Forse la delusione assoluta assomiglia a una fotografia. Interlagos 2021, domenica post Gran Premio. Mentre tutti in Formula 1 sono concentrati sugli atti finali di quella che verrà ricordata come una delle sfide del decennio, nel mondiale giocato all'ultima gara tra Max Verstappen e Lewis Hamilton, c'è un pilota che nelle retrovie della griglia sembra aver ormai perso le speranze per il suo futuro nella massima serie.
Il clima nel box per lui si è fatto da tempo pesante da respirare, nel team le cose hanno preso una piega inaspettata, carica di risentimento. Antonio Giovinazzi inciampa, mentre prova a restare in Formula 1, e nessuno sembra tendere una mano nella sua direzione per aiutarlo a continuare il suo sogno. Ha commesso errori, sbagli che nel corso dell'anno hanno messo in luce più i suoi difetti che i suoi pregi come pilota, e la competizione per sostituire il suo sedile con quello di un altro è più viva che mai.
A Interlagos Antonio arriva in un clima di grande pressione: da giorni in Cina si rincorrono le voci sempre più insistenti sull'ingaggio di Zhou Guanyu, primo pilota cinese nella storia della Formula 1. Il team principal Fred Vasseur non nega l'interesse verso il pilota cinese e non prova a distendere i rapporti con Giovinazzi, consapevole che il disastro - anche mediatico - del fine settimana precedente in Messico abbia creato una spaccatura definitiva.
Da lì, l'isolamento di Antonio, e una fotografia che rappresenta senza alcun dubbio la pagina più triste e complessa della sua carriera. Seduto da solo, la testa bassa, piena di pensieri. Il futuro poi racconterà una storia già scritta: in Alfa Romeo sceglieranno Zhou Guanyu, Giovinazzi perderà definitivamente il posto in Formula 1, ripiegando per un momentaneo ingaggio in Formula E dove le cose non prenderanno per lui una piega migliore.
Sembra la fine, la fine di una carriera che in Formula 1 deve - per struttura - rappresentare il momento più alto della carriera del pilota italiano. Da lì in poi, si pensa, sarà tutto un ripiego, un doversi accontentare di un sogno a metà. No?
E invece no. Perché il motorsport, come la vita, ci insegna che quando c'è cuore, talento e dedizione alla fine tutto torna. Giovinazzi si è rimboccato le maniche, ha continuato a credere nella Ferrari e la Ferrari, in qualche modo, ha continuato a credere in lui. È riuscito ad entrare nel progetto per il ritorno nel WEC con l'hypercar, ha lavorato duramente per un giorno grande, enorme, come quello della 24 Ore di Le Mans. Con un team incredibile, composto da Alessandro Pier Guidi e James Calado, ha scalato una montagna fatta di imprevisti, rimonte, attimi di paura fisica, ore di niente da dover gestire con il massimo dell'attenzione per non cadere in errori.
Nell'ultimo stint, a meno di un'ora dalla fine della gara, Antonio sembrava non volerci credere. Dev'essere durato il tempo di una vita intera quell'ultimo atto prima del successo. Lo è stato per chi da casa ha seguito questo sogno, figuriamoci per chi come lui e tutto il suo team lo ha vissuto sulla pelle tra sacrifici e difficoltà. La bandiera a scacchi ha quindi preso la forma della liberazione, tra le lacrime di tutti, comprese quelle di un ragazzo che dalla Puglia ha conquistato il primo posto sul tetto dell'Olimpo del motorsport.
Guardarlo piangere, incredulo, fa pensare a quel giorno a Interlagos 2021. A quella solitudine, a quella delusione, a quello che a tutti - lui compreso - sembrava un sogno finito. E invece no, grida da Le Mans: da quel giorno in poi non ci si è accontentati mai.