Cannibale in pista, protagonista fuori. In questi anni di dominio Red Bull Max Verstappen sta dimostrando la propria posizione di leader dentro e fuori dal paddock, crescendo in sicurezza anche lontano dalla propria monoposto. Un percorso di cambiamento che, al contrario di molti altri piloti, Max è stato costretto a sviluppare direttamente in Formula 1, quando a soli diciassette anni ha fatto il suo ingresso nella massima serie. E se al suo arrivo nel circus l'olandese della Red Bull si era subito fatto conoscere per la durezza dei suoi commenti (ricordiamo quando in conferenza stampa minacciò i giornalisti di dare un pugno a chiunque avesse continuato a fargli domande sui suoi errori e incidenti) negli anni il suo carattere sembra essersi ammorbidito, cambiando con il passare delle stagioni e l'arrivo delle vittorie e dei titoli mondiali.
È un Verstappen più felice, più adulto, ma sempre un accentratore, uno di quei personaggi che in qualche modo riescono a far parlare di sé, la manna dal cielo di tutti i giornalisti. Proprio per questo vederlo in grande forma in una normale conferenza stampa come quella andata in scena a Interlagos nel giovedì pre weekend di gara, ha fatto sorridere tutti: "Ci ha dato qualcosa da scrivere", ha ammesso ridendo uno dei giornalisti presenti uscendo dalla piccola sala dedicata alle conferenze, mentre gli altri annuivano.
"Ha dato qualcosa da scrivere" perché Max, con un carattere che o si ama o si odia, ha la grande capacità di non risultare banale anche quando la banalità può essere la soluzione più semplice. E invece l'olandese arriva in conferenza lasciandosi cadere su un grande divano bianco - all'apparenza molto morbido - scoprendo invece con un tonfo la durezza del materiale e gridando un "fuck" a gran voce come prima parola della giornata. Tra le risate generali accoglie al suo fianco Daniel Ricciardo, e inizia subito a scherzare e ridere con lui, dimostrando una spensieratezza che è il vero privilegio della sua posizione da leader. Con la stessa spensieratezza risponde a tutte le domande, storcendo il naso quando non gli piacciono, intromettenfosi in quelle rivolte ai colleghi (soprattutto quelle di Norris) ed esponendosi quando trova l'argomento interessante.
Non ci pensa due volte a chiedere "ma che domanda è?" quando non trova sensato un argomento e dimostra grande memoria nel ricordare quale giornalista gli aveva già chiesto in passato un'opinione su un tema. Le espressioni di grande disgusto che fa quando si inizia a parlare della sprint race vengono sostitute da un ironico "Le adoro! Sono così divertenti!" quando gli chiedono un'opinione finale sui weekend in cui sono state protagoniste, scatenando ancora un'ondata di risate generali. Gli ci vuole un attimo per tornare serio, o per mostrarsi disinteressato ad approfondire un tema (come quello del suo legame personale con il Brasile vista la cittadinanza della compagna Kelly Piquet) e un altro attimo per tornare a ridere arricciando il naso e battendo le mani sul divano, come un ragazzo giovane e sereno.
È un bel Verstappen, quello visto a Interlagos. Un pilota che conosce la propria posizione, un uomo diverso rispetto a quello visto nei primi anni in Formula 1, un personaggio molto lontano da quell'idea di "uomo bionico" che spesso gli viene dipinta addosso, figlia della mancanza di grandi emozioni mostrate davanti ai suoi successi. Un pilota che non assomiglia a nessuno, che non ci ricorda davvero nessuno, e che per questo non sappiamo ancora riconoscerlo, definirlo. Ma che in ogni caso, dentro e fuori dalla pista, sa darci "qualcosa da scrivere".