Max Verstappen è un vero e proprio fenomeno generazionale, un pilota che a soli 26 anni è stato capace di catalizzare su di sé il successo di una Formula 1 che oggi porta il suo nome. Tre titoli mondiali in tre anni con il primo di questi, arrivato nel 2021, conquistato all'ultimo giro dell'ultima gara dell'anno tra polemiche indimenticabili e indimenticate.
Un carattere difficile, un'infanzia passata in pista alla ricerca della perfezione, una poca propensione all'emozione sul podio. Max Verstappen è così, o lo si ama o lo si odia, ma una cosa è certa: è impossibile non parlare di lui. E proprio per questo non sorprende che la nuova copertina del Time, in uscita il prossimo 20 novembre, sia dedicata a lui, con un titolo che parla per sé: Unstoppable, inarrestabile. Così viene definito dal celebre giornale americano che, sull'onda del successo statunitense della Formula 1, ha deciso di realizzare con Verstappen un'intervista scritta dal giornalista Sean Gregory all'interno della quale il campione olandese ripercorre gli anni che lo hanno portato in Formula 1: "Quando ero piccolo vedevo gli altri bambini correre, giocare, senza pensare al futuro ma mio padre invece aveva un piano per me e io dovevo attenermi al piano. A volte pensava che fossi un po’ pigro. Ho sicuramente avuto delle discussioni con lui su questo".
E per quanto i tifosi siano convinti che la sua passione per la Formula 1 sia l'ossessione della sua vita, Verstappen sembra avere: "Mi piacerebbe vincere sette titoli? Sì, perché no? Ma anche se non dovessi vincerne sette, so che nella vita ci sono tante altre cose oltre alla F1. Sono già molto contento di quello che ho ottenuto a un certo punto bisogna soppesare il successo con la qualità della vita in generale. Mi sembra di vivere sempre in una borsa o in un albergo. Al momento va bene così. Mi piace guidare. Mi piace vincere. Ma più si invecchia, forse un giorno non sarà più quello che voglio".