Darryn Binder ha, per l’ennesima volta, messo in atto una manovra vergognosa nel momento peggiore: Dennis Foggia si è giocato così la possibilità di lottare per il titolo della Moto3, titolo prontamente vinto da Pedro Acosta poche curve più avanti. Il prossimo anno oltretutto (non Acosta e nemmeno Foggia, Binder) sarà in MotoGP. Ne avevamo parlato con Livio Suppo in tempi non sospetti, chiedendo - a lui che ha portato Jack Miller a fare lo stesso salto - se mettere il sudafricano su di una MotoGP non fosse un problema per la sicurezza. Ci aveva risposto che più che per la sicurezza, il problema era di prestazioni.
Ad ogni modo la manovra del sudafricano è stata brutta, scorretta e fuori da ogni logica. Tuttavia se c’è qualcosa di altrettanto brutto, scorretto e fuori da ogni logica è il mare di commenti riversati sull’ultimo post Instagram di Darryn Binder. La shitstorm, ma chiamiamola pure in italiano, la tempesta di merda, è stata talmente violenta da costringere il pilota del Team Petronas a limitare i commenti al suo post. Gli insulti sono stati tantissimi. Dai più articolati “Sei un criminale” a “Che disastro che sei!!!” fino a “Coglione” (questo scritto nelle più svariate maniere), per poi passare ai vari “Merda”, “Pezzo di merda” e la crasi “Coglione di merda”, a cui si aggiunge chi si è limitato a riempire i commenti con la faccia del clown.
Ora, ci teniamo a puntualizzarlo, questa non è carità cristiana, perbenismo o un abbraccio al politicamente corretto. Anzi. E no, non abbiamo scoperto oggi che sui social, spesso e volentieri, funziona così. Questo però non significa che sia giusto farlo o sbagliato parlarne.
Punto primo, nel merito: chiedetevi chi siete voi per attaccare ferocemente Darryn Binder e provate a darvi una risposta. Chi ha diritto di esprimersi (e di cui abbiamo riportato il pensiero qui) lo ha fatto per lavoro, che fosse quello di vincere un mondiale come nel caso del Team Leopard o semplicemente la necessità di rispondere alle domande dei giornalisti come hanno fatto i piloti. Diversamente, chi ha scritto così sotto al suo post non ha nemmeno un profilo verificato, il che quantomeno significa che non è un pilota della MotoGP. Non corre in moto, non sa cosa significhi trovarsi all’ultimo giro di una gara con il podio ad un paio di metri. Ma soprattutto, chi ha vissuto un’esperienza simile non ha certo scelto di comunicare in questo modo. Nessuno, nemmeno Dennis Foggia. Cosa sapete di questo pilota, bollato come il fratello più aggressivo e meno talentuoso, che si trova tra le mani l’opportunità di salire senza meriti sportivi in MotoGP? Niente.
Punto secondo, nei modi: chi l’ha attaccato davanti alle telecamere ha fatto bene, perché parla con cognizione di causa nel luogo giusto per farlo. Non ha preso il cellulare in mano, dal divano di casa in una domenica pomeriggio, per insultare un ragazzo di 24 anni a tre nazioni di distanza. Accanirsi in gruppo contro una persona mai vista, di cui non si sa praticamente nulla è da vigliacchi e basta, è bullismo da scuola elementare. La prossima volta fate così, scrivete sul vostro profilo un post pieno d’indignazione contro un pilota della Moto3, vedrete che a nessuno fregherà nulla né di Darryn Binder né della vostra opinione in merito. A lui però, tutta questa cattiveria avrà tolto il sonno. Se questo era l’obiettivo - fargliela pagare per il bene dello sport - come mai nessuno vi sta ringraziando?
Binder è andato a scusarsi subito e ha fatto bene. Così come hanno fatto bene in Leopard a mandarlo via, qualsiasi altra soluzione sarebbe sembrata una farsa. Ha fatto bene anche la Dorna a squalificarlo, anche se per coerenza con la penalità inflitta a Deniz Oncu avrebbero dovuto impedirgli di correre a Valencia. Ma vanno perdonati, nessuno è perfetto: anche a chi lo insulta avrebbero dovuto togliere i social, invece è già in attesa del prossimo atleta con cui prendersela.