Novello Manolete compie l'impresa domando Novak Djokovic nell'arena del Philipe Chatrier a Porte D'Auteuil, in quel di Parigi.
Tredicesima vittoria al Roland Garros per il Rafa furioso, un primato leggendario che fatica a trovar egual misura nella galassia dello sport intero. Adesso condivide la vetta dell'Olimpo del tennis insieme a sua altezza Roger Federer con venti titoli Slam. Il formidabile Novak Djokovic resta invece all'inseguimento con diciassette corone, pronto a sua volta a sferrare l'attacco vincente nel prossimo futuro.
Eppure, malgrado la grande enfasi di un risultato capace di proiettare il maiorchino sempre più nella memoria del gioco, quest'ultimo Roland Garros ha illustrato una certa desolazione e mancanza di pathos. Un fatto presto spiegato.
Il fenomeno iberico a trentaquattro primavere suonate ha lasciato il vuoto dietro di sé senza perdere un solo set in tutto il torneo. Una performance degna dei suoi anni più verdi.
Ulteriormente, arriva in finale senza superare un solo top ten, visto che l'argentino Schwartzman entrerà in questa elite solo da oggi, a torneo concluso. E questo aspetto, se mi è concesso, lascia quantomeno riflettere sul tennis contemporaneo.
Del resto, sul versante Djokovic, il serbo superava il solo Tsitsipas quale top ten prima di accedere all'atto finale. Insomma, un torneo del Grande Slam che ha certificato alla sua scuola la presenza di due professori come Nadal e Djokovic, tre ex professori come Wawrinka, Murray e Cilic, ed il supplente Thiem, recente vincitore del suo primo titolo Slam a New York.
Il resto dei partecipanti, non me ne vogliano, restano al momento nel ruolo di semplici studenti. Tra questi alunni alcuni sono stati più interessanti di altri.
Tra questi il nostro giovane Jannik Sinner che un giorno non molto lontano siederà sul trono di uno Slam.
Almeno questo è l'augurio che personalmente desidero fare a Jannik. Mi sia concessa almeno l'illusione che le mie parole possano portare un po’ di fortuna.
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