Può uno spray al peperoncino cambiare la storia? A quanto pare, sì. Perché la Formula 1 non sarebbe quella che oggi conosciamo se non fosse stato per lo spiacevole incontro tra un tassista londinese e un uomo armato di spray urticante. Perché la carriera del Kaiser, sua maestà Michael Schumacher, non sarebbe mai iniziata nel weekend di Spa del 1991 se non fosse stato per quello scontro rimasto leggendario.
Ma andiamo con ordine. Londra, dicembre 1990. Un tassista nel centro della città tampona un'auto, è notte e dalla macchina colpita scende un ragazzo straniero inferocito. I due urlano, litigano, e l'uomo preso dalla foga del momento estrae dalla tasca uno spray urticante e lo spara in faccia al tassista. Reato per cui, molti mesi dopo, verrà arrestato e condannato a 11 mesi di carcere.
Quel ragazzo, il belga Bertrand Gachot, era un pilota di Formula 1 del team Jordan e il suo arresto avvenne nell'agosto dell'anno successivo - il 1991 - a pochi giorni dalla sua gara di casa, lo storico Gran Premio di Spa Francorchamps.
A Eddie Jordan serviva un pilota e c'era un solo nome nella sua testa: Keke Rosberg. Il campione del mondo si era ritirato cinque anni prima ma il ritorno in pista di un personaggio così amato sarebbe stato un successo mediatico assicurato. Trevor Foster, Team Manager della scuderia, però lo assillava: c'era un ragazzone tedesco di 22 anni di cui tutti parlavano nelle classi minori, e Foster lo voleva sulla Jordan.
Eddie acconsente un po' titubante, prima però due requisiti fondamentali: questo tedesco deve prima girare a Silverstone, per dei test pre gara, in tempi idonei alla Formula 1, e deve aver già corso sulla pista di Spa Francorchamps. Follia pensare di guida una Formula 1 sulla pista più tecnica del calendario senza conoscerla alla perfezione.
Ed eccola, la bugia. Nessun problema, promettono in coro il tedesco e il suo manager, Michael conosce il circuito come le sue tasche. Neanche a dirlo, Schumacher a Spa non ci aveva mai corso. Niente di irrisolvibile: bicicletta e via, a girare intorno a Spa a poche ore dall'inizio del weekend di gara per capire cordoli e punti di sorpasso, frenate e accellerazioni.
Il test di Silverstone invece, quello sì che metteva in agitazione manager e membri della squadra. Ok, questo tedesco sarà anche un fenomeno, ma serve tempo per adattarsi a una macchina, e lui in Formula 1 non ci ha mai neanche corso. Lo portano a girare sul layout del South Circuit di Silverstone, un paio di giri che Michael trasforma in sette. Un meccanico, esausto, si butta in mezzo alla pista per costringere il pilota a rientrare, lui togliendosi il casco alza le spalle: "Scusate, mi stavo divertendo".
Nessuno sembra credere ai dati delle telemetrie: su una Jordan che non conosce, su una pista quasi sconosciuta, quel 22enne a cui Eddie Jordan non voleva dare fiducia era riuscito ad abbattere il record del South Circuit dopo soli 7 giri.
E' ufficiale: Michael Schumacher, ragazzone tedesco pseudo sconosciuto, prenderà parte al Gran Premio del Belgio del 1991 al fianco di leggende come Ayrton Senna, Alain Prost, Jean Alesi e Nelson Piquet. L'ambiente per lui non è dei migliori: i membri del team non ricordano il suo nome, i tifosi di Spa rivogliono Bertrand Gachot, eroe di casa, e la Jordan non è nemmeno riuscita a trovargli una sistemazione per la notte con il resto della scuderia.
Si prenota un Ostello da solo, lo paga di tasca sua, e dorme lì per tutto il fine settimana. L'ultimo della sua vita da sconosciuto, il primo prima di diventare il Michael Schumacher che tutti ricordiamo. Perché il resto è storia: gli ottimi risultati nelle prove libere, la qualifica stratosferica, il settimo posto in griglia di partenza con il suo compagno di squadra - che conosceva la macchina alla perfezione - solo undicesimo. E poi lo scatto al via del Gran Premio, con la Jordan verde che in un colpo solo si libera di Piquet e Alesi, e la frizione che cede, costringendolo al ritiro nel primo giro del suo primo Gran Premio di Formula 1.
Ma non importa, perché le vittorie arriveranno. La prima proprio lì, a Spa, l'anno successivo. Non importa perché quel giorno Michael aveva attirato l'attenzione delle persone giuste: Bernie Ecclestone, il boss del circus, e Flavio Briatore, disposto a tutto pur di portarlo subito in Benetton.
Ed è una storia senza eguali, quella che custodisce la Jordan 191 verde di Michael Schumacher, una storia che oggi compie 30 anni. Indimenticata e indimenticabile.