Se vinci la Tripla Corona diventi unico, immortale. Non sei “solo” un due volte campione del mondo di Formula 1: sei un re. Un triplo re
Il giorno è giunto: Fernando Alonso torna a correre in Formula 1. Ora che le stelle si sono allineate e tutto è tornato al suo posto possiamo finalmente dire a gran voce che la prossima stagione di F1 (almeno sulla carta) sarà indimenticabile. Perché se qui avevamo detto che il motorsport ha bisogno della nuova generazione, con giovani indiavolati dal talento purissimo, bisogna ammettere che i vecchietti della Formula 1 sono le personalità che questo sport non è ancora pronto a lasciare andare.
E quando Fernando Alonso, incastrato in una McLaren disastrosa e mal voluto da tutti i team importanti, ha salutato lo sport di cui per anni e anni è stato uno dei più vivaci protagonisti, tutti ci abbiamo creduto poco. In fondo lo spagnolo è sempre stato così: sanguigno, irruento, incontenibile. Poi lui aveva un piano, perché a uno come Alonso la Formula 1 non è mai bastata. Voleva tutto, tutto quello che si poteva vincere.
Diventare un pilota di Formula 1 può sembrare una gran cosa ma se già lo sei, se già hai vinto, hai lottato e hai dato tutto, quel traguardo non ti basta più
Nel motorsport c’è una cosa che si chiama Tripla Corona e già dal nome - che fa subito pensare a lotte tra draghi e cavalieri - viene da chiedersi chi è che non ne vorrebbe una.
È la massima simbolica onorificenza che si può ottenere nel mondo delle corse automobilistiche (un po’ come quella roba che Scientology ha dato a Tom Cruise) e se la vinci diventi unico, immortale. Non sei “solo” un due volte campione del mondo di Formula 1, sei un re. Un triplo re. Perché per vincere questa corona bisogna fare tre cose: conquistare un campionato del mondo di Formula 1 (o in alternativa una vittoria al Gran Premio di Monaco), vincere la 24 Ore di Le Mans e arrivare primo alla 500 miglia di Indianapolis.
Fernando ne ha ottenute due su tre: due volte campione del mondo di F1 (con due vittorie al GP di Monaco) e due volte vincitore di Le Mans. Gli manca solo la Indy500 per ottenere quel riconoscimento che ad oggi è nelle mani di un uomo soltanto: Graham Hill. E per essere immortali come lui bisogna fare qualcosa di altrettanto grande. Eguagliarlo, batterlo, essere lui per non essere più come nessun altro.
Perché diventare un pilota di Formula 1 può sembrare una gran cosa ma se già lo sei, se già hai vinto, hai lottato e hai dato tutto, quel traguardo non ti basta più. Allora Fernando ha preparato il suo "scatolone" pieno di trofei e di delusioni, di incazzature e di gioie, e a fine 2018 ha detto ciao alla Formula 1. Ha portato con sé il campionato del 2007, con quella lotta stellare con un Hamilton bambino, l’incidente di Melbourne 2016, quando ci fece gelare il sangue nelle vene; gli anni turbolenti in Ferrari che i tifosi della rossa non dimenticheranno mai e tutto quello che avrebbe potuto vincere se le scelte della sua carriera fossero andare in una direzione diversa. Ma dopo quell’addio c’è stata la vittoria a Le Mans, il campionato del mondo endurance, la Dakar 2020. Sempre veloce, sempre a voler dare il meglio del meglio.
Il ritorno in Formula 1 nel 2021 - dove prenderà il sedile lasciato libero da Daniel Ricciardo - ha tutto l’aspetto di un saluto finale. Un ritorno a dove è stato bene, dove ha vinto tanto e dove ha lasciato i suoi titoli da campione del mondo, ma anche la conclusione di una carriera che prima però dovrà essere definitivamente, tre volte, incoronata.
Da qui al prossimo marzo, quando scenderà di nuovo in pista, Alonso dovrà attraversare il ponte finale di questa sua grande impresa: la 500 Miglia di Indianapolis del prossimo 23 agosto. Lo spagnolo si presenterà con il Team Arrow McLaren SP per provare, di nuovo, a conquistare quell’ultima corona. Ci aveva provato nel 2017 - quando stava per ottenere la vittoria da rookie, poi sfumata a causa di un guasto alla monoposto - e nel 2019, con una disastrosa non qualificazione alla gara. Sarà la terza volta, quella buona? Una terza Indy per ottenere la terza stella?
Solo così Alonso - sanguigno, difficile, sfortunato pilota d'altri tempi - tornerebbe a casa, in Renault, da re.
Potrebbe comunque tentare la vittoria di Indianapolis correndo in Formula 1, magari saltando il Gran premio di Monaco come fece nel 2017 quando l'amico Button lo sostituì o riprovare l’impresa dopo il ritiro dalla Formula 1.
Ma sarebbe da Alonso? Certo che no. Con l’arroganza di un uomo che ha sempre messo tutto se stesso nelle sfide della vita, Fernando vorrebbe tornare nei paddock con un titolo che nessun altro ha. E chissà che la Renault non prenda il passo delle avversarie e torni competitiva, quel tanto da dare fastidio ai piani alti della classifica. Un po’ difficile sperare in vittorie e lotte mondiali ma dopo anni di retrovie ci meriteremmo di vedere uno scontro - anche uno soltanto - tra Re Lewis e Re Fernando.
Compagni di scuderia pestiferi, eterni rivali e poi (forse) rispettosi colleghi. Quanto sarebbe bello ritrovarli oggi che sono entrambi dei numeri uno, a lottare di nuovo per quella supremazia che si sono conquistati e che nessuno dei due lascerebbe andare?
Troppo romantico, poco realistico.
Ma in un mondo in cui Fernando Alonso è a un passo dal vincere la tripla corona del motorsport e tornare in Renault per chiudere la carriera da pilota di Formula 1: che senso avrebbe non sognare un po’ più in grande?