La notizia, dapprima anticipata dal collega Paolo Ianieri sulla Gazzetta dello Sport, è stata confermata in tempi piuttosto brevi da Dorna: a partire dal GP delle Americhe ad Austin, Manuel Arroyo (ex direttore Marketing della MotoGP) verrà sostituito da Dan Rossomondo, uomo chiave nella gestione economica e promozionale dell’NBA che, nello specifico, entra nel motomondiale come “Capo dei diritti media, delle partnership commerciali globali e dei team relativi ai business digitali, contribuendo a incrementare la crescita costante della MotoGP in termini di immagine, audience e ricavi economici”, o almeno questo è quanto esposto da un comunicato stampa pubblicato da Dorna. Per capire quanto, come e soprattutto in cosa potrebbe cambiare la MotoGP nei prossimi anni abbiamo passato una buona mezz’ora al telefono con Stefano Fassone: esperto di comunicazione, fondatore di Spin-To, docente dello IED di Torino nonché grande appassionato di motori, NBA e MotoGP. Poteva essere un'intervista, un’imboccata o qualsiasi altra cosa pensiate facciano i giornalisti quando parlano con un esperto, invece è stata una lunga e piacevole chiacchierata al telefono tra appassionati per cercare di capire, con un po' di buonsenso, cosa succederà alla MotoGP ora che Carmelo Ezpeleta ha deciso di affidarla ad un americano proveniente dalla National Basket League.
Partiamo dai fatti: dopo aver seguito l’impronta data da Liberty Media alla Formula 1 tra documentari, gare sprint, parate e altre vicissitudini per i piloti, Dorna ha fatto un passo verso la F1 anche in termini culturali mettendosi nelle mani di un americano, il che ci porta ad un’altra riflessione fondamentale. L'NBA è tra gli sport che generano i maggiori introiti economici del pianeta e porta ad un enorme coinvolgimento del pubblico, ben più del calcio in Europa. Chiaramente alcuni aspetti che caratterizzano il campionato potranno essere adattati alla MotoGP, o quantomeno fungere da ispirazione, mentre altri (come ad esempio la frequenza degli appuntamenti) sono semplicemente intraducibili in un contesto come quello del motomondiale. Ma adesso andiamo con ordine.
L’exploit della NBA: come ha fatto a ritagliarsi questo spazio nel mondo?
In NBA c’è un prima e un dopo David Stern, il Commissioner (ruolo che in MotoGP è affidato a Carmelo Ezpeleta, per capirci) che è stato in sella dal 1984 - l’anno prima del draft di un certo Michael Jeffery Jordan - e ha cavalcato quell'onda fino al 2014., per trent'anni. Da lì la gestione l’ha presa in mano il suo vice, che si chiama Adam Silver, un tipo un po’ sinistro su cui i media statunitensi amano ricamare. L’NBA di oggi gode ancora delle visioni di David Stern, che ha preso in mano la gestione di questa lega nel momento peggiore: agli inizi degli anni Novanta la lega era in crollo vertiginoso, non la guardava più nessuno ed era pieno di droga, sesso e giocatori ingestibili, mezzi delinquenti. Stern ha trasformato l’NBA in un fenomeno mondiale, complice anche l’astro nascente di Michael Jordan. Al tempo c’era la sfida tra Magic Johnson e Larry Bird, e Stern ha avuto la grande abilità di sfruttare queste rivalità per far crescere lo sport, cosa che anche la MotoGP ha saputo fare in passato con Valentino Rossi. Ad oggi tuttavia l'NBA spinge moltissimo sull'entertainment: oltre a portare alcune partite di regular season in Europa e Cina, costruisce una serie infinita di eventi collaterali prima, dopo e durante l'evento, in modo da rendere per tutti quella che tecnicamente sarebbe "solo" una partita di basket. Così ai palazzetti trovi gente che ignora i nomi dei giocatori, ma si siede comunque sul proprio sgabellino - pagando cifre altissime per il biglietto - con l'obiettivo di gustarsi lo show.
Ad ogni modo, l’NBA ha avuto per anni un grosso problema riscontrabile nella durata delle dirette. Con tutte le interruzioni una partita (che durerebbe 48 minuti) si arriva praticamente alle tre ore, e per quanto tu possa essere appassionato ad un certo punto l’attenzione cala. Così gli addetti al marketing lavorando a tutta una serie di metodi per accorciare le partite. Non in diretta, ma con una serie di highlights che vanno dai 3 ai 50 minuti a seconda del tempo che puoi dedicarci. Fanno un enorme lavoro in post produzione per limare tutti i momenti morti. In sintesi, il business dell'NBA va ben oltre alla partita, che in parte funge soltanto da espediente per tutta una serie di attività collaterali. Lavorare in questa direzione sulla MotoGP porterebbe sicuramente dei vantaggi, ma resta il rischio di ritrovarsi con gli stessi problemi della Formula 1, dove il fattore spettacolo ha ampiamente surclassato quello sportivo e chi guarda le gare non ne ha sempre chiare le dinamiche.
In cosa Dorna potrebbe (o dovrebbe) imparare dall'NBA?
Partiamo delle differenze: in NBA ogni anno ci sono 82 partite per squadra per un totale di 30 squadre, a cui si aggiunge una fase play-off che comincerà tra qualche settimana. Parliamo di una partita ogni due giorni, motivo per cui è difficile anche per un appassionato guardarsi tutte le partite della sua squadra del cuore. La grande svolta in questo senso è stata l’app dell’NBA, il cosiddetto League Pass. In quel caso oltre alla possibilità di fruire delle partite in maniera condensata attraverso gli highlights ti viene restituita un’esperienza decisamente più immersiva. Non solo puoi controllare le statistiche - gli americani ne vanno pazzi, ce n'è una per qualunque cosa - puoi anche comprarti il merchandising ufficiale, i biglietti, cose così. Per capire che la MotoGP di Carmelo Ezpeleta si ispira da tempo all'NBA basta fare un salto sul sito MotoGP.com, dove esistono il Videopass (per vedere gare e contenuti esclusivi) e una sezione dedicata al merchandising.
1 - Il politically correct: in MotoGP il pilota è uno str***o da invidiare, in NBA sei una divinità
L’NBA ha avuto per anni il problema contrario alla MotoGP di oggi, dove i piloti non riescono ad esprimersi come vorrebbro per paura delle ripercussioni con Case e sponsor: i giocatori parlano anche troppo. E questo succede perché, se per arrivare ad un buon livello un pilota emergente ha bisogno di mezzi economici non esattamente alla portata di tutti, la pallacanestro può essere praticata da chiunque a costo zero, e così ai massimi livelli arrivano anche atleti cresciuti in assoluta povertà e senza istruzione. In NBA giocano alcuni soggetti che andavano ad allenamento con le pistole. Recentemente Ja Morant (uno dei giovani talenti più quotati del circuito) è stato visto in diretta Instagram ubriaco a mostrare la pistola in una situazione da ghetto e pare che abbia picchiato un ragazzino mentre si trovava in uno strip club con un buon numero di prostitute. Lui aveva appena firmato un contratto milionario con Nike e, in quel caso, la lega è dovuta intervenire e l’ha sospeso per qualche giornata. L’NBA in tutto questo riesce a punire il giocatore e allo stesso tempo a cavalcare mediaticamente il personaggio, perché queste cose creano un racconto attorno al gioco. Ai giocatori NBA che arrivano dal draft viene fatto un corso su come gestirsi tra fama, soldi e donne. È ovvio che Bagnaia non può andare in conferenza stampa col ferro, ma la MotoGP dovrà trovare il modo di lasciare un po' andare i suoi piloti, anche a costo di mediare con gli sponsor: organizzare loro feste, serate, eventi.
2 - Un punto fondamentale dell'NBA? È una players league e il peso degli atleti all’interno del campionato è enorme
L’NBA come la Dorna è un’organizzazione privata, ma da Jordan in poi il ruolo dei giocatori è diventato sempre più importante. Se LeBron James andasse da Adam Silver (l'attuale Commissioner dell'NBA) dicendogli che “82 partite hanno stufato, rischio di farmi male e ne voglio massimo 70”, Adam Silver si troverebbe in difficoltà. La verità è che alcuni giocatori sono veramente importanti in termini di peso politico, così se un fuoriclasse vuole cambiare squadra le squadre si trovano obbligate ad organizzare degli scambi, a muovere il mercato. In MotoGP questa cosa è impossibile. C’è una distribuzione completamente diversa tra le moto vincenti - in questo momento Ducati e Aprilia - e i piloti migliori, tra cui figurano anche Marc Marquez e Fabio Quartararo: fossero cestisti, avrebbero preteso (e probabilmente ottenuto) una Desmosedici in tempi record. Ad esempio, in questi giorni l’associazione dei giocatori NBA ha rivisto il proprio contratto con la lega, perché gli atleti hanno una sorta di contratto collettivo e così, periodicamente, si mettono al tavolo - rappresentanti dei giocatori e gestori del campionato - e rivedono i regolamenti. Parlano di soldi, di bonus e via dicendo. Gli atleti hanno un peso decisionale spaventoso. Per dirne una, con questo sistema la sprint race in MotoGP avrebbe avuto tutt'altra genesi e probabilmente la cosa si sarebbe conclusa con un nulla di fatto.
3 - La regola del draft
Tutti gli anni, dalle università e dalle superiori l'NBA stila alcune classifiche sui nuovi giocatori, sia americani che europei, componendo una classifica dei più forti. A questo punto alle squadre peggiori dell’ultimo anno, tramite un calcolo molto complicato, vengono affidati gli atleti più promettenti che per quattro anni vengono pagati pochissimo. Poi c’è da dire che in NBA non si scambiano i giocatori, ma i contratti: Marc Marquez non potresti scambiarlo con un Augusto Fernandez, perché in NBA esiste il Salary Cap, una spesa che le squadre devono cercare di non superare. Se vai oltre, e di tanto in tanto succede, vieni massacrato di tasse che finiscono per essere ridistribuite su altre squadre. Dunque è come se oggi Pedro Acosta potesse metterlo sotto contratto esclusivamente Honda, e con un contratto di cinque anni, in questo modo col tempo si aprirebbe un nuovo ciclo. Se poi Ducati investisse molto in ricerca e sviluppo, Dorna tasserebbe la squadra con cifre astronomiche e parte dei proventi andrebbero agli altri team per riequilibrare le forze in gioco. Così ogni in cinque anni le squadre cambiano in maniera netta, al punto che all'inizio di ogni campionato NBA è molto difficile individuare quelle che saranno le quattro finaliste. Nella MotoGP di oggi invece è più facile fare previsioni.