Giovedì scorso la NASA ha diffuso la richiesta ufficiale di rocce e polvere raccolte dalla superficie lunare. È disposta a pagare per campioni compresi tra 50 e 500 grammi, ovvero fino a circa un chilo se pesati sulla terra. La retribuzione arriverà una volta che le aziende “potranno fornire immagini”, dimostrando che si tratta effettivamente di campioni lunari. A quel punto, la piena proprietà di quanto raccolto passerà alla NASA.
Non è che l'ultimo passo del cammino decennale dell’agenzia per arrivare a commercializzare l'esplorazione spaziale. La raccolta non ha infatti nessuno scopo di studio o analisi dei campioni, ma punta ad assecondare l'obiettivo del governo degli Stati Uniti: quello di avviare politiche che “incoraggeranno il sostegno al recupero pubblico e privato e all'utilizzo delle risorse presenti nello spazio”.
La NASA ha annunciato che i materiali dovrebbero essere raccolti entro il 2024, e la richiesta di raccolta “è estesa alle aziende di tutto il mondo”:
“Una politica di supporto per quanto riguarda il recupero e l'utilizzo delle risorse presenti nello spazio è importante per la creazione di un ambiente di investimento stabile, per gli innovatori e gli imprenditori di tutto lo spazio commerciale”, ha dichiarato la NASA nel suo annuncio.
Commercializzare la luna è legale?
L’idea che un Paese o un’azienda acquisisca, possegga e persino venda risorse extraterrestri è fortemente contestata dal diritto internazionale. Tuttavia, le uniche tracce normative a riguardo – contenute nel Trattato sullo spazio extra-atmosferico del 1969 (Outer Space Treaty) – non sono chiare sull'argomento.
La conferma che la NASA pagherà compagnie private per campioni di roccia lunare stabilisce un importante precedente legale secondo Casey Dreier, consulente politico della Planetary Society interpellato sulla vicenda dalla CNN.
La nuova politica conferma essenzialmente come il governo degli Stati Uniti approvi che le aziende possono lucrare dalle risorse raccolte nello spazio extra-atmosferico. Elemento che potrebbe incoraggiare venture capitalist e ogni altro tipo di soggetto imprenditoriale – con fini nobili o meno nobili – a investire nell’esplorazione spaziale.
Ma, osserva ancora Dreier, non ci sono garanzie che si ottenga effettivo profitto raccogliendo campioni lunari. Né è chiaro in questo momento quanto la creazione di un cosiddetto mercato commerciale dello spazio possa effettivamente essere praticabile.
Va ovviamente evidenziato come a molte persone in tutto il mondo non vada affatto giù l'idea che qualcuno rivendichi oggetti trovati nello spazio come propri, per poi crearci su persino un guadagno e di rimando un vero e proprio business.
“C'è un conflitto inevitabile tra lo spazio lunare e un modello di sfruttamento delle risorse commerciali. L'estrazione di molte risorse potrebbe minare gli aspetti di conoscenza scientifica che circondano queste e simili destinazioni extra-terrestri. Occorre davvero pensare a come privilegiare quanta più ricerca scientifica possibile da questi ambienti attualmente incontaminati, prima di dar via a un serio sfruttamento commerciale, che è quello che molto probabilmente accadrà”, ha spiegato Dreier.