Franco Morbidelli in conferenza stampa a Le Mans è stato molto chiaro: “Nel 2022 avrò una moto ufficiale”. Ne è certo e, evidentemente ha ricevuto le dovute garanzie sia dalla VR46, che gestisce i suoi affari e i suoi contratti, sia da Petronas, la squadra a cui è legato almeno fino alla fine del 2022. Difficilmente, quindi, le strade del pilota italobrasiliano e del team malese si divideranno. Qualunque cosa accadrà. Sì, perché se fino a qualche giorno fa sembrava praticamente certo il rinnovo per la fornitura delle moto tra Petronas e Yamaha, lo scenario è fortemente cambiato nelle ultime ore. Sembra, infatti, che Yamaha abbia proposto a Valentino Rossi di scegliere le M1 per il suo Team VR46 Aramco, offrendo un prezzo decisamente più basso di quello che, invece, Petronas sta attualmente pagando. Una mossa, questa, che a Razlan Razali non è piaciuta e che ha fatto aprire le trattative sia con Ducati, sia con Aprilia. Anche perché non è ipotizzabile che Yamaha sia disposta a scendere in pista con sei moto. Cosa che, invece, in Ducati fanno molto volentieri.
Franco Morbidelli, quindi, l’anno prossimo potrebbe essere in sella a una Desmosedici o ad una RS-GP, lasciando quella M1 con cui nella scorsa stagione si è laureato vice-campione del mondo. E lasciando anche Valentino Rossi come compagno di squadra, con il nove volte campione del mondo che, dalla sua, è alle prese con un bel po’ di decisioni da prendere. Su tutte quella di sciogliere le riserve nel ballottaggio tra Yamaha, appunto, e Ducati, per la fornitura delle moto. Se sarà una scelta italiana, i piloti resteranno Luca Marini ed Enea Bastianini, mentre se sarà una scelta giapponese potrebbe restare una sella libera oltre a quella che spetterebbe comunque a Marini. Che, tradotto in termini spiccioli, significherebbe o Valentino Rossi in sella ad una M1 se decidesse di continuare come pilota, oppure Marco Bezzecchi, promosso dalla Moto2 se Valentino dovesse decidere di appendere il casco al chiodo.
L’atteggiamento di Valentino Rossi in questo senso non aiuta. Perché il nove volte campione del mondo si sta ripetutamente mostrando piuttosto distaccato rispetto al team che porta il suo nome. Anche ieri, nell’intervista a Sky subito dopo la gara, è stato molto chiaro: “Chiedete a me, ma la verità è che io non ho molto da dire e non sono la persona giusta a cui chiedere. Sono contento di quel progetto, c’è il mio nome, ma non sono la persona che si occupa direttamente di tutto e, meno che mai, delle trattative”. Una affermazione che potrebbe essere tradotta con un “ci metto la faccia, c’è il mio nome, ma è qualcosa per cui ho completamente delegato ad altri di cui mi fido e su cui, quindi, non so niente”. Vero? Oppure è, in qualche modo, un atteggiamento politico per non chiudersi delle porte nell’eventualità che decida di non smettere?
Potrebbe, in effetti, essere così, visto che tecnicamente, almeno dal punto di vista delle regole scritte, nulla vieterebbe a Valentino Rossi di correre per un team ed essere, contestualmente, proprietario di una squadra. Soprattutto nell’ipotesi in cui le cose dovessero restare esattamente come stanno, con Valentino e Morbidelli compagni di squadra in Petronas e con Yamaha ed il Team VR46 Aramco che si legherebbe, invece, a Ducati.