È pronto a combattere, Jannik Sinner. Lo ha detto lui stesso, dopo la vittoria clamorosa contro Alexander Zverev a Roland Garros. Lui che è nato nel 2001, lui che ha lo sguardo beffardo dei suoi diciannove anni, lui che si prepara a sfidare il Re della terra rossa, Rafael Nadal, proprio sulla terra rossa più sacra del mondo, quella di Parigi. Aver battuto Zverev - settimo nel ranking ATP mondiale - a uno come Sinner non basta. Non basta essere entrato nella storia, aver battuto record dopo record e aver saltato le tappe imposte di una carriera già brillante come la sua, a lui i quarti non bastano.
Così combatterà. Come ha detto. Anche se dall’altra parte del campo ci sarà uno come Nadal, che nel tennis contemporaneo fa parte della trinità sacra composta da lui, Federer e Djokovic. Uno che già è quasi impossibile da battere ma che, sulla terra rossa di Parigi, è addirittura impensabile avvicinare.
Ma Sinner ha 19 anni, le divinità non gli fanno paura. Perché anche se perderà - com’è molto probabile che accada - comunque avrà vinto. È il più giovane italiano di sempre ai quarti di uno Slam, con margine sui quasi 21 anni dal secondo, è il secondo più giovane nei quarti di un major (dietro soltanto a un certo Djokovic), è il più giovane nel top 100 del ranking mondiale e presto il suo posto sarà tra le stelle della top 10.
Per l’Italia è una manna dal cielo - lui come Sonego, Musetti, Berrettini, Mager - simboli di un tennis che sta rinascendo. Astri nuovi di uno sport che nel nostro paese era affidato ai rovesci di pochi, ormai non più giovanissimi, tennisti super conosciuti. Non si può vivere di un eterno Fabio Fognini, delle sue stranezze che vengono a patti con un talento purissimo, mai davvero concretizzato.
E allora ci affidiamo a loro, alla meglio gioventù di una generazione che non ha paura degli dei. Sinner che li guida, gli occhi alti e un dritto che farebbe paura a chiunque, con la consapevolezza di avere ancora tutto da dimostrare.
Altoatesino, sciatore prima di essere tennista, a 13 anni è un campioncino dello slalom gigante. Ma il tennis vince su tutto, come ogni passione nella vita. E da hobby diventa lavoro molto prima che i suoi coetanei sappiano cosa significhi impegnarsi, rinunciare, cambiare e qualche volta anche soffrire per la propria passione. Lascia il liceo e debutta nel tennis professionistico nel dicembre 2015. Aveva solo 14 anni.
Tutto prima, tutto subito, tutto bene. Anche quando perde, anche quando sbaglia, Sinner incanta. È il suo gioco - pulito come quello di un Federer acerbo ma a tratti muscoloso come quello di un Djokovic maturo - ma è anche la sua personalità, il suo stare in campo. Deve crescere tanto, come ogni diciannovenne che inciampa cercando la propria strada, ma la sua faccia pulita non può trarre in inganno. Sa il fatto suo, senza esagerare, e alla sua età il mix delle due cose è fondamentale. Se poi ci si aggiunge una dose di talento puro, cristallino, allora il gioco è fatto.
Anche se contro Nadal non vincerà, anche se sbaglierà tutto mille e mille volte ancora. In lui c'è la speranza di un decennio, di uno sport, di un cambio generazionale. E allora chissenefrega delle divinità, se c'è da combattere Jannik Sinner non si tira indietro. A cominciare da domani.