La MotoGP 2021 è arrivata a metà della sua corsa, con un Fabio Quartararo in stato di grazia a guidare la classifica con 34 punti sul connazionale Johann Zarco, primo degli inseguitori. Ma le corse sono strane e il campionato lungo, motivo per cui è impossibile fare pronostici troppo solidi. Anche perché, come nel caso di Mavericks Vinales (che ha lasciato la Yamaha con un anno d’anticipo) le cose possono cambiare davvero in fretta. Ne abbiamo parlato con Zoran Filicic, ex voce del motomondiale, presentatore per Icarus Ultra e conduttore di MotoG-Podcast (con Paolo Ianieri) per la Gazzetta dello Sport. Ecco cosa ci ha raccontato in attesa di commentare le Olimpiadi di Tokyo.
Ciao Zoran! Siamo al giro di boa, è passata la prima metà della stagione. Cosa ti ha impressionato di più?
“Banale da dire, ma la sorpresa è stata Fabio Quartararo. Nelle scorse stagioni avevo visto degli accenni e mi piace immaginare le possibilità di crescita, così come quando un pilota va male mi piace pensare ad una via d’uscita. Banalmente, quando Vale è andato in Ducati, l’hanno attaccato tutti. Ma ne aveva ancora, c’erano delle ragioni dietro a quei risultati. Fabio ha fatto davvero cose buone, perché non è facile rimanere così a lungo in alto. Pensiamo a Morbidelli. Non si è dimenticato come si guida nel giro di un anno, ci sono molte ragioni dietro alle difficoltà, ma adesso è a 10 punti da Marquez che è decimo in campionato. Invece Quartararo ha trovato una grande costanza dall’anno scorso, ed ha vissuto una crescita piuttosto strana. È arrivato come un talento assoluto, in Moto3 ha fatto subito benissimo, poi si è spento… tanto dipende da chi ha intorno, da come si sente lui… Dipende da tantissime cose”.
Lo possiamo considerare un po’ come un Maverick Vinales che ce l’ha fatta? Insomma, un pilota dal talento eccezionale che a volte fatica a trovare la calma.
“Quartararo è molto più solido. E Maverick Vinales, a mio parere, è finito in quel groviglio di incertezze nel 2017, lasciando Suzuki. Quando ha lasciato una squadra in cui poteva scrivere una storia meravigliosa da outsider - d’altronde in questo modo Mir si è portato a casa un titolo - è andato in Yamaha dove l’obiettivo è cambiato. Perché se corri per il team ufficiale, che sia Honda o Yamaha, sei lì per vincere il titolo, non solo qualche gara. E Vinales non ce l’ha mai fatta. Quartararo invece in questa condizione si è esaltato”.
Certo. Ad inizio 2020 però, con Fabio che ha vinto subito per poi perdersi, era sembrato di rivedere il Maverick del 2017.
“Si, ma va anche detto che Maverick si è trovato nel box Valentino Rossi. Con le prime due vittorie ad Iwata hanno cominciato a seguire le idee di Vinales, che era andato fortissimo nei test al punto che ci si chiedeva dopo quante gare avrebbe vinto il titolo. Io ricordo bene quell’anno, la Yamaha è finita in crisi e in un certo senso deve ancora riprendersi. Quartararo invece non ha mai parlato di problemi alla moto. Quest’anno Vinales ha fatto anche bei risultati - vincendo la prima della stagione in Qatar e chiudendo secondo ad Assen - ma il compagno di squadra ha fatto tutt’altro. Viene da chiedersi cosa stia succedendo in Yamaha”.
C’è chi dice che manchi il punto di connessione - come faceva Davide Brivio in Suzuki e Masao Furusawa in Yamaha - tra i giapponesi e la squadra corse, che tra l’altro Yamaha ha a Gerno di Lesmo.
“È vero anche che nemmeno chi è nell’entourage di questi piloti sa con precisione cosa stiano vivendo davvero. Adesso siamo nel periodo olimpico, quindi faccio questo esempio. Uno che corre, che siano i cento metri o la maratona, fa una preparazione spaventosa. L’alimentazione, i carichi di lavoro, quando allenarsi, dove… Figuriamoci quando c’è anche una moto di mezzo. Locatelli, nel nostro MotoG-Podcast, ha raccontato che faceva centinaia di regolazioni mentre Stoner era l’esatto contrario. Scaricavano la moto dal camion, lui saliva e andava forte. A volte le cose sono molto più semplici di quanto sembrino in realtà”.
In Honda hanno mandato un ispettore dal Giappone per sistemare un po’ le cose.
“Certo, anche la crisi Honda è un tema. In molti erano convinti che Marquez vincesse le gare grazie alla Honda, ma nel paddock non ci ha mai pensato nessuno. Era palese che quella moto andasse bene solo con lui, che comunque fa anche fatica. Mi chiedo come sia possibile che l’industria più importante al mondo finisca con il suo secondo pilota (Pol Espargarò, ndr.) a sperare nelle concessioni. Per i giapponesi sono cose estremamente gravi”.
Dal canto suo Marc è stato eccezionale, ha stupito forse di più ad Assen (dove da 20° ha chiuso settimo) che al Sachsenring, quando è tornato a vincere.
“Marquez è uno dei migliori tre di tutti i tempi. Rimanere fuori un anno, tornare in MotoGP senza salire sulla moto… È difficilissimo. Ma è così in tutti gli sport ad altissimi livelli. Quando Jordan è rientrato in NBA dopo la parentesi nel Baseball ha fatto fatica. Era tornato col numero 45 - anche per una questione di marketing - ma all’inizio faceva fatica, era in crisi. Poi è tornato al 23, ad essere Jordan. Figuriamoci nelle moto, in cui c’è anche un’evoluzione tecnica. Sono ancora meravigliato da quella gara in Qatar di Marc Marquez, nel 2014. Aveva saltato tutti i test invernali, lo hanno portato in griglia in motorino ed è andato a vincere contro un Valentino in forma”.
Secondo te nella seconda metà di stagione potrà infastidire Fabio nella caccia al titolo?
“No, e voglio fare un esempio. Io sono stato mortaista d’assalto al militare, e nel tiro d’artiglieria si lavora con il tiro a forcella. Tu calcoli le distanze e poi fai il primo tiro. Dopo non ti danno l’adeguamento per centrare il bersaglio, ma un altro riferimento. Se tiri 100 metri lungo e 50 a destra, poi ti fanno rifare il tiro a 200 metri più indietro. Perché con due dati riesci a fare la media e a puntare il bersaglio con precisione. Vedo un po’ così la stagione di Marc, un’andatura a forcella. Primo al Sachsenring, poi settimo in Olanda. Magari farà decimo, poi un podio, un ottavo posto… Un andamento un po’ intermittente per tornare alla costanza di risultati. Può arrivare a dar fastidio a chiunque, ma è comunque a 100 punti dalla vetta, sono tanti”.
Magari però Quartararo potrebbe subire psicologicamente il ritorno di Marc alle posizioni che contano.
“Credo più che altro che Fabio sia uno di quelli che si esaltano quando c’è qualcuno di veramente veloce. Succede spesso nello sport, d’altronde Marquez è stato il punto di riferimento per anni. In questo mondiale penso si vorrà rimettere in piedi, magari puntando ad una top 5 in campionato per poi rimettersi in lotta l’anno prossimo. Ma adesso per battere il record di Rossi stanno passando gli anni. Non ne ha più 23, nel 2022 ne avrà 29”.
… E Valentino ha vinto il suo ultimo mondiale a 30 anni. Miguel Oliveira invece, come lo vedi?
“Una bomba. La KTM è così, corre per vincere. Lo ha fatto in ogni sport motoristico in cui ha deciso di competere. Oliveira è un pilota estremamente interessante, penso che nei prossimi anni potrà davvero correre per il titolo. Ero convinto che in KTM avrebbero vinto il mondiale con Marc, che magari raggiunto il 10° mondiale avrebbe accettato la sfida del cambio moto, ma le cose sono andate diversamente”.
Vinales ha lasciato la Yamaha, dandoci degli ottimi argomenti per la pausa estiva. Pare che con Aprilia sia già fatta, così come per Morbidelli.
“È una situazione complicata alla quale, semplicemente, non dovevano arrivare. Anche perché credo che Morbidelli non vorrà spostarsi lì per un anno, per fare da tappabuchi. Penso lavorerà per avere un contratto da 1+2 con Yamaha. Vinales, in Aprilia, è la stessa cosa. La cosa clamorosa è che Yamaha Factory è arrivata a questo divorzio con un pilota che fino a qualche anno fa era dato per fenomeno assoluto. È una bomba vera per il mercato. Il vero problema, adesso, è di Petronas”.
Già, anche per Toprak Razgatlioglu ha appena firmato per restare in Superbike. Magari prenderanno Garrett Gerloff…
“Petronas vuole vincere. Ed ha avuto sempre una politica chiara, anche quando correvano solo in Moto3 e Moto2, o in Formula 1. Non corrono per fare bella figura. Mi aspetto che pretendano di avere due piloti forti da mettere su moto ufficiali, e ce ne sono. Anche perché i contratti hanno sempre delle clausole d’uscita, basta pagare”.
Quando per MotoG-Podcast avete scritto: “Jorge Lorenzo, dopo due bidoni no grazie. Non ne abbiamo bisogno” in redazione c’è stato un moto di ammirazione. Non che non ci piaccia Jorge, ma è bello quando qualcuno prende una posizione netta.
“Mi rendo conto che è stata una polemica, però andava detto. È un pilota che ho sempre rispettato e che è sempre stato gentilissimo nei miei confronti. Però sai, se mi tiri due pacchi… È come invitare un amico a cena, se non mi rispondi mai al telefono poi non ti invito più”.
Per il resto, cosa pensi farà Valentino?
“Io posso dire una cosa bella, che trovo eccezionale. Quando l’ho conosciuto mi sono reso conto che era una delle tre persone al mondo - parlo di sportivi - più empatiche e naturalmente portate a capire perfettamente la domanda, la persona, la risposta e la comunicazione. E questa è una cosa rarissima. Vale è una miniera di capacità, istinto ed empatia. Poi c’è anche il nome, che magari è anche il suo stesso ingombro, ma potrebbe fare qualsiasi cosa. Se si mettesse al microfono a commentare le gare sarebbe meraviglioso, ma ascolteremmo Vale, il suo show. Non sarebbe più seguire una gara normalmente. Correre per VR46? Sarebbe una bella sfida, lo ha fatto anche Cecchinello. Da quello che so - ma non voglio fare l’esperto - a lui piace correre. Che sia al ranch, nei rally, con l’endurance… Lui vuole correre e se non ci fosse un fondo di divertimento e passione pura avrebbe già smesso”.
Come valuti questo dilemma tra il continuare a correre - con Ducati - e smettere per carenza di riusltati?
“Vado controcorrente, se con questi risultati continua a correre… Chapeau. Ma non è buonismo. Rispetto di più lo snowboarder che dalle 8 di mattina alle 18 della sera va a fare un ollie da 20 centimetri divertendosi come un matto rispetto al Pro che se la mena perché non gli piace il park. A Vale piace correre e i risultati sono chiari. Lo avevo detto anche l’altra volta: non raccontiamoci la storiella che va a vincere il titolo. Poi se succede va bene, sarebbe eccezionale. Ma non è facile continuare così, specialmente se sei un grandissimo. E quello che sta facendo è una dimostrazione di amore immenso per le corse e per le moto. E poi ribadisco: la gente criticava Hermann Maier perché non vinceva più, e lui dopo aver perso quasi una gamba si è tolto lo sfizio di essere tra i primi 10 in discesa libera… Mica male”.
Lo vedresti bene in questa Ducati Aramco VR46?
“Lo troverei difficile rispetto alla filosofia di VR46, che è quella di far crescere i giovani. A meno che si faccia dare quattro moto (ride). La trovo l’ipotesi più fantascientifica, però niente è impossibile quando si parla di Valentino”.