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Ramon Forcada e i guai di Yamaha: manca la mentalità latina

  • di Tommaso Maresca Tommaso Maresca

10 settembre 2022

Ramon Forcada e i guai di Yamaha: manca la mentalità latina
Il navigato capotecnico del Motomondiale, ritiratosi insieme a Dovizioso nella domenica di Misano, ha analizzato situazione della Yamaha in rapporto al metodo di lavoro dei team europei. Ramon, infine, non ha chiuso le porte ad un suo eventuale ritorno nel paddock

di Tommaso Maresca Tommaso Maresca

“Per l'anno che viene non cerco niente, e se arriva qualcosa di interessante, benvenuti. Altrimenti la pensione, che sta per arrivare". Ramon Forcada non è mai banale, anche dopo più di trent’anni nel paddock del Motomondiale riesce a comunicare spunti diversi, originali, interessanti. Il capotecnico spagnolo si è anticipatamente ritirato la scorsa domenica a Misano insieme ad Andrea Dovizioso, il suo pilota nell’ultima esperienza in MotoGP. Ramon, come ha lasciato intendere ai microfoni di DAZN Spagna, ha bisogno di nuovi stimoli per continuare nel circus. Se dovesse arrivargli un’offerta sfiziosa, quindi, mai dire mai. Quella di Misano potrebbe non essere stata la sua ultima domenica di lavoro ai box. E la prima? Suzuka 1989 a fianco di Alex Crivillé, nell’anno in cui lo spagnolo vinse il mondiale 125cc. Il tecnico catalano, poi, ha lavorato con piloti del calibro di Carlos Checa, Alex Barros, Casey Stoner, Jorge Lorenzo, Maverick Vinales, Franco Morbidelli e – infine – Andrea Dovizioso. 

 

Ramon, che per le ultime gare di questo 2022 verrà sostituito nel team RNF WithU da Silvano Galbusera, ha lavorato durante tutta la carriera per costruttori giapponesi. Prima per Honda e poi, dal 2008 ad oggi, per Yamaha. Il tecnico classe ’57 – al termine del GP romagnolo - ha parlato proprio delle divergenti filosofie di lavoro nella MotoGP moderna, separando il “metodo” giapponese da quello europeo: “Ho lavorato molto con i giapponesi e loro cercano sempre la perfezione. Se lavori per un marchio giapponese e ti portano un 6 viti sarà perfetto, non si romperà mai. Quando te lo portano dalla Ducati, e lo fanno fare dal ferramenta, se si rompe dicono 'ne vado a prenderne un altro, non preoccuparti', e lo avrai in un giorno, mentre i giapponesi ci metteranno tre mesi. In MotoGP tre mesi sono una vita”. 

Ramon, poi, ha approfondito questo aspetto prendendo come esempio la pressione delle gomme, spiegando l’origine della polemica sorta all’indomani del GP di Jerez. Secondo il tecnico di Moià, infatti, le Case giapponesi non si arrischiano aldilà del regolamento; seguono i prudenti dettami di Michelin che prima della partenza indicano di impostare la pressione minima della gomma anteriore ad 1,9 bar. Considerando che la pressione ottimale coincide con 2,0 bar e che, durante la gara, il calore proveniente dalle altre moto innalza in media la pressione delle gomme anteriori di 0,3 bar – secondo Forcada – i team europei partono con una pressione minima di 1,7 bar. In Yamaha invece, a detta di Ramon, pur di restare conservativi, il valore ottimale di 2,0 bar viene oltrepassato, e le prestazioni ne risentono. Il caso gomme dopo Jerez si era risolto, con Piero Taramasso che aveva fatto chiarezza negando qualsiasi evasione del regolamento. Forcada ha voluto riprenderlo in esame solo per sottolineare le differenti mentalità. Quella paura di sbagliare che – talvolta – impera all’interno del box Yamaha: “È una guerra che faccio da anni quella di essere meno immobili. Non dovrebbero avere tanta paura di sbagliare, non succede niente. In Ducati arrivano cose che non funzionano, qui no. Qui le parti nuove che arrivano funzionano perché sono tre mesi che lo stanno testando, e quando lo rilasciano gli altri hanno già introdotto altre due versioni. Ho sempre detto a Yamaha che se avessero portato un pezzo non funzionante nessuno si sarebbe incazzato".

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