se potessimo ci abbracceremmo. Daniele si inginocchia e alza le braccia al cielo.
“Dai cazzo anche se siamo pochi facciam casino!” urla Scardina.
Foto di rito, cerimonia con la cintura, e le luci sulla Milano Boxing Night si spengono.
Restiamo a complimentarci coi combattenti. Loriga, che ha appena perso il titolo italiano, se ne sta appoggiato a una balaustra a parlare con Alessandro Cherchi.
“Ho perso ma è stato un grande evento, forse il punteggio era un po’ largo, meritavo di più. Ma davvero, grande riunione,” e si rivolge ad Alessandro “vorrei avervi incontrato vent’anni fa!”.
Saluti, chiacchiere, e sfollo nella notte milanese a bordo di un taxi. La città mai l’ho vista così vuota.
Cosa resta, dopo cinque match, cinque ore di montanti, di nasi piegati, di guanti impregnati di sudore? Tutto, resta. Non è uno sport da affrontare con superficialità, che tu sia fruitore, manager o atleta. Ripenso alle facce di chi ha perso, alla maniacalità delle diete per rientrare nel peso, alle ore di tecnica in palestra che tutti i ragazzi saliti sul ring avranno affrontato per un’ora di azione. E non c’è nessuna via d’uscita, o è onore e gloria o sconfitta. Penso che il parallelo tra motociclismo e boxe sia che i pugili, come i piloti, vivono di adrenalina e di rischio, devono salire sul ring consapevoli di tutto, in controllo massimo della situazione. Non possono tralasciare nessun dettaglio. Non sali sul ring e ci provi. Sali sul ring e combatti. Combatti, e basta.