Proprio quando hai smesso di pensare troppo ai morti e ai mali del Covid19, mentre scoppia l’estate e il mondo dell’auto con quello del Motorsport in qualche modo ripartono, arriva una notizia triste. Inattesa, da sommare a quella parte più brutta di 2020 che sembra annullare molte cose. Non si piange troppo, però, stavolta, perché quello deceduto è uno che non avrebbe voluto piangistei. Quando ci avevi a che fare, o si sorrideva o si sentiva alzar la voce. Uno di quelli che di energia ne faceva sempre girare, da giovane, insieme ai cilindri nei motori. Un tempo era così tanta quell’energia, che si alzavano anche le mani, tra lui e certi rivali, o amici fidati. E poi, troppo allerta e schietto anche da vecchio per non attenderselo, lui, che doveva finire il lungo giro di pista della vita.
Quello che parte negli anni della “miseria”, come dicevano alcuni vecchi di Monza, e poi, uscendo dalla pit dell’Autodromo Nazionale, prosegue con vigore tirando marce, facendo sorpassi e magari anche sbordando fuori pista. Fino alla Parabolica e quel rettilineo, che magari ti frega. Chi non vorrebbe tirare con vigore ai 100 anni, potendo ed essendo lucido, com’era lui. Ma… Dopo i lavori di metà anni Novanta, quando morì Senna e la F1 cambiò, il traguardo lo han tirato indietro di tanto. Non è più sotto la tribuna centrale, non lo tiri il limitatore per tutte le cambiate, non freghi più scia e posizione a chi ti precede: ti bandierano appena messe dritte le ruote!
E così “il Tino” che lo conoscevano bene tutti in Brianza, pure mia nonna, se ne va a 86 anni, con quel pezzo di dritto da fare ancora, potendo. Perché certo il giro lui lo cominciava dalle prime file, sul vecchio traguardo. Però di risultati ne ha ugualmente e soprattutto: quanti begli aneddoti! Roba tosta, roba che i social se la sognano anche montando immagini o video con effetti speciali e attori preparatissimi. Roba che chi li ha vissuti, ricordandoli ride tanto ancora oggi o addirittura rabbrividisce, per certi rischi.
Prendete un over 60 appassionato di motori in Brianza e ne avrà sentiti più d’uno, di quelli da lasciare a bocca aperta. Avvenuto non solo in gara o nei circuiti, ma in officina. Il Tino era un personaggio dei motori, dei tempi, del fare pratico che combinandosi arrivava a stringer mano sul podio con i migliori del mondo. Non raffinatezza, nemmeno troppe spavalderie. Non esagerazioni o esibizioni, solo a testa bassa sui motori e… arrivar primo, andando veloce. Noi li lasciamo ai suoi coetanei o quasi, i tanti racconti “vietati”. A un libro ben scritto, come quello dell’amico Walter Consonni: “Mi è sempre piaciuto vincere”. Che già il Tino non lo voleva, un libro su di lui: “perché si fanno ai morti”.
Ecco, allora vi do qui si MOW la visione parallela e non resa dagli “older”. Per quelli che come me, lo hanno solo “saputo” gran pilota o esperto di Ferrari, ma non vissuto con il casco rosso in testa. Perché se nasci negli anni Settanta in mezzo ai motori sai tanto delle corse, ti piacciono e non puoi non orecchiare che abbiamo avuto uno a Monza, che è stato collaudatore ufficiale della Ferrari. Pilota vincente prima in moto, ufficiale MV, che in auto. Rispettato da Enzo Ferrari, che per gratitudine dopo averlo visto finalmente far vincere per la prima volta una Dino F2 gli fece avere per gratitudine quel pezzo di Ferro che oggi, chissà quanto vale e dove si trova (una primissima Dino stradale, di un rosso che non era esattamente rosso). Amico, o nemico secondo i casi e collaboratore di gente come Frank Williams, Brabham e Bernie Ecclestone.
Ma se sei di quegli anni, pensando alla F1 dorata più moderna, ricordi meglio come correva Senna e magari ti si imprimono i suoi di movimenti nel box. Le pretese da “figatello” che però non ce n’è uno bravo uguale. Il suo sguardo, volto alla prossima curva quando ti passava vicino a bordo pista…. Del Tino Brambilla, che guarda caso apprezza proprio Senna (e meno altri campioni moderni) sai giusto che è di un’altra epoca, che ha una normale officina. Passata di mano prima che finisse il secolo. “Normale” con un cartello che però come logo aveva un Cavallino rampante. Ecco, siccome chi scrive da quando è nato se lo è visto e rivisto in veste “Fase2” il Tino, può giudicare quella. Mai percepito come “gran pilota” ma anzi…. Come brutto ceffo dai toni spacconi in officina, dove sistematicamente alzava la voce e i toni, maneschi solo per scherzare ovviamente, con certi suoi amici. Il problema è che tra gli amici, ci sono persone a te care e tu quello lì, che crea scompiglio, non lo vedi come un elemento positivo, anzi.
“Vinceva in moto” mi son sempre sentito raccontare e tutti i ragazzi andavano a sentire i risultati delle sue gare, a vederne le imprese riprodotte magari con delle foto esposte in centro, all’Arengario. “Andava come un matto in moto”. Faceva “disperare i pochi che riuscivano a tenergli la ruota” pur più giovani di lui. Ma io in moto ci sono andato a quattordici anni e auto a diciotto, in teoria…. E lui, nella veste di pilota consumato e fuori dalle regole, mi disse come un bacchettone: “Non fare il bilòt. che in strada si guida dopo aver preso la patente, regolare”. Già, quello che vedevo sfrecciare in moto senza casco (si poteva) e che mi dicevano toglieva il respiro per come viaggiava spedito, anche fuori dalle piste…. Poi senti di come nessuno, tra gente che in moto ci sa andare e fa delle garette, passava in certi punti a gas aperto come lui. Non è Senna che non alza il piede tra Lesmo 1 e Lesmo 2, ma la curva addosso all’incrocio della morte, sul tal vialone…. Miti, leggende forse non tutte vere e certo lontane. Senti di qualcuno che è riuscito a fatica solo una volta, con una nuova moto “limata” oltre l’inverosimile che nessuno aveva ancora elaborato, a batterlo dove quasi non si curva, salvo poi “sbragare” il gioiellino, dopo un istante. Ma era stato davanti al Tino, in moto. Storie e amicizie locali ma legate anche nel motorismo internazionale, dei team maggiori, pur senza mai esser stato professionista come quelli dei tempi seguenti.
Nel frattempo, passano gli anni e quando le tue garette e vittorie motoristiche di ragazzetto le fai con un modello radiocomandato in scala, perché era un must di fine anni Ottanta, ecco i consigli e le frasi giuste. Ti guarda fare pochi passaggi e già capisce che con quella macchinetta, che pur 1:8 ha tutte le caratteristiche di un mezzo da gara e viaggia intorno ai 100 Km/h, ci sai fare. E da soddisfazione sentirglielo dire. E da consigli. Quando ragazzino che va solo a manetta, pensi a trovar ogni modo di “farla attaccare di più dietro” ‘sta macchinina che ha motori potentissimi (by Picco, altro personaggio e amico monzese della stessa compagnia al “bar di Stupitt”). Troppo spesso mentre sei al pelo, te la ritrovi con il culo davanti… Il Tino ti spiega che non serve insistere su quella strada. “La machina la gira pusè foort quand i ròt a van via tute quater, insema”.
Detto da uno che ha corso in pista con miti assoluti come John Surtees e Jim Clark, ha il suo perché. Anche se la macchina che va via proprio “pari” non la misi mai, pensando alla cagarella che ti viene in scala reale seduto dentro, a un mezzo meccanico che stride “pari” tutte e quattro le ruote ma devi tenerlo, per non ammazzarti o ammazzare. Passa poco, il tempo di metter mano alle prime centraline elettroniche di gestione motore delle auto, ancora Euro0 ed ecco. L’ultima rivelazione del Tino a fine carriera che però la sa lunga, anche sui mezzi moderni. Si modificavano un po’ grossolanamente anticipo e tempi iniezione su molte vetture, con riscontro molto variabile secondo i casi. Strumenti? Molti meno di oggi. Prova? Con poche misure e tante sensazioni. Ecco, il piede…. Un giorno piazziamo una modifica che tocca “la mappa segreta” di una tal ecu del gruppo GM, applicata su vettura tedesca. Il Tino, già anziano ma che quando mettevi mano a una sua auto generava una certa pressione, mette la prima ed esce dall’officina. Quattro secondi? Circa e torna indietro: “A la va ben”. Di solito quanto non andava bene era un po’ pesantella, la cosa. Tutte quelle ecu invece verranno modificate circa in quel modo, per uso sportivo e poi provate meglio anche a banco, certo. Ma lui, tirando forse due sole marce, l’aveva capito subito. E credo che si trattasse forse di qualche cavallo in più. Non certo di qualche decina.
Insomma, troppe parole date da sensazioni diverse per un saluto e un ricordo dovuto, nel motorismo. A uno che se interessa ridere tanto e conoscere, lo scopri vero dalle parole degli over 70 locali, quale pilota. In quel libro edito Nada fatto a suo nome, molto coinvolgente e snello da leggere. Uomo semplice dei motori, per un qualunque “giovane” che ci abbia avuto a che fare, se ne ricorda la dedizione e il fatto che pochi oggi la possono avere uguale, pochi. Pochi che lavorino, che vincano gare in moto e in monoposto correndo da ufficiali per le Case top. Poi? Poi non fanno chissà quale vita, ma si sporcano le mani di brutto per una normale auto di un normale cliente di officina da sistemare.
Ah, quasi scordavo. Non te lo avranno detto al tempo, mi sa. Quel Ferro che nel sistemare la carburazione ha rotto il cambio, perché qualcuno, qualche operaio inesperto… Ci aveva smanettato male: facile che un bambino rimasto solo in officina lo avesse provato a guidare lui, senza riuscire a premere come si deve la frizione di una Ferrari di quegli anni. Tanto, ormai, l’incazzatura è stra-passata e relativa.