Dietro ai più grandi successi del tennis femminile italiano c’è Renzo Furlan, miglior giocatore della nostra Penisola a metà degli anni novanta. Lui è troppo umile e non smetterà mai di sottolineare che nel 2010, quando Francesca Schiavone vinse il Roland Garros, non la seguì in partita ma soltanto durante alcune settimane di coaching a Tirrenia, prima dello Slam francese. Invece Jasmine Paolini l’ha seguita dappertutto, da quando lei nel post pandemia gli ha chiesto un supporto a tempo pieno. Renzo è stato il primo ad intravedere potenzialità speciali nel gioco della ragazza di Bagni di Lucca, passata dalla 95esima posizione del ranking nel 2020 alla quarta nel 2024, stagione senza precedenti: vittoria nel mille di Dubai, finale al Roland Garros, finale a Wimbledon, oro olimpico condiviso con Sara Errani, accesso alle WTA Finals sia in singolare che in doppio, terza persona più cercata dagli italiani su Google.
“A Wimbledon avevamo una casa in affitto, a fine torneo abbiamo ordinato una pizza al delivery e ci siamo ingozzati: tanti sorrisi, tanto cazzeggio” – vi risponderà Furlan se gli chiedete come si festeggiano certi traguardi. Noi l’abbiamo chiamato al termine degli Australian Open, mentre Jasmine veniva ricevuta al Quirinale da Sergio Mattarella e l’Italia si scontrava ferocemente sul gran rifiuto di Jannik Sinner. Con Renzo, che quando apre bocca non spreca mai una parola, i patti erano chiari: parliamo di Tennis, per favore.
Australian Open archiviati. Quali sono i programmi di Jasmine adesso?
“Lei sta abbastanza bene, in Australia non ha giocato male, ha perso contro due giocatrici fortissime sia in United Cup che a Melbourne (dove è stata eliminata al terzo turno da Elina Svitolina, ndr). Abbiamo avuto ottimi riscontri in termini di tennis, però adesso dobbiamo trovare tempo per fare un po’ di preparazione fisica. Dovremo sfruttare bene queste settimane prima dei mille di Doha e Dubai”.
Ti aspettavi che Madison Keys potesse vincere il torneo battendo Swiatek e Sabalenka in meno di quarantott’ore?
“Io ho sempre avuto una grandissima ammirazione per la Keys, chi mi conosce lo sa. Secondo me sarebbe dovuta stare per sette-otto anni tra le prime cinque del mondo, aveva troppo talento ma era discontinua. Adesso mi sembra abbia trovato un suo equilibrio, e non ci sono dubbi che abbia le armi per battere le più forti”.
Keys ha fatto qualcosa di diverso dopo la sconfitta subita da Paolini a Wimbledon 2024? Lì aveva corso 2,9 km e alla fine del terzo set si era fatta male perché era arrivata al limite. A Melbourne, dagli ottavi alla finale, ha giocato sempre tre set.
“Sicuramente sta curando il fisico in maniera diversa rispetto a qualche anno fa, perché ha una nuova preparatrice. Poi una cosa da non sottovalutare è che ha cambiato racchetta, è passata da una Wilson a una Yonex. Sarà un caso, ma è arrivata ad Adelaide e ha vinto il torneo, è arrivata a Melbourne e ha vinto il torneo…”.
Jasmine in Billie Jean King Cup ha servito in media con una velocità maggiore di Swiatek, nonostante sia 15 centimetri più bassa. È un dato impressionante, quanto ci avete lavorato?
“Sì, il servizio è un aspetto su cui lavoriamo da davvero tanti anni. Lei ha sempre avuto una buona tecnica di base, però bisognava aumentare la consistenza in termini di percentuale e migliorare la gestione delle angolazioni, possibilmente incrementando un po’ la velocità massima. Credo che per raggiungere questi risultati abbia contribuito molto anche il doppio, che ti costringe a cercare angoli diversi e a servire con una pressione differente da quella che hai in singolare”.
Quando Jasmine gioca in singolare, spesso c’è Sara Errani in tribuna a guardarla. È diventata una coach aggiuntiva?
Renzo Furlan risponde secco: “È una persona importantissima all’interno della vita tennistica di Jasmine”.
Quale step tecnico vi siete prefissati per il 2025?
“Una cosa su cui lavoriamo tanto è la gestione dei movimenti in uscita dal servizio. Continuiamo a curare le angolazioni del servizio, perché lei è una giocatrice piccolina, ma può migliorare ancora tantissimo il servizio esterno dalla parte del pari, che ti può dare tanti punti. L’altra cosa è il rovescio: quello incrociato è un colpo devastante che ha, lo sente sempre molto bene, invece sul lungolinea ogni tanto è titubante. Vogliamo costruire un lungolinea che possa far male”.
Nel tennis di oggi c’è effettivamente tempo di provare cambiamenti radicali visto il calendario serrato?
“Hai pochissimo tempo per cambiare qualcosa e consolidarlo, specialmente se arrivi in fondo ai tornei. L’anno scorso siamo stati molto contenti di non aver avuto tempo (ride, ndr), perché siamo arrivati alle Finals di Riyad e alla vittoria di Malaga in Billie Jean King Cup. Il calendario è questo, forse sarebbe l’ideale ricavare un paio di settimane in più verso fine anno. Però ripeto, quelle giocatrici che non vanno alle Finals o in Billie Jean King quella settimana lì ce l’hanno”.
Zverev in conferenza stampa, dopo la finale persa con Sinner, ha dichiarato che Jannik è migliore di lui col dritto, col rovescio, a rete, negli spostamenti di gambe. Un giocatore può permettersi di pensare queste cose o le dice per comodità mediatica?
“Credo che in quella finale lì Zverev, che si aspettava molto di più, si sia trovato di fronte un giocatore che non gli ha dato chance, a parte qualcosina nel secondo set. Invece la prima finale Slam contro Thiem agli Us Open (nel 2020, ndr) l’aveva buttata via, e un’altra l’aveva persa al quinto con Alcaraz a Parigi (nel 2024, ndr), dopo essere stato un set in vantaggio. Quindi in Australia aveva tante aspettative, poi però quando perdi 6-3 7-6 6-3 fai un’analisi genuina, ma momentanea. La prossima volta che scende in campo contro Sinner stai sicuro che ci va col coltello tra i denti. Io comunque ho visto uno Zverev molto diverso; in finale è andato tantissime volte a rete – cerando di far male – mentre qualche anno fa praticamente correva solo in laterale. Con tutto quello che ha cambiato, per combattere con questi due, non si aspettava di perdere così. La delusione è data da questo”.
Swiatek ha svelato che dopo la sua vittoria inaspettata al Roland Garros 2020 era stata travolta dall’attenzione mediatica. Nei tre mesi successivi trascorse più tempo davanti al computer che in campo, perché le consigliarono di capitalizzare subito il successo. Si sentiva obbligata a vincere per i nuovi sponsor con cui aveva firmato, non giocava più per sé stessa, in caso di sconfitta piangeva di continuo. Con Jasmine, che ha una storia molto diversa, non si corre questo pericolo vero?
“Swiatek ha vinto un Roland Garros a 19 anni, è un’età molto difficile da gestire, perché non sei una ragazzina ma nemmeno un’adulta. Non entro nelle sue problematiche, tra l’altro è una ragazza straordinaria. Jasmine ha 29 anni e una qualità: le piace dov’è, le piace molto. Sa che deve lavorare duro per rimanere a questo livello o per fare anche qualcosa di meglio. Sa che ha anche dei doveri, perché ci sono sponsor da onorare. Anche se in alcuni momenti il tour è abbastanza stressante – non snervante – mi sembra che tutto sia fatto con il sorriso sulle labbra e tanto equilibrio. Ma questo perché lei caratterialmente apprezza tanto dov’è arrivata e continua ad apprezzare quello che fa”.
Si parla tantissimo del suo sorriso contagioso. Quanto è prezioso per te, che per mesi sei lontano dalla famiglia, spesso dall’altra parte del mondo?
“Io credo che al di là del sorriso, noi abbiamo bisogno di essere in sintonia. Tutto funziona finché tra di noi c’è sintonia. Poi a volte ci confrontiamo anche in maniera accesa, pesante, perché queste cose servono. Però l’equilibrio è dato dal fatto che condividiamo sempre obiettivi da raggiungere, strategie di allenamento. Quella è la cosa principale. Poi tra allenare una musona e una come Jasmine che sorride, preferisco tutta la vita la seconda”.
Patrick Mouratoglou, ex allenatore di Serena Williams, afferma che è il coach a doversi adattare alle esigenze del giocatore, senza imporre il suo mantra. Hai dovuto modificare tanto di te stesso per entrare in sintonia con Jasmine?
“Credo si sia creato sin da subito un buon feeling, anche perché io tendo sempre a non imporre, ma a condividere. Concordo con Mouratoglou, vedo un sacco di allenatori che entrano a gamba tesa in un team, con una giocatrice o un giocatore, imponendo il loro sapere come universale. Noi abbiamo sempre impostato il nostro rapporto sulla condivisione, e in questo modo percorri la strada molto più velocemente”.
C’è stato un cambiamento radicale nel 2023? Dopo due anni ai margini della top 50 del ranking, Jasmine è entrata tra le prime trenta.
“Credo sia stata un’evoluzione più generale, nel senso che il 2021 le è servito per capire che poteva giocare tra le prime 50 nel mondo. Il 2022 è stato difficile, perché da marzo fino a luglio abbiamo avuto un problema al ginocchio che non la faceva giocare, giocavamo ma non poteva essere competitiva. Da luglio 2022 le cose si sono sistemate e lei ha potuto consolidare quello che aveva fatto l’anno prima. Nel 2023 era pronta: è stato un anno particolare in avvio, perché non ci siamo fatti mancare niente e nei primi mesi abbiamo provato a cambiare racchetta, sbagliando. Ad aprile siamo tornati alla racchetta vecchia e ha vinto subito il 125k di Firenze, in estate ha fatto i quarti a Cincinnati partendo dalle qualificazioni. Poi sono arrivati i risultati e a fine anno ha chiuso trentesima. In quel frangente ho visto per la prima volta una maturazione negli obiettivi, lei ha capito di poter stare tra le prime trenta, che vuol dire essere testa di serie negli Slam e nei mille. È maturata lì, si è convinta di poter fare cose notevoli”.
C’è stato un momento in cui tu hai segretamente pensato che potesse venire fuori il 2024 che abbiamo visto?
“No no no, noi non pensiamo mai così. L’obiettivo non era arrivare tra le prime quattro, poi è successo e siamo stati felicissimi. Però l’obiettivo era lavorare per provare a performare sempre meglio. Essere testa di serie negli Slam e nei mille le ha dato grande fiducia. Era ad un livello che aveva sempre sognato, e lì le cose sono arrivate un po’ sull’onda dell’entusiasmo e un po’ sull’onda del lavoro, ma mai con un obiettivo di classifica prefissato”.
Panatta dice che Jasmine compie miracoli ogni volta in cui batte una col fisico di Svitolina. Tu sei d’accordo?
“Bisogna conoscere bene l’argomento, quando guardi giocare una Jasmine Paolini vedi una ragazza alta uno e sessanta che compete con Sabalenka, Rybakina, Swiatek, tutte più alte di 1,78 metri. È una differenza abissale, che però non si riflette sul campo, perché la capacità di Jasmine Paolini è quella di avere un’elasticità fisica e una potenza fuori dal normale, pur essendo piccolina. La velocità di palla è a livello di queste qui. Queste non tirano più forte, la temono”.
Con Jasmine avete superstizioni pre partita?
Renzo aspetta qualche secondo prima di ribattere.
“Sì, le abbiamo”.
Dopo un’altra fase di stallo, conclude deciso: “Le abbiamo, ma non le diciamo”.
L’insegnamento più bello che hai appreso da lei?
“Grazie a Jasmine ho adattato molto il mio modo di allenare. Avevo una visione, che lei mi ha fatto evolvere. Sicuramente ora sono molto più solido, preparato. Anche nelle interviste ho migliorato tantissimi aspetti (ride, ndr)”.