Per Giancarlo Minardi, fondatore del team Minardi e oggi presidente del CdA che gestisce l'autodromo Enzo e Dino Ferrari, Imola è casa. Metaforicamente, luogo di mille avventure e culla della passione per i motori, ma in un certo senso anche letteralmente: "Io vivo a 14 chilometri dall'ingresso principale dell'autodromo".
Per lui, e per tutto l'ambiente legato alla Motor Valley, riavere la Formula 1 a Imola rappresenta il simbolo di una concreta speranza per il futuro. La seconda tappa italiana dopo Monza, inserita dal circus a causa dei cambi nel calendario ufficiale dovuti alla pandemia, piace a tifosi e piloti, che vorrebbero correre tornare a correre in Emilia Romagna anche nei prossimi anni.
E Minardi, intervistato da Tutto Sport in occasione del fine settimana di gara, spera che il sogno possa realizzarsi: "Questo territorio crede nelle corse e nella loro ricaduta economica. Si pensa al futuro, al dopo pandemia, vedo grande concordia istituzionale".
L'ex patron della Minardi crede nel valore della Motor Valley e nella bellezza della storica pista: "Penso che ai piloti piaccia la complessità del tracciato, i saliscendi, la varietà delle curve. E' molto tecnico".
E poi c'è l'Emilia Romagna, culla dei motori italiani: "Qui abbiamo tutto - spiega Minardi - abbiamo le migliori case automobilistiche e motociclistiche, abbiamo un asso da giocare con la tradizione culinaria, senza parlare del turismo, visto che dal mare alla collina ai monumenti, vantiamo bellezze uniche".
Imola ha tutto, ogni carta in regola necessaria per giocarsi un posto nel calendario ufficiale della Formula 1 post-pandemia. Ma il tracciato italiano porta inevitabilmente con sé anche la malinconia di una tragedia indimenticata e indimenticabile: quella del weekend nero del motorsport, nel 1994.
Un giorno che Minardi ricorda come il peggiore della sua carriera: "In quel tragico giorno io persi un caro amico. Il mio rapporto con Senna non era solo tra colleghi, lui pilota e io team manager, eravamo davvero legati . Senza contare che noi, come squadra, abbiamo avuto un incidente quando Alboreto - che correva per me insieme a Martini - perse una ruota che colpì alcuni meccanici di altre squadre. Fu tutto molto duro, anche gestire la gara nascondendo la verità ai miei piloti, benché io fossi stato informato subito dopo l'incidente delle reali condizioni di Ayrton. Poi ricordo i giorni successivi, quelli del dolore. Furono davvero durissimi. Una tragedia che fa male ancora adesso".