Nella storia del Motomondiale nessun pilota era mai riuscito a concludere il primo weekend della stagione con un bottino di 37 punti in classifica. “Perché prima non c’era la Sprint Race”, diranno tutti. È vero, però provateci – voi – a sbriciolare il record della pista in qualifica, a vincere la prima Gara Sprint della storia e a ripetere il successo nella tradizionale corsa della domenica. Provate a mantenere i nervi saldi per trentasei giri sull’ottovolante di Portimaõ, con circa trecento cavalli sotto il sedere, in mezzo a ventun ragazzi assatanati che puntano solamente a spodestarvi. A strapparvi malamente il numero uno che avete incollato sul cupolino, dopo anni di fatiche e sudore. Per resistere agli attacchi, per restare sul trono e conservare la corona, ci vorrebbero la concentrazione, l’agonismo, la cattiveria, il talento e la maturità di Pecco Bagnaia.
Ve l’avevamo detto sin da giovedì che Pecco Bagnaia sembrava essere atterrato in Algarve con un occhio diverso. Gesti, camminata, dichiarazioni trasmettevano un atteggiamento rinnovato rispetto al 2022, adattato su misura al nuovo ruolo che il ducatista deve interpretare in questa stagione appena cominciata. Come a dire: “Se voglio posso togliermi in un istante la faccia da bravo ragazzo che ho, anch’io posso sembrare spietato come un killer seriale”. Di certo, nonostante fosse coperto dai filtri della visiera, al termine di questo fine settimana si può dire che Pecco Bagnaia in pista li ha stesi tutti (metaforicamente, chiaro, perché nella confusione del GP di Portogallo fraintendere è un attimo). Il 26enne di Chivasso ha semplicemente vinto tutto ciò che c’era da vincere, conquistato tutti i punti a disposizione. Agli avversari non sono rimaste nemmeno le briciole. Roccioso, paziente, veloce e determinato. Prima della bandiera a scacchi di questa domenica Pecco si era lasciato andare a pochissimi sorrisi, la maggior parte dei quali quasi forzati, di circostanza. Serio, serrato, per essere un vincitore seriale. È la ricetta di Pecco Bagnaia, e finora funziona alla grande.
Al parco chiuso, finalmente, Pecco si è aperto in una fragorosa risata di gusto prima di abbracciare Marco Bezzecchi, l’amico burlone e buono con cui evitare lo scherzo è opera complicatissima. Anche il Bez nel corso del weekend è stato più serioso del solito, soprattutto dopo la Sprint Race, quando ha duramente rimproverato una manovra azzardata di Aleix Espargaró. Oggi, però, il ricciolone di Viserba è salito sul podio della MotoGP per la seconda volta in carriera, al termine di una gara magistrale per generosità, ritmo e duelli vinti. Pare che in questa nuova MotoGP, dove la tensione supera i livelli di guardia per 72 ore consecutive (le FP1 del venerdì, col nuovo format, sono già praticamente qualifiche), se si vuole arrivare al lunedì col sorriso sul volto, allora bisogna essere in grado di accumulare grinta alla fine di ogni sessione. Quella combinazione di cattiveria e serietà che non lascia spazio a cali di concentrazione, che mantiene l’adrenalina costantemente in circolo, che porta i piloti a non accontentarsi mai. Ad essere insaziabili, a volere tutto: pole position, sprint race e gara. Adrenalina che, nel momento in cui cala, apre le porte alla stanchezza, alla leggerezza, agli abbracci fraterni. Pecco Bagnaia e Marco Bezzecchi hanno subito assimilato la lezione. D’altra parte lo diceva anche Alberto Sordi: “Quando si scherza bisogna essere seri”. E l’esultanza di Pecco – che nel giro d’onore è sceso dalla moto riproducendo il perentorio “Sium” di Cristiano Ronaldo sotto le tribune portoghesi - è entrambe le cose. Ma né il suo weekend immacolato, né l’abbraccio con Bezzecchi, né l’esultanza alla CR7, saranno i primi scatti che la memoria porterà alla luce quando, tra qualche mese, ci verrà richiesto di ricordare il primo Gran Premio del 2023.
L’immagine di Marc Marquez che stende (qui in senso materiale) Miguel Oliveira e frana su Jorge Martin, compromettendo anche la sua gara, è decisamente più potente. Perché è grande lo stupore ogni volta in cui si riguarda il replay della manovra di Marc in curva 3. La potenza dell’impatto con l’Aprilia RNF del pilota portoghese contrae lo stomaco e irrigidisce la mascella. È uno strike semplicemente brutto da vedere, inconcepibile se si pensa alla pericolosità della manovra e al pilota che l’ha eseguita. Un otto volte campione del mondo che, in pista, dovrebbe essere d’esempio per chi guarda. Un fuoriclasse assoluto che, una volta inquadrato sui maxischermi di Portimao, è stato sommerso dai fischi. Fischi rumorosissimi. Marc si è preso tutte le sue responsabilità, ma l’ammissione di colpa non è bastata a placare il paddock. Miguel Oliveira rischiava di farsi molto più male rispetto, per fortuna, alle sole contusioni alle gambe che ha riportato. Jorge Martin si è rotto un dito del piede, e anche in questo caso si può tirare un sospiro di sollievo. Alla fine, più di tutti, si è fatto male Marc Marquez. Si è fatto male da solo. Non ci si riferisce solamente alla frattura del primo metacarpo della mano destra, all’avambraccio destro ingessato e ai due long lap penalty che il 93 dovrà scontare se sarà in grado di scendere in pista in Argentina tra una settimana. Il paddock, unanime, si è espresso duramente contro Marc Marquez. “Va messo un fermo a questo modo di correre”, ha detto l’Amministratore Delegato di Ducati Claudio Domenicali. “Io l’avevo detto, serve un arbitro più severo”, ha ribadito Massimo Rivola. “C’è sempre Marc di mezzo” ha denunciato Jorge Martin. Ciò che infastidisce di più è la recidiva. Troppo spesso, negli ultimi tempi, Marquez è stato protagonista di episodi simili, sebbene meno gravi e con conseguenze inferiori rispetto all’incidente odierno (Mugello 2021 contatto con Pol Espargaró, Silverstone 2021 strike con Jorge Martin, Aragon 2022 un problema all’abbassatore della sua Honda provoca il ritiro di Quartararo e Nakagami). Il paddock, il pubblico, il mondo delle due ruote. Nessuno sembra più disposto a tollerare un passo falso di Marc Marquez, che da Portimao torna a casa malconcio, dolorante e soprattutto solo. Ha di nuovo tutti contro, come nel 2015. Questa volta, però, dovrà perdonare anche sé stesso.