Alessio “Uccio” Salucci, amico e compagno di avventura in MotoGP di Valentino Rossi, in vista dell’ultima gara di Valencia si è raccontato al Corriere dello sport. E nell’intervista, sono emersi tanti ricordi e il forte legame che ha legato i due fin da quando erano bambini. ”Siamo nati così, bagarroni, racing” ha premesso. Da una vita accompagna il campione di MotoGP in tutto il mondo e ora che questa lunga e fantastica sta per finire è ancora al suo fianco: “Rifarei tutto. A cominciare dai 16 anni, quando prendevamo lo scooter. Il bello era andare a ballare, non eravamo gente da discoteca, la cosa divertente era il tragitto Tavullia-Riccione”. E poi i ricordi da bambini, quando facevano arrabbiare “il Grazia”, Graziano Rossi, papà di Valentino: “Avevamo cinque-sei anni e la casa di Graziano era il nostro parco giochi. Avevamo quei biroccini, quelle motorette di bimbi, e noi sgasavamo tutto il giorno col Grazia che era il nostro guru. Succedeva sempre qualcosa”. Qualcosa che, però, non sempre piaceva al papà di Rossi: “Il Grazia aveva un 85 da cross, lo teneva chiuso in garage, non voleva che lo usassimo. Un giorno, mentre lui non c’era, riuscimmo a farlo partire. Succede così: Vale lo mette in moto, fa un giro intorno a casa, uuuuaaa, che roba. Esaltatissimi. Poi tocca a me. Faccio il giro, sbuco dall’angolo e mi vedo una Volvo bianca arrivare: è il Grazia”. Cosa succede? Chiede il giornalista. “Ci ha fatto un culo quadrato – ha spiegato Uccio -. Ce lo ricordiamo ancora. Mi disse: Lo sapevo che lui era uno stupido, ma te pensavo di meno”.
E poi ancora la prima gara nel 1993, Magione: “La prima vera, con le moto grandi. Vale cadde due volte. Il Grazia disse: ‘Meglio se andiamo a casa’. C’erano stati attimi di tensione sportiva. Ma all’Europeo, per esempio, Vale faceva paura. Un’altra gara che ricordo è nel 1995. Lì ho pensato: ‘Oh, qui gli tocca davvero fare il pilota’. Aveva 15 anni, nel Cev c’erano piloti importanti, e lui gli andava dietro, andava forte”. Quando ha scoperto che l’amico avrebbe fatto il mondiale? “Nel 1995, a ottobre. Graziano stava lavorando duro per creare questa situazione l’anno dopo. L’aveva detto a Vale, e Vale a me: ‘Faccio il mondiale’. Un sogno, una roba incredibile. Ho ancora i brividi se ci penso. Noi eravamo ragazzi, il mondiale lo vedevi come qualcosa di lontano, enorme”. Poi nel 1996 il grande salto: “Che anno, fantastico. Al mio babbo dissi: ‘Vado con Vale in Malesia e Giappone’. Dov’è che vai te? Mi fa. Te vai a lavorare a Pesaro, te lo dico io”. Non è andata così, infatti arrivano anche i primi podi. Il primo in Austria, in particolare, Uccio lo ricorda con affetto: “Ci eravamo ubriacati con l’anice, avevamo bevuto due bicchieri. Eravamo le persone più felici del mondo. Era già un momento che intorno a Vale ronzavano un sacco di persone”. Quelle giuste? viene sollecitato: “Penso di sì. Abbiamo fatto un bel percorso sportivo. Anche con i team. Mi viene in mente Pernat. Adesso lo prendo in giro: ‘Ti vanti di aver lanciato Vale ma non hai fatto una gran fatica’. Grazie a lui e all’Aprilia Vale ebbe un contratto importante nel 1997, che comprendeva anche un passaggio in 150. Sono stati bravi. Lui credo li abbia ripagati”. Infine, ha spiegato che per lui, l’amico e il campione, sono sempre stati la stessa cosa: “Non ho mai fatto differenze, anche alle gare è sempre stato Vale amico, lo tratto sempre in maniera simile. A casa parliamo di dove andare a mangiare, alle gare che gomma mettere. Ma l’atteggiamento non cambia”.