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Paratici più di Mattarella.
Lo strano caso di un leader preterintenzionale

  • di Pippo Russo Pippo Russo

6 dicembre 2020

Paratici più di Mattarella. Lo strano caso di un leader preterintenzionale
In attesa di capire se sia o meno più famoso del capo dello stato – come sostenevano all’università di Perugia – e se abbia compiuto qualche illecito nell’esame di italiano del calciatore Luís Suarez, possiamo dire con certezza che Fabio Paratici non è certo Luciano Moggi. Ma temiamo che lui non riuscirebbe a decidere se si tratti di un elogio o di una diminutio

di Pippo Russo Pippo Russo

“Quello lì è più famoso di Mattarella”. In fondo basterebbe questa frase, pronunciata dal direttore generale dell'Università per stranieri di Perugia, a spiegare quanto la vicenda dell'esame d'italiano sostenuto da Luís Suarez sia emblematica dello stato morale e civile della nazione. Perché “quello lì” è Fabio Paratici, CFO (acronimo che per l'inglesorum del linguaggio da scuole di management sta per Chief Football Officer) della Juventus. Personaggio molto in vista, per carità. E che durante questi giorni si trova in vista anche di più. Ma da qui a dire che sia più famoso del capo dello stato, per quanto diritto all'enfasi si possa concedere ai dialoganti perugini intercettati, ci corre parecchio. E però i tempi sono questi. Sicché potrebbe capitare che se un CFO della Juventus tenesse il Discorso di Capodanno, magari l'indomani i bar sarebbero costretti a rinunciare al festivo per offrire sfogatoio all'impellente chiacchiera popolare. Figurarsi che il “famoso nostro” ha persino rischiato d'essere mandato a quel paese dall'interlocutore perugino, perché questi era convinto d'essere vittima di uno scherzo telefonico al pari delle suore di quello sperduto convento quando ricevettero in segreteria telefonica il messaggio di Papa Francesco.

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Paratici e Ronaldo

E tuttavia, preso atto dell'esagerazione, rimane l'interrogativo: ma davvero 'sto Fabio Paratici è una tale celebrità? Ci siamo persi qualcosa? Di sicuro l'uomo è tosto. Ex calciatore di Serie C, ha saputo darsi da dirigente una seconda vita nel calcio nettamente migliore di quella agonistica. Iniziata come numero 2 di Beppe Marotta ai tempi della Sampdoria e proseguita da numero primo grazie a quel passaggio cruciale dell'estate 2018: l'arrivo di Cristiano Ronaldo, da lui sponsorizzato intanto che il suo ex mentore mostrava perplessità sull'affare. È stato lì che la coppia Marotta&Paratici ha cominciato a scoppiare. Con grave problema dei cronisti di calciomercato, che ormai non riuscivano a distinguere l'uno dall'altro né a pronunciarli separatamente. Pare che a Tuttosport abbiano dovuto cambiare il font. Ma cosa ne è stato di Paratici dopo la separazione? Diciamo che non è andata come lui per primo si sarebbe aspettato. Perché essere dei bravissimi numeri 2 non comporta trovarsi pronti per un ruolo da numeri 1. Sicché il dirigente che da delfino era stato un abile uomo mercato si è trovato a nuotare in un mare troppo grande. Il mercato preterintenzionale della prima stagione condotta da capo di se stesso non è stato bel vedere. E quanto all'ultimo, in piena austerity da Covid, merita le attenuanti generiche e nulla più.

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Suarez e l'esame di italiano a Perugia

Però, quanto a coltivarsi le amicizie, ha un talento formidabile. Lo abbiamo scoperto giusto in queste ore grazie alla testimonianza della titolare del dicastero alle Infrastrutture e ai Trasporti, Paola De Micheli. Che di Paratici afferma di essere amica d'infanzia, lei piacentina di città e lui di provincia (Borgonovo Val Tidone). Su chi dei due sia più famoso, inutile stare a perdere tempo. Per sua stessa ammissione De Micheli, durante i giorni che hanno preceduto il cosiddetto esame d'italiano sostenuto da Suarez a Perugia, si è limitata a mettere in contatto il dirigente bianconero col capo di gabinetto del ministero dell'Interno, Bruno Frattasi, perché venisse fornito un chiarimento in materia di procedure. E se per ottenere un'informazione reperibile comodamente via internet vengono mobilitati una ministra e un capo di gabinetto, che male c'è? In fondo, come si suol dire, lei chiedeva per un amico. Ciò che lo stesso Paratici ha ribadito parlando dopo il derby torinese ai microfoni di Sky. Accolto da uno studio agguerritissimo e spietato con l'ostile coro “Ciao Fabio”, egli ha affermato che rifarebbe tutto. Una frase sempre impegnativa da pronunciare, tanto più che la lista degli antecedenti è lunga e si rischia di non ritrovarsi in buona compagnia. Per dire, una ricerca Google lanciata col parametro “rifarei tutto” durante la stesura di questo articolo genera un risultato che (Paratici a parte) fa saltare in testa la dichiarazione del presidente della Regione Lombardia, datata 22 aprile 2020: “Coronavirus – Fontana, le critiche? Rifarei tutto”.

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Il ministro Paola De Micheli

C'è di buono, per lui, che la Juventus non gli sta facendo mancare l'appoggio. Anzi, la società chiede pure di fare presto. Nella nota stampa pubblicata la sera del 4 dicembre dal sito web ufficiale è stato annunciato che il CFO è indagato “esclusivamente” per ipotesi relative all'articolo 371 bis del Codice Penale. Cioè “false dichiarazioni al pubblico ministero”. Esclusivamente. Inoltre, la Juventus ha affermato che “confida” nel fatto che le indagini possano chiarire la posizione di Paratici “in tempi ragionevoli”. Non esattamente quelli che sono stati necessari a Suarez per superare l'esame di italiano livello B1, ma insomma. Però la prescia è comprensibile. Perché non è bello l'effetto che per l'immagine del CFO viene generato da questa vicenda. In questo senso, ci sentiremmo di contrastare la marea montante del danno all'immagine e dire a chiare lettere che Fabio Paratici non è certo Luciano Moggi. Ma temiamo che il CFO non riuscirebbe a decidere se si tratti di un elogio o di una diminutio.

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