Quando si pensa alla carriera di Pecco Bagnaia si pensa, inevitabilmente, a Valentino Rossi, alla VR46 Academy e ai ragazzi del Ranch. Ma prima di Tavullia, per il pilota di Chivasso, c’è stata la Spagna e c’è stato un inizio in comune con Marc Marquez. Perché Pecco ha esordito in Moto3 con la squadra di Emilio Alzamora, il manager dell’otto volte campione del mondo. A raccontarlo è stato lui stesso, in una recente intervista in cui ha ripercorso le tappe fondamentali della sua storia di pilota.
“Mio padre – ha raccontato Bagnaia - era amico di Umberto Milesi, l'amministratore delegato della Galfer. È stato lui ad aiutarci ad entrare nella squadra di Emilio Alzamora. All'epoca il livello del campionato italiano era molto più basso di oggi, non c'erano alternative. Abbiamo dovuto correre in Spagna per progredire. Quindi ci siamo stabiliti lì per tre stagioni. Il primo nel pre-GP, gli altri due nel CEV. È stata una grande esperienza che mi ha permesso di imparare molto. Poi è arrivato il Team Aspar e grazie a loro sono diventato il pilota che sono”.
Il resto, invece, lo ha imparato a Tavullia, crescendo insieme ai “protetti” di Valentino Rossi, a stretto contatto con il Dottore. Proprio Vale, stando a quanto racconta Pecco, gli ha insegnato la cosa più importante: gestire la rabbia. “È qualcosa che ho imparato con Vale – spiega - Quando mi arrabbio, faccio un respiro profondo e cerco di liberarmi della frustrazione. Anni fa, ci volevano ore per farlo. Ora è più veloce. Ma non è così facile. Venire in Academy mi ha trasformato. Avevo sedici anni, non avevo la patente, non avevo i miei genitori che mi accompagnassero qua e là. Ho dovuto prendere un taxi per andare in palestra o per allenarmi al Ranch. Presi subito un appartamento con Baldassari: era più grande di me e sapeva guidare. Prima ero solo un altro bambino. Anche se volevo essere il pilota più veloce, ero sempre tentato di uscire con i miei amici. L'Academy mi ha aiutato molto a crescere. Grazie a Valentino sono diventato più maturo e migliore a tutti i livelli. Ho capito cosa era più importante per me: vincere”.