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Vettel contro la Formula 1 nei paesi arabi: "Credo che i soldi non siano puliti"

  • di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

2 novembre 2021

Vettel contro la Formula 1 nei paesi arabi: "Credo che i soldi non siano puliti"
Il quattro volte campione del mondo non nasconde le proprie perplessità nei confronti del nuovo calendario presentato dalla Formula 1 chiedendosi, nel corso di un'intervista rilasciata al New York Times, se i soldi di questi nuovi paesi paganti siano davvero "puliti"

di Giulia Toninelli Giulia Toninelli

Sebastian Vettel non si nasconde dietro a un dito e, per la prima volta, un pilota della Formula 1 si dichiara ufficialmente scettico nei confronti del nuovo calendario presentato dalla Formula 1 e in particolare dalla sempre crescente presenza di paesi arabi interessati al circus.

Gli appuntamenti arabi nel 2022 saranno infatti ben quattro con, oltre al Bahrain, il Gran Premio di Jeddah in Arabia Saudita, il Gran Premio del Qatar (non ancora confermato) e quello di Abu Dhabi a chiudere il mondiale il 20 novembre del 2022. Anche se non si hanno ancora conferme sulla presenza o meno del circuito di Losail all'interno del calendario della prossima stagione, si parla di un contratto decennale già firmato con il Qatar, per portare la Formula 1 nel paese a una cifra che, si dice, sia la più alta mai raggiunta dalla FIA.

Quattro tappe arabe racchiuderanno il campionato, aprendo le danze in Bahrain e chiudendole ad Abu Dhabi, mentre nel mezzo faticano a trovare spazio (e fondi sufficienti) autodromi storici come Monza, Spa, Montreal o Suzuka. Considerando la rapidità e l'intensità con cui i paesi arabi si stanno interessando agli affari di Liberty Media non è più così assurdo pensare a una Formula 1 del futuro costellata da circuiti nati in mezzo al deserto, costretta però a rinunciare a parte della sua storia.

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A questa preoccupazione in termini di spettacolo, Sebastian Vettel - nel corso di un'intervista rilasciata al New York Times - aggiunge un discorso etico da non sottovalutare: "Ci sono molti Paesi in cui andiamo e, probabilmente, molti soldi che riceviamo non sono molto puri. È un argomento difficile da affrontare, ovviamente. Alcune nazioni stanno meglio di altre in questo senso". 

Il tedesco, da sempre attento alle questioni sociali, continua chiarendo: "Penso che da un certo punto di vista sia moralmente sbagliato andare a correre in certi posti. Ma ovviamente, sotto l’aspetto finanziario, vedo che c’è un enorme incentivo per la Formula 1 come azienda ad andare lì. Essendo uno sport di livello globale seguito da molte persone, credo che la Formula 1 debba cominciare ad assumersi maggiormente le proprie responsabilità e debba essere cosciente e consapevole delle proprie azioni, che si tratti di ospitare un evento di Formula 1, di gestire un’azienda ovvero di vendere un prodotto". 

La Formula 1 ha bisogno di denaro e, da sempre, il circus si muove in quella direzione, seguendo più il profumo dei soldi - o quello che Hamilton nel 2020 ha chiamato "il dio denaro" - rispetto ai tanto acclamati slogan di unione, uguaglianza e diritti sociali: "Penso che dobbiamo iniziare ad affrontare di più le conseguenze delle nostre azioni - ha concluso il tedesco - e assumerci le nostre responsabilità". 

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