Sono mani che parlano una lingua universale quelle che battono forte sul casco e sulla schiena di George Russell dopo la vittoria, inattesa e inaspettata, al Red Bull Ring. Sono le mani dei suoi uomini, dei ragazzi di una squadra che negli ultimi anni è passata da tutto a niente, dovendo accettare la conclusione di un ciclo dominante come quello terminato nel 2020, l'agonia di un anno disperato come il 2021 e la caduta libera delle ultime tre stagioni, tra risultati che non arrivano, domande senza risposte, macchine che non rispondono come dovrebbero e addii difficili da accettare come quello di Lewis Hamilton, in partenza per il sogno Ferrari alla fine di questo 2024. Sono le mani di uomini che hanno imparato ad aspettarsi di tutto da questo sport fatto di pochissime certezze, di tempi lunghi come secoli e attimi che cambiano tutto.
George Russell ci si butta dentro, a corpi e braccia che lo accolgono, mentre sotto al casco prova a metabolizzare quello che gli è appena successo mentre il tempo per capirlo non c'è, svanito in pochi giri, chiuso da qualche parte tra i misteri del motorsport. La gara era di altri due, apparteneva a Max Verstappen e Lando Norris, inferociti nella lotta alla vittoria e arrivati a uno scontro che sembrava essere scritto, impossibile da evitare: uno, campione in carica, che tenta in tutti i modi di mantenere il suo dominio, di dimostrare di essere sempre e comunque l'uomo da battere; l'altro, fresco della sua prima vittoria in carriera a Miami, che sa di dover sfruttare il momento, complice una McLaren rinata e davvero in lotta per il mondiale costruttori di questa stagione. Sono mani che fremono sul volante, le loro. Tesi nei movimenti, consapevoli di dover dare tutto, forse anche di più. Lo scontro arriva ed entrambi ne escono con le ossa rotte, Norris è costretto al ritiro, Max chiude quinto con dieci secondi di penalità per aver provocato l'incidente. Le mani continuano a fremere, questa volta di rabbia. Lando va alle interviste e si mangia le unghie, cercando di contenersi: "Se Max non ammetterà di aver sbagliato perderà il mio rispetto". Sono amici, lo sono sempre stati, ma non si sono mai trovati a dover combattere l'uno contro l'altro e questo, per la prima volta, cambia tutto tra di loro. Verstappen risponde senza scusarsi ma fa un passo indietro: "Devo rivedere l'incidente" dice, senza prendersi colpe ma lasciando aperta una porta. Nessuna stretta di mano, nessun applauso per loro. Un incontro da rimandare a Silverstone, a casa della McLaren, dove questa amicizia potrebbe cambiare di nuovo forma e dove la sfida mondiale di questa stagione strana e complessa da decifrare scriverà una nuova pagina.
Ma mentre i grandi sconfitti della giornata provano a rimettere insieme i pezzi, altrove si consumano storie che valgono più dei punti di distacco da ricalcolare. C'è un Toto Wolff rinato che batte forte le mani sotto al podio, che abbraccia il suo ragazzo con gli occhi di un tempo, consapevole di dover ringraziare la fortuna, il caso e la voglia di dominare dei due piloti che si trovavano al comando ma altrettanto certo di quei passi avanti della squadra che finalmente si vedono in pista, in un tavolo fatto di carte mischiate dove tutti possono giocarsi qualcosa di importante. Le mani che applaudono sono anche quelle di Lewis Hamilton, quarto alla bandiera a scacchi tagliato fuori dalla lotta al podio da una penalità di cinque secondi scontata in gara, che affianca al termine del Gran Premio il compagno di squadra e lo applaude, mostrandogli rispetto e onore, in una lingua universale che dentro la pista tutti possono parlare. Applausi per un ragazzo che ha imparato a "non dare niente per concluso finché non lo è davvero", perché così è il motorsport. Che a volte ti toglie tutto e a volte te lo restituisce indietro, tra colpi di mani sul casco e braccia aperte. E sorride, al Red Bull Ring, a chi ne aveva davvero bisogno.